giovedì 31 marzo 2016

CHIARA SARACENO - Il futuro di società sempre più vecchie.

chiara-saracenoBasta guardarsi intorno, in famiglia, per le strade, negli ambulatori medici, nei parchi: la popolazione anziana è numerosa e visibile dappertutto, persino fuori dalle scuole, dove il numero dei nonni spesso compete con quello dei genitori che aspettano l’uscita dei bambini.

chiara saraceno Repubblica

Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione è in atto dappertutto, segnala il rapporto Aging World: 2015, condotto dai ricercatori del Census Bureau statunitense. Ma è particolarmente visibile nelle società più sviluppate, dove l’aumento delle speranze di vita si combina con una bassa fecondità.
Proprio per questo l’Italia, insieme alla Germania, guida i 22 paesi più vecchi in assoluto in Europa ed è terza a livello mondiale ( dove il Giappone è al primo posto): perché in questi paesi si vive molto a lungo, ma anche perché c’è poco ricambio e il tasso di fecondità è ampiamente al di sotto del livello di sostituzione. Se tutti i paesi, quindi, devono fronteggiare le fragilità di un numero crescente di grandi vecchi – gli ultraottantenni che gli estensori del rapporto stimano triplicheranno nel corso dei prossimi trentacinque anni (nel 2050 si passerà da 126,5 milioni a 446,6 milioni di over 80, l’Italia scenderà al 15esimo posto, mentre il Giappone resterà primo; gli over 65 saranno 1,6 miliardi pari al 17% contro l’ 8,5% del 2015,
n. d. r.) - i paesi a più bassa fecondità lo dovranno fare in una situazione di grande squilibrio demografico.

È vero che si vive di più anche perché si gode di salute migliore e che un sessantenne di oggi può essere equiparato in larga misura ad un quarantenne di cento anni fa. Quindi gli anziani di oggi non solo vivono più a lungo, ma rimangono ( o potrebbero rimanere) anche attivi più a lungo. Quindi una popolazione anziana non è sempre e necessariamente un peso e un costo per la società in cui vive. Diverse ricerche mostrano come, soprattutto in Italia dove il welfare state è molto carente, gli anziani costituiscono spesso l’unica rete di protezione disponibile per le generazioni più giovani e nonne e nonni sono una risorsa indispensabile per i genitori che lavorano.
Anche in paesi in via di sviluppo è stato osservato come garantire una pensione agli anziani ha un effetto benefico sulle generazioni più giovani, perché gli anziani redistribuiscono molto nelle reti famigliari. Tuttavia, specie in paesi come l’Italia caratterizzati da un forte squilibrio demografico, i problemi non vanno ignorati. Dato che è impensabile alzare indefinitamente l’età alla pensione e il rischio di malattie degenerative aumenta con l’età, i sistemi pensionistici e quelli sanitari saranno sotto pressione in modo molto maggiore di quanto non avvenga ora.
Non si tratta tuttavia di una situazione senza vie di uscita. Accanto alla necessità di attrezzarsi per rispondere ai bisogni e alla capacità di una popolazione anziana – sul piano dei consumi, dei trasporti, dell’offerta culturale – occorre incidere sugli attuali equilibri demografici e comportamentali a più livelli.
Innanzitutto, specie in Italia, occorre allargare la forza lavoro effettiva, consentendo ad un numero maggiore di donne di entrare e rimanere nel mercato del lavoro anche nei periodi di formazione della famiglia. Occorre investire, quindi, in politiche di conciliazione, che a loro volta allargheranno la domanda di lavoro ed allo stesso tempo favorirebbero le scelte di fecondità, che oggi sono ancora troppo spesso in alternativa alla partecipazione al lavoro.
In secondo luogo, occorre aumentare gli investimenti in capitale umano, sia per eliminare gli svantaggi che ancora oggi condannano una parte dei minori e giovani ad un destino di marginalità e di non sufficiente sviluppo delle loro capacità. Allo stesso tempo, questi investimenti favorirebbero la formazione di una popolazione anziana che sta meglio in salute anche perché attiva culturalmente, un aspetto evidenziato da molte ricerche.
Infine, occorre investire in politiche dell’immigrazione che incentivino l’arrivo di persone preparate, ne valorizzino le capacità e le integrino nel tessuto sociale, con una particolare attenzione per le nuove generazioni. Senza di loro, saremmo una popolazione ancora più vecchia.
Chiara Saraceno, da Repubblica
(30 marzo 2016)

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