L’emergenza, come al solito, sono i migranti, ma non quelli dei barconi
che attraversano il mare, no, i migranti economici che da Milano,
partono su torpedoni della speranza, dieci, venti euro il biglietto, con
la folle ambizione di andare al mare almeno un giorno, una domenica, e
spendere poco. A leggere le cronache estive della settima potenza
mondiale, la battaglia è solo all’inizio e si tratta di fronteggiare con
vigili, carabinieri, vigilantes privati, ordinanze e divieti, l’orda
dei poveri spinti dall’invidia sociale e da un’assurda ambizione: fare
il bagno.
Ora
si sa che “poveri” è parola scomoda e respingente. Va bene per le
statistiche e i titoli che li danno in forte aumento, ma poi quando
arriva il povero in carne, ossa e infradito, che si porta la sua birra e
il suo panino per stare qualche ora spiaggiato come tutti gli altri,
come i non poveri, la cosa appare intollerabile. A Laigueglia, per dirne una, chiudono la spiaggia libera alle otto di sera, in modo da impedire che i poveri in arrivo dalle città sistemino gli asciugamani prima che sorga il sole, per prendere posto. Si provvede alacremente al sequestro di ombrelloni portati da casa (“materiale ingombrante”), borse frigorifere, vettovaglie. Il tutto ai limiti dei pochi granelli di sabbia disponibili per il popolo migrante. Sudamericani, filippini, qualche italiano, molte famiglie, e quindi bambini, nonni, zie insensibili alle sublimi lezioni del giornali sulla prova costume, o sul galateo da spiaggia. E così c’è, immancabile, una discriminazione di tipo razziale e classista tra bagnanti: descritti con rispetto e ammirazione quelli che pagano mille euro al giorno al Twiga di Briatore; respinti con le forze dell’ordine quelli che si portano il panino con la frittata.
Chiusa la spiaggia libera di Laigueglia – scrive ad esempio il Secolo XIX, “Gli irriducibili non si sono arresi e sono partiti all’assalto della vicina Alassio”. All’assalto, proprio così, manovra diversiva, accerchiamento, sfondamento delle linee nemiche e poi, finalmente, il tuffo in mare, una specie di presa del Palazzo d’Inverno, anzi d’estate.
Su altri lidi parte l’eterna lotta contro il venditore abusivo, che aggiunge al difetto della povertà il colore della pelle e la latitudine di origine. In questi casi abbiamo gli arditi da salotto di Casa Pound che fanno le ronde, difendendo il sacro bagnasciuga dove il Puzzone doveva inchiodare gli alleati, oppure Salvini che si fa i selfie coi vigili, in versione mojito e manganello. Poi ci sono i poveri con pretese di consumo culturale, che vanno dove il mare non c’è, tipo Firenze, ma anche lì tignosamente decisi a infrangere il sogno della ripresa italiana portandosi il panino da casa, mascalzoni. Le autorità li hanno annaffiati con gli idranti sui grandini di chiese e palazzi, in nome del decoro. Poi, presente il sindaco Nardella, hanno fatto montagne di merce sequestrata, quella che piace ai poveri, tipo le borse di Vuitton a venti euro, che è meno di quanto lascia di mancia chi si compra una vera borsa Vuitton. L’estate è solo all’inizio, la battaglia infuria, il migrante economico che si avventura da Milano alla Liguria non cede, l’autorità costituita vigila e reprime, i sindaci sfornano ordinanze, i giornali scrivono “dove andremo a finire, signora mia”. Per coerenza, eleganti caicchi carichi di milionari dovrebbero partire dalla Versilia alla volta della Liguria, calare l’ancora, lanciare brioches all’arrogante Quarto Stato, zozzone, che pretende di fare il bagno al mare. Gratis, roba da matti.
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