martedì 22 marzo 2016

Classe Dirigente. Roma. Tredici esposti sulle gare Ama Inchiesta sugli ultimi due anni.

Via Pontremoli a Porta Maggiore (foto della lettrice Giovanna Bessio)Dopo le denunce del presidente Fortini si indaga per corruzione e abuso d’ufficio. Approfondimenti anche sulle dimissioni di Alessandro Filippi, ex direttore generale.


Una lobby che riunisce imprenditori, dirigenti pubblici e pezzi di politica si sarebbe spartita gli appalti pesanti in Ama a cavallo degli ultimi due anni. Forniture di materiali e attrezzatura. Servizi di security e di assistenza medica. Scampoli di raccolta differenziata dei rifiuti. É l’ipotesi formulata dai magistrati di piazzale Clodio che hanno delegato i finanzieri del Comando provinciale ad approfondire le gare degli ultimi due anni. Gare manipolate, per le quali sarebbero stati distribuiti soldi/favori all’interno della stessa municipalizzata. Il tutto con la complicità di una parte della politica romana, accomodata in Ama da una consiliatura all’altra.
La lobby e l’ex direttore generale
Chi indaga ritiene anche che la lobby in questione sia abbastanza forte da espellere, all’occorrenza, chi abbia minacciato di voler cambiare il modo di procedere in azienda.Sulla base di 13 esposti presentati dal presidente Daniele Fortini in questi mesi, il pubblico ministero Alberto Galanti del pool dei reati di pubblica amministrazione (già titolare dell’inchiesta che, nel 2014,aveva portato Manlio Cerroni ai domiciliari) ha avviato una serie di approfondimenti.
Ipotesi corruzione. Nessun indagato
Nel fascicolo, al momento senza indagati, si ipotizzano i reati di corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. L’obiettivo è quello di rispondere ad almeno tre interrogativi: a) è vero che dietro le apparenze di gare partecipate da soggetti diversi sia invece un oligopolio a spartirsi gli appalti? b) è possibile che la totalità degli appalti assegnati dall’Ama anche successivamente all’inchiesta di Mafia Capitale, contenga irregolarità? (Quest’ultima ipotesi affiora nella relazione di certificazione dei bilanci dell’Ama fatta dai consulenti della Mazar Italia) c) è possibile che dietro le dimissioni dell’ex direttore generale Ama, Alessandro Filippi, vi sia stata la constatazione dell’impossibilità di operare se non attraverso i binari indicati dai presunti lobbisti?
Il dubbio è che Ama finanzi con la Tari altre attività oltre alla raccolta
Insomma il dubbio è che l’Ama finisca per operare al di fuori del contratto di servizio, finanziando con i soldi della Tari altre attività e interessi. Così come le cooperative di Salvatore Buzzi si sarebbero ritagliate gli appalti per singole emergenze (raccolta di foglie, pulizia nei campi nomadi, gestione dei cassonetti Caritas per fare alcuni esempi), in questo caso pochi soliti noti avrebbero continuato a beneficiare di incarichi legati ai servizi quotidiani. Nei mesi scorsi, in Campidoglio, era trapelato il nome di Mario Fantauzzi e delle sue società, titolari di una sorta di esclusiva sulla fornitura dei cassonetti in Ama. In quel caso era intervenuta anche l’Authority anticorruzione. La prelazione risaliva ai tempi dell’ex amministratore delegato Ama, Franco Panzironi, oggi imputato per i fatti di Mafia Capitale. Si sta verificando se però le imprese in questione non abbiano partecipato poi anche ad altre gare.
Carosello di secchioni
Le difficoltà della municipalizzata, scampata a ogni ipotesi di privatizzazione, sono vistose e trovano una conferma recente nel carosello di contenitori ai bordi dei marciapiede. Fra gare bloccate e bilanci disastrati l’azienda è stata costretta a ripescare reliquie nei magazzini (disorientando i suoi utenti). La vecchia campana verde per la raccolta del vetro è stata ripristinata e, in qualche caso, sostituisce il cassonetto blu. Il bidone con coperchio marrone dei primi del Duemila, qui e là, surroga l’altro destinato alla raccolta di rifiuti organici. É già accaduto in Atac. Si ripete in Ama.

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