Esistono giorni nei quali tossine che sono in circolazione si condensano, aumentano e segnano un cambio di fase nella vita di un organismo. Fu uno di quei giorni il 17 febbraio 1977, quarant’anni fa. Il segretario della Cgil Luciano Lama, figura autorevole con un passato nella Resistenza, entrò all’università La Sapienza per tenere un comizio. Dovette uscirne prima del previsto mentre gli autonomi assaltavano con spranghe, pezzi di asfalto e gli oggetti più vari il camion dal quale aveva parlato.
Il comizio era stato voluto dal più grande Partito comunista d’Occidente per dimostrare a un Movimento degli studenti che occupava varie facoltà di non poter fare a meno del sindacato dei lavoratori con più iscritti in Italia. Galassia minoritaria nel Movimento, ma pur sempre formata a Roma da svariate centinaia di militanti e un’area di simpatizzanti, l’Autonomia da quel giorno riuscì a imporre più di prima la sua tendenza a prevaricare e ad aggredire.
Fu una battaglia nella sinistra, certo. Coloro che erano di orientamenti diversi senza essere di destra estrema tuttavia non ebbero motivo per festeggiare: parti di società italiana e romana - lavoratori e studenti, generazioni di padri e di figli - non si capivano. Non si scambiavano idee quanto è necessario nell’organismo di una società quando è sano. Lama si era presentato con un servizio d’ordine formato da operai e militanti del Pci. L’ala creativa del Movimento, un drappello di Indiani metropolitani, lo derise in coro: «Lama è mio/ e me lo gestisco io», «Fatte ‘na pera/ Luciano fatte ‘na pera». Bastarono pochi istanti di smarrimento a far scattare gli scontri. Gli indiani lanciarono contro la Cgil palloncini di liquido colorato. In tempi di molotov e lacrimogeni, i servizi d’ordine in appoggio di Lama non capirono che cosa fossero. Reagirono caricando. In mezzo ai creativi si fecero strada gli autonomi decisi a colpire gli avversari accusati di essere riformisti, non rivoluzionari, servi della Dc e di Giulio Andreotti sul governo del quale, in tempi di difficoltà economiche per l’Italia e di terrorismo, il Pci si asteneva.
Il sindacalista Fernando Liuzzi intervistato da Enrico Marro e l’autonomo Daniele Pifano che ha parlato con Luigi Irdi, cronista che seguì la giornata per il Corriere, offrono sul 17 febbraio due versioni diverse. Ciò non cancella un fatto sicuro: schiacciati si trovarono tanti studenti di sinistra critici verso il Pci e convinti che le divergenze non andassero risolte a sprangate.
Chi vide l’università dopo il comizio capì che nella sua terza settimana di vita il Movimento del 1977 era già alle prese con un’involuzione: la brutale arroganza dell’Autonomia avrebbe bruciato ogni germoglio di spirito critico non votato a violenza. A perdere fu la maggioranza degli studenti. A farla da padrone, manipoli benvisti dal terrorismo. Ci si rifletta su. Per non ripetere.
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