Lo stabilimento balneare confiscato al clan Fasciani appena trasformato in attività produttiva. Poi lo stop a due ore dalla conferenza stampa.
Doveva
essere l’inaugurazione della rinascita. Il Village, stabilimento
balneare di Ostia confiscato al clan Fasciani, trasformato in attività
produttiva e restituito alla città. Un taglio del nastro bloccato
(rinviato) però solo due ore prima della conferenza annunciata da
settimane, alla presenza del presidente della Regione Lazio Nicola
Zingaretti e del prefetto Franco Gabrielli. La lussuosa struttura meta
di vip era stata sequestrata nell’operazione «Tramonto» (marzo 2014), un
sequel del maxi-blitz «Nuova Alba» di polizia e procura che a luglio
2013 decapitò i vertici delle famiglie malavitose di Ostia. L’anno
successivo la Finanza, coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia
e dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, colpì i beni del clan
guidato da Carmine Fasciani: 6 milioni di euro in società e immobili tra
cui il noto stabilimento.
Fermate la festa
Con
lo champagne e il buffet già pronti, le camionette della polizia a
presidiare l’area del lungomare di Ostia poi, improvviso, lo stop a un
iter giudiziario che andava avanti ormai da due anni. «Evento annullato a
data da destinarsi» ha avvertito Unindustria, a cui il Tribunale di
Roma ha affidato lo stabilimento attraverso il «Protocollo d’intesa per
la gestione dei beni sequestrati e confiscati». Perché lo stop allora a
due ore dal taglio? Al Village bocche cucite. «Parlate con Unindustria,
non sappiamo nulla. Le istituzioni non sono volute venire ma la festa si
fa» dice un imprenditore che si presenta come amministratore di una
delle società – senza dire quale - che gestirà la struttura.
Lo stop dal X Municipio
Un
mistero apparente però anche per Unindustria. «Ufficialmente non ci ha
comunicato nulla nessuno, - Stefano Cenci, consulente per l’ente del
consorzio beni sequestrati - informalmente sappiamo che il X Municipio
ha avvisato le autorità che c’era qualcosa sui documenti, sulla
concessione che non andava e che stavano regolarizzando. La voltura
della concessione ce l’hanno rilasciata a settembre 2015 su richiesta
dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati, tutto regolare». È sulla
concessione che entra in ballo la competenza degli uffici di Ostia, ma
dalla commissione prefettizia (coordinata da Domenico Vulpiani) che
guida il municipio sciolto per mafia, arriva solo un laconico «nessun
commento». Il rispetto della legalità prima di tutto: se c’è qualcosa
che non torna, non si procede. Nemmeno con lo champagne stappato.
Il lungo iter del Village
Anche
dalla Regione Lazio la conferma: dal Municipio hanno avvertito due ore
prima della conferenza, dicendo «non si può fare, manca un passaggio
burocratico». In sintesi, l’iter per l’affidamento del Village (a lungo
sotto amministrazione giudiziaria) era partito poco dopo il sequestro
quando Unindustria, in base al protocollo con il tribunale, presentò una
manifestazione di interesse a maggio 2014: il progetto fu ritenuto
valido, gli imprenditori – riuniti nella Hesperia srl - valutati dai
giudici e dall’Anbcs, l’Agenzia nazionale dei beni confiscati e
sequestrati.
Il mistero dei documenti
L’Agenzia
è tecnicamente amministratrice del bene - confiscato ancora solo in
base a una sentenza di I grado - ed è coadiuvata dal consulente Massimo
Iannuzzi. Lo stesso direttore spiega di non aver avuto notizie precise.
«Sembra che il dirigente del Municipio voglia perfezionare i documenti
che autorizzano il passaggio, forse ha scoperto qualche carenza. –
spiega il prefetto Umberto Postiglione – Sono i magistrati ad aver
deciso per questa procedura, noi il bene lo abbiamo solo se confiscato
in via definitiva». Tutto a dir poco molto confuso insomma, perfino per i
diretti interessati, inclusa la Regione che aveva inserito
l’inaugurazione del Village nelle celebrazioni della Settimana della
Legalità. Unindustria resta fiduciosa che tutto si risolverà. Ma la
storia chiaramente non si chiude qui.
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