La canapa non è solo una delle migliori fonti di energia rinnovabile a nostra disposizione: è una delle migliori armi che abbiamo per combattere l’inquinamento, ridurre gli effetti devastanti dell’uomo sul clima e in generale contribuire a creare un modello sostenibile di sviluppo economico.
1. Della canapa non si butta via niente
La canapa è considerata come il maiale vegetale perché è una pianta che può essere utilizzata in tutte le sue parti: non si butta via niente. Alle produzioni derivanti dalle coltivazioni di canapa si può infatti facilmente applicare il concetto di bio-raffineria, che si può intendere come un sistema integrato che serva alla produzione di energia e prodotti chimici a partire dalle biomasse.
2. Assorbimento CO2
Quest’azione avviene tramite varie fasi. In fase di crescita la canapa cattura 4 volte la CO2 immagazzinata mediamente dagli alberi e utilizzata in edilizia mantiene le stesse proprietà. È stato calcolato infatti che l’edilizia tradizionale incide per il 30/40% sulle emissioni di CO2. Tutta la filiera di produzione di canapa e calce è carbon negative, cioè toglie più CO2 dall’ambiente di quanta ne verrebbe immessa lavorandola, al contrario della lavorazione di materiali tradizionali come il cemento. Si stima che una tonnellata di canapa secca possa sequestrare 325 kg di CO2. Inoltre i prodotti in canapa e calce grazie alle loro proprietà fanno abbassare consumi energetici e bollette. Infine, oltre ad essere bio-degradabili, i bio-mattoni, dopo essere stati distrutti, posso essere riciclati.
3. Fonte inesauribile di energia rinnovabile per limitare deforestazione e uso di energie fossili
Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti la canapa è il produttore di combustibile da biomassa che richiede meno specializzazione sia nella coltivazione, sia nella trasformazione di tutti i prodotti vegetali. Gli idrocarburi in canapa possono essere trasformati in una vasta gamma di fonti di energia da biomassa, dal pellet ai combustibili liquidi e a gas. Ovviamente lo sviluppo dei bio-carburanti come bio-diesel ed etanolo, potrebbe ridurre significativamente il nostro consumo di combustibili fossili il loro impatto sul pianeta. Riguardo alla bio-plastica di canapa pensiamo che nei confronti di quella petrolchimica è migliore per caratteristiche, concorrenziale dal punto di vista del prezzo, ma con una differenza: è completamente biodegradabile. Un recente rapporto del World Economic Forum (WEF) spiega che attualmente ci sono 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani, andando avanti così nel 2025 per ogni tre tonnellate di pesci vi sarà una tonnellata di plastica. Entro il 2050, invece, la plastica avrà superato in peso la fauna marina. Attualmente solo il 5% della carta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa o il lino. Fare carta con la canapa porterebbe vantaggi ambientali ed aiuterebbe ad invertire il fenomeno della deforestazione.
4. Fitodepurazione
Coltivando canapa si attiva un processo di fitobonifica, miglioramento della fertilità dei suoli, azione di contrasto alla deforestazione e desertificazione e un’importante azione di cattura e sequestro di anidride carbonica. La fitorimediazione è un processo per il quale, tramite l’azione di assorbimento dell’apparato radicale della pianta, vengono estratti dal terreno componenti organici o inquinanti come i metalli pesanti. Si può applicare anche alle acque e all’aria, non solo per quello che riguarda l’anidride carbonica ma anche ossido di azoto, ozono e gli inquinanti che costituiscono il cosiddetto indoor pollution. Dopo essere stati assorbite, le sostanze vengono o metabolizzate e trasformate in qualcos’altro (fitometabolizzazione) o stoccate (fitodeposito) o recuperate (fitoestrazione) come si può fare con piombo zinco e ferro. Riguardo la canapa nella fitorimediazione, esistono già autorevoli studi e alcuni significativi precedenti di applicazione pratica. Dal 1993 nella zona interessata dagli effetti devastanti di Chernobyl, dal 1994 in Polonia per il risanamento dei terreni inquinati dai metalli pesanti e in Italia nei terreni inquinati della Campania, in quelli di Porto Marghera nel Veneto e in Puglia.
5. Prevenire l’inquinamento da pesticidi
Gli effetti immediati della filiera sono molteplici. Tra questi spiccano
la riduzione dell’uso di pesticidi, fitofarmaci e diserbanti;
la riduzione del consumo idrico in agricoltura;
bonifica dei siti in cui è sconsigliato coltivare prodotti per l’alimentazione umana o animale;
riqualificazione dei terreni sani e tutela dei prodotti;
tutela della salute; ristorazione delle aziende agricole coinvolgendole nella filiera;
favorire la ricerca di enti e istituti di ricerca;
oltre che la produzione di materia prima per prodotti necessari alla riqualificazione energetica degli edifici.
Tutti prodotti che non presenteranno mai problemi di riciclo. La coltivazione del cotone è probabilmente il più grande inquinante del pianeta in termine di rilascio di pesticidi nel nostro ambiente poiché, occupando solo il 3% dei terreni agricoli del mondo, esige il 25% dei pesticidi utilizzati in totale. Le sostanze chimiche vanno nelle acque sotterranee e il veleno non ha come bersaglio solo gli insetti, ma tutti gli organismi, compresi gli esseri umani. Inoltre la fibra di canapa è più lunga, più assorbente, resistente e isolante della fibra di cotone.
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