domenica 20 gennaio 2019

100 migranti alla deriva a largo della Libia. Solo Sea Watch prova a salvarli, ma è a 15 ore di navigazione.

La nave della Ong si sta dirigendo sul posto. Telefonate drammatiche ad Alarm Phone: "Stiamo congelando". Palazzo Chigi e Toninelli assicurano: "In contatto con Libia perché intervenga".

Ai 170 migranti morti dei due naufragi avvenuti negli scorsi giorni a largo di Tripoli e nel mare di Alboràn, rischiano di aggiungersene altri 100, ancora a bordo di un barcone in avaria a 60 miglia dalle coste di Misurata.
La loro situazione è disperata, e per rendersene conto basta leggere le trascrizioni di alcune telefonate giunte ad Alarm Phone, il sistema di allerta telefonico utilizzato per segnalare imbarcazioni in difficoltà: "Presto non riuscirò più a parlare, perché sto congelando", avrebbe detto uno dei migranti a bordo, probabilmente a rischio ipotermia. "Sono tutti nel panico - denunciano i volontari del sistema di allerta - il nostro staff sta cercando di calmarli, ma nell'ultima ora abbiamo sentito più volte persone urlare".
Nonostante la loro vita sia seriamente in pericolo tuttavia, i passeggeri "hanno chiesto di non informare le autorità libiche della loro posizione".
Meglio la morte che la Libia, insomma.
Alarm Phone ha così contattato Roma e Malta, che hanno negato qualsiasi intervento e rimpallato le responsabilità sulla Guardia costiera di Tripoli.
Dai libici però, non è ancora arrivata nessuna risposta, a nessuno degli 8 numeri di telefono forniti ai volontari del call-center.
L'imbarcazione, che inizialmente non aveva chiesto aiuto, starebbe intanto imbarcando acqua.
A bordo, secondo quanto segnalato, potrebbero esserci dei morti, tra cui forse anche un bambino descritto "in stato di incoscienza o deceduto".
Gli appelli di Sea Watch e Mediterranea
L'unica imbarcazione che ha già dato la propria disponibilità al recupero dei naufraghi è, ancora una volta, quella della ong tedesca Sea Watch.
Ma la distanza da coprire per raggiungere i migranti in difficoltà è enorme, e il rischio, concreto, è quello di arrivare troppo tardi: "Ci stiamo dirigendo verso l'emergenza segnalata da Alarm Phone e sul quale nessuna autorità sta intervenendo - spiegano su twitter gli stessi volontari di Sea Watch - Siamo a circa 15 ore di distanza. Non possiamo coprire da soli il Mediterraneo, dove le persone vengono lasciate morire".
Anche Mediterranea, la piattaforma delle associazioni italiane che con Nave Mare Jonio si alterna nel Mediterraneo con Open Arms e la stessa Sea Watch, ha lanciato un appello all'esecutivo per sbloccare la situazione: "Altre 100 persone rischiano la vita in mare.
Chiediamo al Governo del nostro Paese (Palazzo Chigi) di non impedire l'intervento della Guardia Costiera per salvarle immediatamente.
Siete informati di tutto da ore. Non potete dire che non sapevate ".
La risposta delle autorità italiane, aldilà del "profondo dolore" espresso ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal premier Giuseppe Conte, arriva in serata in una nota diffusa da Palazzo Chigi: "Dopo vari giorni di mare agitato i trafficanti di esseri umani hanno riapprofittato di questo weekend di mare calmo per agire nuovamente. Attualmente è ancora in mare un gommone con un centinaio di persone in acque territoriali libiche, a circa 60 miglia dalla terraferma. Siamo in continuo contatto con la Guardia costiera libica perché effettui questo ulteriore intervento e metta in sicurezza i migranti che sono a bordo". Contatti confermati in un tweet anche dal ministro Danilo Toninelli: "Sto seguendo la vicenda: i trafficanti di esseri umani non l'avranno vinta. I barconi non devono più partire e solo un'UE unita per stabilizzare la Libia può impedirlo".

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