La verità ufficiale fornita dal regime di Al Sisi fa a pugni con la logica. Adesso più che mai è necessario che il governo italiano chieda la verità. E non una qualsiasi.
l'Espresso di Marco Pratellesi
Volevamo la verità, ma non una qualsiasi. Non una delle tante, improbabili, che inquirenti e governo egiziani hanno provato a rifilarci dal ritrovamento del corpo martoriato dalle torture di Giulio Regeni. Adesso arriva il conflitto a fuoco, con l'uccisione di cinque rapinatori , che improvvisamente pare offrire una inaspettata via d'uscita al regime di Al Sisi. Ecco, questa loro verità è peggiore di tutte le menzogne che hanno provato a rifilare alla famiglia di Giulio e a tutti noi dall'inizio di questa storia.E peggiore perché questa volta si tenta di avvalorare l'inverosimile fornendo una serie di prove: i documenti e alcuni oggetti personali di Giulio conservati in una borsa inspiegabilmente ritrovata nell'abitazione della sorella di uno dei sui carnefici. Una verità che certamente fa comodo al governo egiziano per uscire dai riflettori internazionali, che hanno messo in luce agli occhi dell'opinione pubblica mondiale come l'Egitto sia uno stato di torturatori.
Per il governo di Al Sisi il caso è chiuso. Ma questa verità ufficiale fa a pugni con la logica. Non si capisce per quale motivo una banda di rapinatori dovrebbe sequestrare un ragazzo e tenerlo prigioniero e torturarlo per giorni prima di ucciderlo. Pensavano fosse in possesso di una qualche mappa del tesoro d'Egitto? E poi perché conservare i suoi documenti, oggetti di cui ogni rapinatore si libera immediatamente, proprio in casa?
Infine, è a dir poco sospetta la fretta con cui la polizia ha cercato di fare ricadere sui cinque banditi morti la responsabilità dell'omicidio Regeni. Con i corpi ancora caldi, e prima di ritrovare i documenti a casa di una delle vittime, la polizia aveva già indicato il legame. Un legame che il procuratore del Cairo nell'immediato ha ufficialmente smentito.
Ai disinvolti uomini di Al Sisi deve essere sembrata un'idea geniale attribuire a chi non può più difendersi la responsabilità delle torture e del delitto Regeni. A noi sembra un tentativo ignobile di uscire da una situazione inaccettabile per la famiglia di Giulio, per gli italiani e per l'opinione pubblica mondiale. Adesso più che mai è necessario che il governo italiano chieda la verità. Non una qualsiasi.
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