Dopo le denunce del presidente Fortini si indaga per corruzione e abuso d’ufficio. Approfondimenti anche sulle dimissioni di Alessandro Filippi, ex direttore generale.
Una
lobby che riunisce imprenditori, dirigenti pubblici e pezzi di politica
si sarebbe spartita gli appalti pesanti in Ama a cavallo degli ultimi
due anni. Forniture di materiali e attrezzatura. Servizi di security e
di assistenza medica. Scampoli di raccolta differenziata dei rifiuti. É
l’ipotesi formulata dai magistrati di piazzale Clodio che hanno delegato
i finanzieri del Comando provinciale ad approfondire le gare degli
ultimi due anni. Gare manipolate, per le quali sarebbero stati
distribuiti soldi/favori all’interno della stessa municipalizzata. Il
tutto con la complicità di una parte della politica romana, accomodata
in Ama da una consiliatura all’altra.
La lobby e l’ex direttore generale
Chi
indaga ritiene anche che la lobby in questione sia abbastanza forte da
espellere, all’occorrenza, chi abbia minacciato di voler cambiare il
modo di procedere in azienda.Sulla base di 13 esposti presentati dal
presidente Daniele Fortini in questi mesi, il pubblico ministero Alberto
Galanti del pool dei reati di pubblica amministrazione (già titolare
dell’inchiesta che, nel 2014,aveva portato Manlio Cerroni ai
domiciliari) ha avviato una serie di approfondimenti.
Ipotesi corruzione. Nessun indagato
Nel
fascicolo, al momento senza indagati, si ipotizzano i reati di
corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. L’obiettivo è quello di
rispondere ad almeno tre interrogativi: a) è vero che dietro le
apparenze di gare partecipate da soggetti diversi sia invece un
oligopolio a spartirsi gli appalti? b) è possibile che la totalità degli
appalti assegnati dall’Ama anche successivamente all’inchiesta di Mafia
Capitale, contenga irregolarità? (Quest’ultima ipotesi affiora nella
relazione di certificazione dei bilanci dell’Ama fatta dai consulenti
della Mazar Italia) c) è possibile che dietro le dimissioni dell’ex
direttore generale Ama, Alessandro Filippi, vi sia stata la
constatazione dell’impossibilità di operare se non attraverso i binari
indicati dai presunti lobbisti?
Il dubbio è che Ama finanzi con la Tari altre attività oltre alla raccolta
Insomma
il dubbio è che l’Ama finisca per operare al di fuori del contratto di
servizio, finanziando con i soldi della Tari altre attività e
interessi. Così come le cooperative di Salvatore Buzzi si sarebbero
ritagliate gli appalti per singole emergenze (raccolta di foglie,
pulizia nei campi nomadi, gestione dei cassonetti Caritas per fare
alcuni esempi), in questo caso pochi soliti noti avrebbero continuato a
beneficiare di incarichi legati ai servizi quotidiani. Nei mesi scorsi,
in Campidoglio, era trapelato il nome di Mario Fantauzzi e delle sue
società, titolari di una sorta di esclusiva sulla fornitura dei
cassonetti in Ama. In quel caso era intervenuta anche l’Authority
anticorruzione. La prelazione risaliva ai tempi dell’ex amministratore
delegato Ama, Franco Panzironi, oggi imputato per i fatti di Mafia
Capitale. Si sta verificando se però le imprese in questione non abbiano
partecipato poi anche ad altre gare.
Carosello di secchioni
Le
difficoltà della municipalizzata, scampata a ogni ipotesi di
privatizzazione, sono vistose e trovano una conferma recente nel
carosello di contenitori ai bordi dei marciapiede. Fra gare bloccate e
bilanci disastrati l’azienda è stata costretta a ripescare reliquie nei
magazzini (disorientando i suoi utenti). La vecchia campana verde per la
raccolta del vetro è stata ripristinata e, in qualche caso, sostituisce
il cassonetto blu. Il bidone con coperchio marrone dei primi del
Duemila, qui e là, surroga l’altro destinato alla raccolta di rifiuti
organici. É già accaduto in Atac. Si ripete in Ama.
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