Certo, come già avvenuto per l'intesa stretta mesi fa dall'Europa con la Turchia per chiudere la rotta migratoria da Siria e Iraq verso i Balcani,
è bene non farsi troppe domande su ciò che accade nel "retropalco", in
questo caso in terra libica. Perché ciò che accade è un'autentica
schifezza, è la negazione sistematica di ogni principio umanitario.
Accade, come raccontano le duemila testimonianze raccolte da Medici per i
Diritti Umani (Medu) e come denunciato dall'inviato Unhcr per il Mediterraneo Vincent Cochetel,
che i migranti trattenuti finiscono in lager come quello di Sabha, una
fortezza nel deserto nel sud est della Libia circondata da filo spinato e
miliziani armati di mitragliatrici lungo tutto il perimetro, dove
subiscono privazioni e atrocità di ogni genere. A confermare che la
Libia si sta trasformando - meglio sta tornando ad essere come già ai
tempi di Gheddafi - un immenso campo di concentramento per migranti in
fuga dai loro paesi, è stato nei giorni scorsi il viceministro degli esteri Mario Giro:
"I migranti - ha detto Giro, una vita di impegno per l'Africa con la
Comunità di Sant'Egidio - finiscono in centri di detenzione nelle mani
delle milizie, che ne approfittano per fare i loro commerci; questa
politica non raggiunge nemmeno l'obiettivo di alleggerire la situazione,
c'è molta gente che vive su questi traffici".
Viene da dire, amaramente, che ora si capisce meglio il senso dell'auspicio renziano "Aiutiamoli a casa loro".
Per un momento avevamo creduto che il leader Pd si limitasse a ripetere
una abusata banalità: l'unico modo efficace per evitare che folle di
africane e africani cerchino sicurezza e spesso trovino la morte
avventurandosi nel Mediterraneo per raggiungere l'Europa, è che l'Africa
diventi un continente senza più miseria né guerre. Verità impossibile
da negare ma ardita da sostenere per chi governando l'Italia da anni ha
mantenuto a livelli infimi i fondi per gli aiuti allo sviluppo (0,26%
del Pil contro lo 0,51% della media europea) e fatto crescere l'export
di armi verso l'Africa; e verità che lascia il tempo che trova quando si
tratta di dare soccorso qui ed ora a migliaia di migranti in fuga dai
loro attuali inferni.
Ma
no, l'invocazione di Renzi era molto più concreta, e il ministro degli
interni Minniti si è incaricato di renderla esplicita e anche di
cominciare a metterla in pratica. Questo il nuovo progetto: l'Italia è
disposta a tutto pur di fermare l'afflusso di richiedenti asilo e di
migranti dall'Africa, anche ad "aiutarli a casa loro", nel senso di
lasciarli marcire nei campi di concentramento libici.
La
"dottrina-Minniti" è chiara ed è coerente: il fine, ridurre il flusso
delle partenze di migranti dalle coste libiche, giustifica i mezzi per
raggiungerlo, cioè la messa in mora delle Ong umanitarie impegnate nel
Mediterraneo e l'affidamento ai ras libici del lavoro sporco di
"ospitare" i migranti in veri e propri lager. Su questa idea si è
realizzata un'inedita convergenza di accenti e di argomenti tra destra,
grillini, Pd; convergenza che ha visto il Partito democratico ritrovarsi su un terreno valoriale, riassumibile nello slogan "prima gli italiani", da sempre patrimonio della destra.
Pagherà
questa scelta, consentirà al Pd di raccogliere consenso in quella larga
fetta di elettorato, oggi più larga di ieri, sensibile ai richiami
securitari e sovranisti? Difficile, più probabile che alla fine
quell'elettorato scelga l'"originale" salvinian-griillino alla fotocopia
Pd. Di sicuro questa degenerazione politico-culturale della leadership
democratica rende sempre più urgente la messa in campo di un'alternativa
di progetto, di visione, di proposta di governo: perché come ha scritto Ezio Mauro,
una sinistra che rinnega "quel vincolo politico e non solo umano che
nella differenza di destino tiene insieme i sommersi e i salvati della
globalizzazione", ha perso del tutto il suo senso storico.
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