mercoledì 2 gennaio 2019

Le mafie italiane vanno a nozze con la globalizzazione. Ma le polizie europee non sono pronte.

Gli affiliati alla mafia italiana amano viaggiare all’estero – non necessariamente per piacere, ma per fare soldi. E spesso, il danno che portano alle economie europee viene sottovalutato, banalizzato o ignorato.
I gruppi di criminalità organizzata sono bravi a sfruttare le opportunità di affari lontano da casa. 



Le società create allo scopo di riciclare denaro distorcono le economie europee, dato che il flusso costante di capitali conferisce loro un vantaggio sleale sul mercato.
Quando cammino per le strade di Londra, mi domando quanti manicure, negozi e ristoranti sono semplicemente una copertura per il crimine organizzato. Perché una volta un membro della Camorra mi ha detto: “L’ambizione di un mafioso [italiano] è quella di andare all’estero, in particolare in Inghilterra”.
I mafiosi considerano il Regno Unito una destinazione allettante in quanto è relativamente facile creare una società e il suo sistema legale non riconosce l’“associazione mafiosa” come crimine.

Ma le autorità stanno reagendo con un qualche successo. Nel dicembre 2018 centinaia di agenti di polizia olandesi, tedeschi, belgi e italiani hanno arrestato decine di membri della potente mafia calabrese, la ‘Ndrangheta, con l’accusa di traffico di droga e di attività di riciclaggio di denaro in Europa. Hanno anche sequestrato grandi quantità di droga e contanti da locali quali ristoranti e gelaterie italiani.
Troppo poco e troppo tardi? Fin dagli anni 1990 sono stati lanciati accorati allarmi circa il danno che le mafie italiane possono arrecare alle nazioni europee mentre sfruttano le opportunità create dalla globalizzazione.
Nel 1991, la polizia britannica di base a Roma ha messo in guardia sulla presenza delle mafie italiane nel Regno Unito. Due anni più tardi, il parlamento francese ha riferito a proposito della lotta contro il tentativo della mafia di penetrare in Francia. Simili avvertimenti sono stati fatti anche in Olanda.
Ma il Parlamento Europeo ha affrontato veramente la situazione solo nel 2012. L’anno seguente, l’Europol (l’Agenzia dell’Unione Europea per la Cooperazione nell’Attività di Contrasto) ha finalmente pubblicato il rapporto “Italian Organised Crime – Threat Assessment”.
Si tentava di colmare l’“importante vuoto informativo” esistente sulle attività delle mafie italiane in Europa. Come osservato dalla stessa Europol, la “difficoltà nel raccogliere informazioni” evidenzia il fatto che le mafie fuori dall’Italia operano “lontane dai radar”.
Infine, nel novembre 2018, l’Europol ha organizzato una specifica rete operativa concentrata sulle attività all’estero delle mafie italiane, coordinata dalla polizia italiana.
Si tratta di un passo importante nella lotta contro il crimine organizzato italiano. Ma si deve notare che è stato un passo determinato principalmente dalle forze dell’ordine italiane (il cui successo ha costretto i mafiosi italiani e i loro soldi a cercare riparo nei paesi confinanti) in seguito alle iniziative del Parlamento Europeo.

Le mosse della mafia

Adesso, come reazione, le forze dell’ordine degli altri stati europei devono sviluppare strategie più efficaci e coordinate. Ma sembra che non ci sia ancora accordo sull’azione necessaria. Il Parlamento Europeo e l’Europol restano limitati e isolati se ma la maggioranza dei membri rifiuta ancora di affrontare il problema.
Una volta, un pubblico ministero italiano mi disse:
Il mio lavoro è quello di investigare sulle mafie italiane e sulle loro attività in Italia, non quando viaggiano all’estero. Se i miei colleghi europei non sono interessati a dare seguito alle informazioni che io fornisco loro circa i sospetti mafiosi italiani, non posso fare molto altro.
In definitiva, in Europa si ha una mancanza di comprensione a proposito di come si manifesti il crimine derivante da associazioni di stampo mafioso – cosa che può essere complicata se non si è assistito direttamente al potere della mafia e a come si impone alla società, all’economia e alla politica.
Ma con il viaggiare dei gruppi e l’esportazione delle loro attività all’estero, l’azione di polizia deve essere flessibile. I gruppi della criminalità organizzata prosperano con la caduta delle frontiere, mentre gli agenti di polizia sembrano essere in difficoltà quando è necessario agire a stretto contatto a livello internazionale. Si invischiano in procedure burocratiche e incomprensioni culturali. I diversi sistemi legali devono lavorare insieme per evitare situazioni in cui i criminali possono venire condannati in uno stato ma restare impuniti in un altro.
C’è anche bisogno di affrontare la mancanza di volontà politica a contrastare le attività criminali e mafiose. I politici europei sono impegnati nel tentativo di sconfiggere il terrorismo, ma per quanto riguarda le mafie e il crimine organizzato – e la loro capacità di infiltrarsi nelle economie legali e riciclare il ricavato dei loro crimini, realizzato spesso e volentieri con il traffico di droga – non esiste una volontà politica coerente a sconfiggerli.
I recenti arresti degli affiliati alla ‘Ndrangheta in giro per l’Europa possono essere considerati un concreto passo avanti. Ma sottolineano anche quanto siamo indietro in termini di comprensione e di sviluppo di una strategia europea coordinata per seguire il flusso di denaro della mafia italiana.

* Senior Lecturer in Italian and Politics, University of Bath.
Questo articolo è tradotto da The Conversation. Per leggere l’originale vai qui.

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