alessio ramaccioni -contropiano
Che in Italia eventi
naturali inattesi e di natura più o meno eccezionale possano degenerare
facilmente in disastro, è ormai statisticamente quasi certo. Poca
prevenzione, poca manutenzione, molto sfruttamento dei territori e delle
infrastrutture per incrementare profitti.
Questo è la dinamica che
troviamo alla base di quasi tutte le vicende di cronaca che riguardano –
appunto – territori, ambiente ed infrastrutture che entrano in crisi e
creano problemi: dal torrente che esonda, al treno che deraglia, al
cavalcavia che crolla.
Tragedie avvenute negli
ultimi tempi, che hanno causato vittime e danni e che sono attribuili
esclusivamente all’incuria, allo sfruttamento, ai tagli lineari a
personale ed investimenti.
Quello che è avvenuto al
sistema ferroviario italiano in quesi ultimi giorni rientra in pieno in
questa tipologia di “eventi”: fortunatamente non ci sono state vittime,
ma solo tanto disagio per moltissimi passeggeri, molti dei quali
lavoratori pendolari.
Questa la cronaca: nella
notte tra domenica e lunedì nevica a Roma e in diverse zone d’Italia.
Arriva Burian, perturbazione siberiana attesa ed annunciata.
Sulla base dei
bollettini, Rete Ferroviaria Italiana e Trenitalia avevano già attivato i
rispettivi “piani gelo”: qualcosa, però, è andato storto, ed il
traffico ferroviario è andato in tilt.
Ritardi enormi, che
hanno coinvolto sia l’alta velocità che il trasporto regionale. Il caos
sembra essere stato innescato a partire dallo snodo ferroviario di Roma,
anche se in realtà tutta la rete è andata immediatamente in sofferenza.
Il problema? Pare non funzionassero le scaldiglie: secondo
alcune fonti, infatti, tutto è iniziato a causa del malfunzionamento di
questi dispositivi che impediscono il congelamento e quindi il blocco
degli scambi. Malfunzionamento o numero ridotto rispetto alle necessità:
in ogni caso, un problema di gestione della struttura.
Il problema è stato
talmente grande ed evidente da richiedere le scuse ufficiali da parte di
FS Italiane, arrivate per bocca dell’amministratore delegato Renato
Mazzoncini, ed in qualche modo rafforzate dalle parole del Ministro
delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Del Rio, che ha chiesto un
piano straordinario proprio per evitare il ripetere di fatti simili.
Attendersi una reazione
un po’ più veemente da parte del governo rispetto ad una clamorosa
defaillance di tutto il sistema a partire naturalmente dalla dirigenza e
dai vertici sarebbe lecito, ma allo stato attuale è molto difficile:
tutto il CdA di Fs è infatti stato da poco rinnovato, addirittura con
qualche mese di anticipo rispetto alla sua scadenza naturale, che era
prevista per aprile.
Una decisione irrituale,
se si pensa che a dicembre – al momento del rinnovo – era già noto
ovviamente che a marzo ci sarebbero state le elezioni: la nomina dei
vertici di un asset così importante, tra l’altro in scadenza, avrebbe
dovuto essere di competenza del nuovo governo.
Invece no.
La motivazione addotta
fu quella della necessità di inserire nel CdA due rappresentanti di Anas
in seguito all’ingresso di quest’ultima nel gruppo FS: discussa
operazione perfezionata tra fine dicembre e gennaio sulla quale pesano
molti dubbi rispetto alla reale utilità, sopratutto nei confronti della
collettività.
Eppure autostrade e
ferrovie sono infrastrutture strategiche che dovrebbero essere pensate e
gestite con l’esclusiva finalità dell’ utilità sociale.
La realtà invece
racconta qualcosa di diverso: quanto avvenuto ad inizio settimana è
soltanto l’ultimo di una serie di episodi che parlano di scarsa
manutenzione, di tagli al personale, di investimenti esclusivamente
rivolti all’alta velocità mentre ad esempio i trasporti regionali sono
spesso sotto ogni standard minimo di accettabilità.
Certamente non aiuta
nemmeno la grande frammentazione del sistema-ferrovie: FS, Trenitalia,
RFI, Italferr, Mercitalia rail sono nemmeno tutte le sigle in cui è
stato spacchettato il servizio. Interessante notare come quasi tutte
queste società dichiarino attivi di bilancio, a fronte di servizi in
alcuni casi quantomeno discutibili: che si sia fermato un paese per la
mancanza o il malfunzionamento di uqlche centinaio di scaldiglie non
depone a favore dei complessi programmi industriali di FS & Co.
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