Secondo il pm Gabriella Fazi, l’ex capo della Protezione civile di Napoli, Francesco Buondonno, già ai domiciliari, si appartava con un sedicenne in un albergo in via dei Mille. Nei guai anche un poliziotto.
Dalla
collaborazione con l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso al
rischio di trascorre 4 anni in galera con l’accusa di induzione alla
prostituzione minorile. È la parabola di Francesco Buondonno, ex
assessore del Comune di Santa Maria la Carità, finito ai domiciliari lo
scorso 24 settembre per aver passato qualche pomeriggio all’hotel Assisi
in via dei Mille con un sedicenne a un prezzo variabile tra i 50 e i
100 euro. Il politico napoletano, ex capo della Protezione civile
locale, correva a Roma appena aveva qualche buco in agenda. Una
frequentazione andata avanti per tutto il 2013, come ha ricostruito il
pm Gabriella Fazi durante la requisitoria tenutasi nel corso del rito
abbreviato scelto da Buondonno, tra l’altro anche membro benemerito
della Città del Vaticano, come si legge nell’ordinanza del gip Valerio
Savio, che riporta la biografia sul web dell’imputato in cui si
sottolinea la collaborazione con l’attuale candidato sindaco di Forza
Italia.
Alla sbarra altri tre clienti
Non
c’era solo l’ex assessore nella cerchia degli insospettabili
provenienti da tutt’Italia per stare qualche ora con il ragazzino dei
Castelli, adesso maggiorenne: richieste di condanna avanzate dal pm
hanno riguardato altri tre clienti del giovane, ora uscito dal mondo
della prostituzione grazie al sostegno dei servizi sociali. La lista
comprendeva pure l’assistente capo della Polizia Stefano Gallorini che
scendeva in treno da Bologna ogni due settimane, disposto a pagare 200
euro a prestazione. Anche in questo caso la procura ha chiesto 4 anni di
reclusione. Una condanna di tre anni rischia, invece, Marco
Mozzicafreddo, dipendente dell’Istituto superiore di Sanità costretto
sulla sedia a rotelle e titolare di un assegno di invalidità. Stessa
richiesta per Fabrizio De Sanctis, dipendente Eni in mobilità. Gli
imputati, secondo l’accusa, avevano conosciuto il giovane tramite siti
gay o di escort, social network e chat per rapporti sessuali a
pagamento.
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