venerdì 18 gennaio 2019

In attesa del nuovo "boom economico". Sanità: 4,5 milioni di famiglie italiane hanno ridotto le spese per le cure

La ricerca del Crea dell'Università Tor Vergata. "L'Italia ha buoni risultati sanitari e tiene sotto controlli i costi. Ma le famiglie iniziano a soffrire problemi economici".


repubblica.it 
Sanità: 4,5 milioni di famiglie italiane hanno ridotto le spese per le cureIl ticket sanitario non funziona e per certe famiglie è causa di impoverimento. "Le compartecipazioni sono ingegnerizzate molto male: quelle fisse sulle ricette, per di più non esenti, sono la causa primaria di impoverimento. I ticket sulle prestazioni specialistiche hanno messo, in più di qualche caso, fuori mercato il Ssn". A dirlo è il Rapporto Sanità del Crea-Università Tor Vergata di Roma, che mette insieme una serie di studi e ricerche nazionali e internazionali insieme a suoi approfondimenti e commenti. "Il problema delle liste di attesa - sottolineano gli esperti - risiede nel fatto che esse vengono percepite dai cittadini come inefficienze del sistema, mentre sono, in buona misura, una difesa messa in atto dal sistema per evitare la proliferazione di prestazioni che, in quanto non urgenti, sono anche a maggior rischio di inappropriatezza. Se si volessero uguagliare le condizioni di accesso, basterebbe sancire che dopo un certo numero di giorni di attesa i cittadini hanno diritto di effettuare la prestazione in regime di indiretta, ricevendo poi il rimborso della prestazione".


Anche la ricerca del Crea, diretto dal professor Federico Spandonaro, conferma che l'Italia ha i migliori risultati sanitari e tiene sotto controllo i costi. Le famiglie però iniziano a soffrire. La ricerca sottolinea Il 17,6% di quelle residenti (4,5 milioni) ha dichiarato di aver cercato di limitare le spese sanitarie per motivi economici (100.000 in più rispetto al 2015), e di queste 1,1 milioni le hanno annullate del tutto. Il Mezzogiorno è l'area più colpita (5,6% delle famiglie), seguita dal Centro (5,1%), dal Nord-Ovest (3,0%) e dal Nord-Est (2,8%).Il disagio economico per le spese sanitarie (una combinazione di impoverimento per consumi sanitari e "nuove" rinunce per motivi economici), è sofferto dal 5,5% delle famiglie, ed è significativamente superiore nel Sud del Paese (7,9% delle famiglie). L'incidenza del fenomeno dell'impoverimento aumenta, registrando 416.694 famiglie che hanno peggiorato la propria condizione economica (l'1,6% del totale). Aumenta l'incidenza nelle realtà del Nord e si riduce in quelle del Sud. Il valore massimo si raggiunge nel Lazio, dove il 2,7% delle famiglie risultano impoverite; il valore minimo nelle Marche, dove solo lo 0,8% versano in tale condizione.  

Rispetto all'anno precedente si è registrata una riduzione del disagio nelle Regioni del Centro e del Nord ed un sensibile aumento in quelle del Sud (dall'8,3% all'8,4%), in particolare in Calabria, Sicilia e Umbria. All'estremo opposto troviamo il Trentino Alto Adige, dove solo il 2,3% delle famiglie residenti è in condizioni di disagio economico dovuto ai consumi sanitari, e la Lombardia con il 3,1%. La spesa sanitaria privata pro-capite italiana nel quinquennio 2012-2017 ha registrato un tasso di crescita medio annuo dell'Italia superiore a quello di EU-Ante 1995, raggiungendo 37,8 miliardi di euro (624 euro pro-capite, +4,4% rispetto al 2016). A livello regionale, i valori massimi si rilevano in Valle d'Aosta e Lombardia (rispettivamente 1.202,8 euro e 927,8 euro), mentre all'estremo opposto si collocano Campania (300,5 euro) e Calabria (380,8 euro): le differenze di spesa nelle Regioni sono ormai al 90% attribuibile alla componente privata: la differenza di spesa privata tra la Regione con spesa massima e quella con spesa minima è pari a 902,2 euro.
   
Riguardo all'aspettativa di vita alla nascita. L'Italia arriva a 85,6 anni per le donne e 81 per gli uomini, risultando uno dei Paesi più longevi al mondo. Anche la speranza di vita residua a 65 anni è, per entrambi i generi, più elevata di un anno rispetto alla media europea. "Rimane il divario tra Nord e Sud, con oltre un anno di svantaggio in termini di aspettativa di vita nelle Regioni del Mezzogiorno, che diventano 3 per quella a 65 anni", è scritto nel rapporto. Tuttavia le aspettative di vita nelle Regioni Meridionali - evidenzia il report - sono incomparabilmente migliori di quanto ci si potrebbe aspettare sulla base del loro livello di sviluppo economico: Grecia e Portogallo, ad esempio, pur con un Pil pro-capite paragonabile a quello del nostro meridione, "performano" peggio di tutte le Regioni italiane, Campania esclusa; e quest'ultima, comunque, performa molto meglio di tutti i Paesi dell'Ue orientale.

Il report puntualizza che si "deve confermare che in Italia il primo, e purtroppo persistente e inossidabile, motivo di iniquità - evidenzia il documento - rimane il divario tra Nord e Sud. Divario che arriva a coinvolgere l'aspettativa di vita, appunto,prosegue per la cronicità e la disabilità, malgrado quelle del Sud siano Regioni con una popolazione mediamente più giovane, per le quali (in fase di finanziamento) si presuppone un minor assorbimento di risorse".

Secondo il ministero della Salute, come noto "a livello nazionale, dopo il calo osservato negli ultimi anni, nel 2017 si assiste a una ripresa delle vaccinazioni pediatriche nei bambini a 24 mesi rispetto al 2016 (tranne che per la varicella). Ma per nessuna delle iniezioni scudo attualmente obbligatorie in base alla legge Lorenzin (contro polio, difterite, tetano, pertosse, epatite B, Hib, morbillo, parotite, rosolia e varicella) si raggiunge la copertura minima del 95%". Riguardo agli screening oncologici, l'Italia è a metà classifica su 17 Paesi Ue (+0,4 punti percentuali rispetto al 2006) considerando la quota di donne (età 50-69 anni) - pari al 60% - che ha accettato l'invito a un programma di screening contro il tumore al seno effettuando una mammografia nei due anni precedenti l'intervista (dati Oecd 2016). "Persiste un gradiente Nord-Sud, a sfavore delle Regioni meridionali (con qualche eccezione)", conclude il report. Come scritto da Oecd "la spesa per programmi di prevenzione pubblica in Italia sarebbe pari, nel 2016, al 4,7% della spesa pubblica corrente. Il nostro Paese sarebbe secondo solo al Regno Unito (5,1%) su 23 Paesi dell'Unione Europea di cui si dispone del dato. Ma la spesa (87,4 euro) resta inferiore a quella di altri Paesi quali Regno Unito, Svezia, Danimarca, Germania, Lussemburgo e Olanda. Quanto agli esiti delle politiche di prevenzione (in senso lato), e con particolare riferimento ai fattori di rischio per le malattie non trasmissibili e agli stili di vita, il report segnala che »le criticità riguardano soprattutto l'eccesso ponderale e l'insufficiente attività fisica, in special modo tra i bambini e gli adolescenti. L'Italia ricopre invece una buona posizione per obesità e consumo di alcol tra gli adulti, e un posto intermedio in tema di fumo di tabacco, ma molto resta da fare".

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