mercoledì 30 marzo 2016

Kobane, in piazza contro le politiche della Turchia e per Ocalan

dinamopress d.a.
A pochi giorni di distanza dai movimentati festeggiamenti del Newroz il 26 Marzo centinaia di persone hanno riempito le strade di Kobane per dare vita ad una manifestazione contro le politiche del partito conservatore turco AKP e per la liberazione del presidente Abdullah Ocalan.
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In isolamento dal 1999 nel carcere di massima sicurezza ad Imrali, di Abdullah Ocalan non si hanno notizie, non si conoscono le sue condizioni di salute da ormai un anno.
«Siamo qui a manifestare perché l’isolamento di Ocalan è l’isolamento dell’umanità, il suo arresto è un complotto. Kobane è la città dei martiri, e per noi è simbolo della resistenza», spiega una voce dal corteo.
Per arrivare al concentramento della manifestazione, dal centro della città, passando per la principale e trafficata via Aleppo, ci si trova nei pressi della Casa dei Martiri e accanto agli edifici distrutti che costituiranno la parte della memoria e il pezzo museale della resistenza della città liberata dall’ ISIS il 27 Gennaio 2015 dalle forze YPG/YPJ. Dal concentramento nella piazza “Qanya kurda”, la moltitudine che si fa avanti in corteo a passo deciso e sostenuto porta con sè la numerosissima presenza di donne e bambini, che manifestano insieme ad attivisti e attiviste tra musica, cori, slogan di protesta e di solidarietà.
I canti riempiono le strade mentre a poche centinaia di metri è visibile, a nord della città, oltre la frontiera, chiusa e sigillata, la bandiera turca. Di pari passo alle decisioni del Governo Regionale del Kurdistan (Krg) di Barzani le politiche di Erdogan hanno chiuso la frontiera, oltre aver isolato le linee telefoniche e chiuso da tempo anche con la censura le linee internet di comunicazione e i principali siti web di informazione. Lo Stato turco, che usa i 6 miliardi dell’Europa per isolare ulteriormente con la costruzione di un muro il Rojava, continua a bombardare Nusaybin, (un’esplosione ha interessato anche Qamislo) e ha dichiarato pochi giorni fa ufficialmente la confisca delle abitazioni di 200.000 civili a Sur e a Silopi.
La città di Kobane, da tempo sotto embargo non perde la forza e la dignità nei processi di ricostruzione dell’intera società così come non perde forza nell’autodifesa, presente ad ogni livello della vita quotidiana e connotata da un senso profondamente morale e filosofico. Nell’organizzazione pratica la sicurezza delle persone nel corteo è garantita grazie all’autorganizzazione dalle unità di autodifesa popolare, dalle forze YPG/YPJ, dell’HPC e dell’Asayish.
Mentre assistiamo in Europa al dilagare crescente di politiche securitarie e di militarizzazione, unite ad un vorticoso bombardamento mediatico atto alla creazione di stati d’emergenza permanenti in nome della lotta al terrorismo e mentre assistiamo ai divieti di manifestazioni “contro la paura” come nel caso di Bruxelles, qui a Kobane, nella città che è conosciuta in tutto il mondo per aver combattuto e respinto le forze dell’Isis, si avverte rabbia nella popolazione, ma non timore, piuttosto è lampante il coraggio della partecipazione viva pur nelle difficoltà. E qui sono le forze di autodifesa popolare, senza un monopolio centralizzato e statale della violenza, ad essere una risposta di respingimento partecipata ed efficace all’interno dell’autonomia democratica.
A fine corteo centinaia di partecipanti si sono fermate nella piazza in cui è stato innalzato il Berxwdan Monument, il Monumento alla Resistenza.Inaugurata due settimane fa, l’enorme statua progettata e intagliata da uno scultore curdo raffigura una combattente YPJ ed è diventato subito un importante simbolo di libertà e di lotta per tutto il Rojava. Per le donne e gli uomini dell’intera città la statua raffigura anche un omaggio alla combattente che ha impedito durante una battaglia decisiva l’avanzata dell’Isis nella collina del Mursitpinar, proprio dove pochi giorni fa è stato celebrato da decine di migliaia di persone l’arrivo del nuovo anno portato dalla festa del Newroz.

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