mercoledì 28 ottobre 2015

Riforme, la corsa dei referendum.

A meno di impre­vi­sti osta­coli nei pros­simi pas­saggi in Cas­sa­zione (entro novem­bre) e alla Corte costi­tu­zio­nale (a gen­naio), saranno i refe­ren­dum pro­mossi dalle regioni con­tro le tri­velle a inau­gu­rare una lunga sta­gione refe­ren­da­ria nella pri­ma­vera 2016, in una dome­nica tra metà aprile e metà giu­gno (dif­fi­cil­mente la stessa delle ele­zioni ammi­ni­stra­tive per­ché il governo non ha inte­resse a faci­li­tare la cac­cia al quo­rum), cin­que anni dopo gli ultimi que­siti, sull’acqua pubblica.
Una quasi cer­tezza è il refe­ren­dum con­fer­ma­tivo della riforma costi­tu­zio­nale, che tra feb­braio e aprile dovrà essere votata in seconda let­tura e a mag­gio­ranza asso­luta prima dal senato e poi dalla camera (è ancora in fase di esau­ri­mento la prima let­tura, sarà una for­ma­lità). Poi la Cas­sa­zione aspet­terà fino alla fine di luglio le richie­ste di refe­ren­dum che arri­ve­ranno senz’altro dai par­la­men­tari, ma potreb­bero arri­vare anche da 500mila elet­tori. Se i ren­ziani pre­sen­te­ranno loro stessi la richie­sta (bastano 65 sena­tori o 126 depu­tati) — in linea con la reto­rica del pre­mier «il refe­ren­dum lo chie­diamo noi» — la Cas­sa­zione aspet­terà ugual­mente tre mesi per per­met­tere ad altri sog­getti (cit­ta­dini o regioni) di costi­tuirsi come sog­getto rico­no­sciuto nella cam­pa­gna elet­to­rale. Dopo­di­ché scat­te­ranno altri tempi tec­nici pre­vi­sti dalla legge 352 del 1970, per cui anche velo­ciz­zando al mas­simo (per esem­pio con­vo­cando il con­si­glio dei mini­stri durante le ferie per il neces­sa­rio decreto) il refe­ren­dum con­fer­ma­tivo si potrà tenere al più pre­sto a fine otto­bre. Al più tardi a dicem­bre. Gio­vedì pros­simo il Coor­di­na­mento per la demo­cra­zia costi­tu­zio­nale — giu­ri­sti e poli­tici riu­ni­tisi otto mesi fa, e c’erano anche par­la­men­tari della sini­stra Pd che poi hanno votato il dise­gno di legge di riforma costi­tu­zio­nale — pre­sen­terà il comi­tato per il No. Si pre­pa­rano con largo anti­cipo alla cam­pa­gna, comin­ciando con un docu­mento che riprende le tesi pre­sen­tate dai costi­tu­zio­na­li­sti Car­las­sare, Rodotà, Vil­lone, Fer­rara, Azza­riti e Pace dieci giorni fa sul manifesto.

Lo stesso Comi­tato rac­co­glierà le firme per sot­to­porre a refe­ren­dum abro­ga­tivo la nuova legge elet­to­rale 52/2015, l’«Italicum». Due i que­siti, già depo­si­tati in Cas­sa­zione (ma la rac­colta delle firme scat­terà in pri­ma­vera e l’eventuale refe­ren­dum si ter­rebbe tra aprile e giu­gno del 2017). Uno dei due pro­pone l’abrogazione dei capi­li­sta a voto bloc­cato, è iden­tico a quello sul quale l’associazione Pos­si­bile di Civati ha pro­vato invano a rac­co­gliere le firme in estate. L’altro que­sito punta a can­cel­lare il pre­mio di mag­gio­ranza e il bal­lot­tag­gio, virando l’Italicum verso una legge pro­por­zio­nale con sbar­ra­mento basso. È nuovo, anzi è una della ragioni per cui Coor­di­na­mento e Pos­si­bile hanno mar­ciato divisi. Que­sti due refe­ren­dum elet­to­rali (even­tual­mente insieme ad altri di cui si discute in que­sti giorni, sulla «buona scuola» o il jobs act, anche que­sti già ten­tati da Pos­si­bile) potranno tenersi solo se nel 2017 non ci saranno ele­zioni anti­ci­pate. In quel caso reste­reb­bero con­ge­lati e si ripe­te­rebbe il caso di un’elezione poli­tica con una legge che rischia di essere can­cel­lata a par­la­mento già eletto.
Se la legge costi­tu­zio­nale sarà appro­vata defi­ni­ti­va­mente con il refe­ren­dum a fine 2016, ci sarà un’altra pos­si­bi­lità per met­tere in que­stione l’Italicum. Molto velo­ce­mente, in non più di qua­ranta giorni, quindi prima di even­tuali ele­zioni anti­ci­pate nel 2017. Lo per­mette il mec­ca­ni­smo intro­dotto dalla riforma Renzi-Boschi con la norma tran­si­to­ria che con­sente alla mino­ranza di inter­ro­gare la Con­sulta sulle leggi elet­to­rali. Il Comi­tato del No, però, com­pren­si­bil­mente, non può pun­tare tutto sull’approvazione di una riforma che avversa, e così ha messo in campo una serie di ricorsi ai tri­bu­nali civili di tutti i capo­luo­ghi nel ten­ta­tivo di repli­care lo schema che ha por­tato alla fine della vec­chia legge elet­to­rale. L’autore è lo stesso che ha par­te­ci­pato all’abbattimento del «Por­cel­lum», Felice Beso­stri, e gli argo­menti ripren­dono le moti­va­zioni della Con­sulta nella famosa prima sen­tenza del 2014. Ai tri­bu­nali si chie­derà di rico­no­scere il diritto dei cit­ta­dini al voto «per­so­nale, uguale e libero», messo in forse dall’irragionevole pre­mio di mag­gio­ranza, dal bal­lot­tag­gio e dai capi­li­sta bloc­cati. L’Italicum — clau­sola strap­pata da Ber­lu­sconi — non è appli­ca­bile fino a luglio 2016, dun­que non è per­cor­ri­bile la strada del ricorso d’urgenza (non c’è un peri­colo «immi­nente»). Beso­stri ten­terà con il «pro­ce­di­mento som­ma­rio di cogni­zione» . Punto a favore: pro­prio il pre­ce­dente del Por­cel­lum ha reso pra­ti­ca­bile l’approdo delle leggi elet­to­rali alla Con­sulta. Punto a sfa­vore: i tempi della giu­sti­zia. Allora dall’iniziativa in tri­bu­nale alla sen­tenza della Con­sulta pas­sa­rono quasi cin­que anni.

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