venerdì 25 marzo 2016

Referendum 17 Aprile. Trivelle, Galletti fa infuriare il Codacons. Il Comitato del Referendum ribatte punto per punto e svela le falsità del ministro.

Sul prossimo referendum sulle trivelle, già al centro di polemiche di ogni genere – dal mancato accorpamento con le amministrative in un election day alla campagna per l’astensione annunciata dal Partito democratico – arriva lo scontro tra associazioni dei consumatori e comitato nazionale da una parte e il ministro Galletti, che in un’intervista al corriere.it ha detto che se andrà a votare, voterà per il no, dall'altra.



La dichiarazione non è piaciuta al Codacons che ha già annunciato la presentazione di un esposto in procura e chiesto le sue dimissioni. “Riteniamo grave che un Ministro entri a gamba tesa su un referendum così importante per il paese – ha detto il presidente Carlo Rienzi – Avrebbe fatto meglio Galletti, proprio perché responsabile del dicastero dell’Ambiente, ad astenersi dal rilasciare dichiarazioni che possono influenzare in modo pesante le scelte dei cittadini, o seguire l’esempio di Matteo Renzi che si è espresso per l’astensione.
Il Comitato del Referendum 17 aprile “Vota SI per fermare le Trivelle” che racchiude tutte le Associazioni ambientaliste, i Comitati locali e della società civile, intanto, risponde a Galletti ricordandogli che al contrario di quanto sostiene con l'accusa della "consultazione ideologica", i promotori del referendum intendono abrogare una norma che è stata introdotta dal governo il 1 gennaio di quest’anno con l’ultima Legge di Stabilità. Fino al 31 dicembre 2015 le concessioni, infatti, avevano durata massima di 30 anni. "Anche per questa ragione risulta incomprensibile come una vittoria del SI possa causare la perdita anche di un solo posto di lavoro”, si legge nella nota del Comitato del Referendum.

Il Referendum del 17 Aprile sulle trivelle in mare "vuole infatti abrogare la norma per cui le compagnie che dispongono di titoli abilitativi per estrarre idrocarburi possono sfruttare i giacimenti “sine die” e non alla scadenza dei contratti, entro le 12 miglia dalle coste italiane, praticamente sotto costa", scrive il Comitato referendario.

Il Ministro ha citato la Norvegia tra i Paesi che in Europa sono più favorevoli alle fonti fossili. "Il dato è facilmente smentibile - prosegue - perchè se è vero che il paese scandinavo ha basato in passato la sua ricchezza su petrolio e gas, oggi sta modificando il modello energetico, incentivando forme di economia “green”. Ne è la riprova il fatto che anche a causa del crollo del greggio, l’amministrazione di Oslo ha deciso di disinvestire, intervenendo sul proprio fondo pensione, dotato di circa 10 miliardi di euro di risorse, da tutte le società attive nel settore dei combustibili fossili, cioè carbone, petrolio
e gas. Obiettivi principali: fissare un profilo d’investimento più etico e sostenibile nonché ridurre l’inquinamento e contrastare i cambiamenti climatici.

A questo proposito – prosegue la nota del Comitato del Referendum 17 aprile Vota SI per fermare le Trivelle – ricordiamo al Ministro Galletti le sue parole e l’impegno preso alla Conferenza del Clima di Parigi di pochi mesi fa durante la quale asseriva la ‘…ferma determinazione collettiva di raccogliere la sfida che abbiamo di fronte e avviare un processo serio di decarbonizzazione delle nostre economie‘“.

Prosegue la nota del Comitato “Chiediamo al Ministro Galletti come il Governo italiano intenda rispettare l’impegno preso di contenere l’aumento del clima di soli 2 gradi centigradi con l’incremento delle trivellazioni e di una strategia basata sulle fonti fossili”.
Il Comitato precisa inoltre che la norma attualmente in vigore consente di costruire nuove piattaforme, in quanto il divieto riguarda solo il rilascio di nuovi permessi e concessioni per cercare ed estrarre idrocarburi entro le dodici miglia marine. La norma fa dunque salvi i “titoli abilitativi già rilasciati” e nell’ambito dei titoli già rilasciati è sempre possibile costruire nuove piattaforme.
Il Ministro dell’Ambiente afferma che non ci sono “dati scientifici che provano che le trivelle fanno male alla costa”. Per questo rimandiamo al rapporto di Greenpeace Italia in cui per la prima volta, vengono resi pubblici i dati ministeriali relativi all’inquinamento generato da oltre trenta trivelle operanti nei nostri mari.

Le concentrazioni di queste sostanze inquinanti sono, in oltre il 70% dei casi, oltre i limiti di legge. I dati mostrano una grave contaminazione da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti. Molte di queste sostanze sono peraltro in grado di risalire la catena alimentare fino a raggiungere gli esseri umani.

Nessun commento:

Posta un commento