global project Marco Sandi
27 / 10 / 2015
Alla sete di potere non
c'è mai fine: il delirio di onnipotenza del Presidente Erdogan ne è
un chiaro esempio: soprattutto vista la sua ultima uscita, a pochi
giorni dalle elezioni: egli ha infatti deciso in maniera arbitraria
che l'ora solare non entrerà in vigore almeno sino all'8 novembre.
La motivazione pare essere quella di regalare un'ora in più di luce
a chi si recherà alle urne, ma la tagliente verità è che se per
l'ennesima volta tutti si sono trovati a dover accettare l'ennesima
trovata del Presidente, almeno smart phone e tablet si sono ribellati
all'”ora speciale di Erdogan".
Nel frattempo, nella
frenesia che avvicina qualsiasi elezione, è circolata, negli
ambienti parlamentari turchi, la voce della possibile nascita di un
nuovo partito, capace di insediarsi immediatamente nella Grande
Assemblea. Fin da subito è apparso più come un gossip, ma i
commentatori turchi si sono sbizzarriti nel dar seguito alle voci.
Sembra che una
consistente parte di futuri deputati del partito AKP, il partito del
Presidente Erdogan, siano pronti a lasciare con l'intenzione di
creare una nuova formazione di centro-destra, capace fin da subito di
attestarsi intorno al 15% dei voti. L'obiettivo implicito di questa
scissione sarebbe quello di formare una coalizione di governo per far
uscire così il paese dall'impasse dato dal regime autoritario di
Erdogan; l'obiettivo esplicito di queste voci invece è quello di
produrre una rottura tra i fedelissimi dell'AKP e coloro che non
condividono a pieno le direttive del partito e del suo presidente. I
promotori di questa scissione sono personaggi noti, con un peso
politico di rilievo, come l'ex Presidente della Repubblica Abdullah
Gül
e e l'ex vice premier Bülent
Arinç, entrambi fondatori nel 2001 dell'AKP.
I
due promotori di questa ultima operazione elettorale sono da tempo ai
ferri corti con Erdogan e il suo entourage, tanto che si vocifera
abbiano preso contatti con alcuni membri di un altro partito sicuro
di superare la soglia di sbarramento del 10% alle elezioni del
prossimo 1 Novembre, l'MHP, espressione della destra nazionalista
legata a doppio filo con i Lupi Grigi.
Nello
scenario politico attuale le spaccature all'interno dell'AKP sono più
facili a dirsi che a farsi, anche perchè le liste dei candidati sono
state riempite di fedelissimi di Erdogan, che difficilmente si
sposterebbero in altre formazioni, anche per la fondata paura di
rappresaglia.
Per
il momento questo tipo di notizie rimangono più un chiacchiericcio
di palazzo, anche se è verosimile pensare che più di qualcuno si
stia muovendo sottobanco per meditare ad un'alternativa di governo
diversa dallo scenario che si profila all'orizzonte.
I
sondaggi sugli esiti del voto e i primi risultati che arrivano
dall'estero ci consegnano uno schema molto simile al risultato delle
ultime elezioni, tenutesi il 7 Giugno scorso. In pochi si aspettano
un risultato così eclatante, forse il solo Erdogan a questo punto.
L'intrasigenza del governo e la prospettiva di una terza tornata
elettorale potrebbero, invece, avverare l'ipotesi che esista già la
volontà di creare una coalizione di partiti moderati per governare
il Paese.
I
giochi pre e post elettorali sono iniziati da molto tempo, a questo
si aggiunge però la crescente opposizione intellettuale al regime di
Erdogan che negli ultimi mesi è stata oggetto di una feroce e
aggressiva campagna repressiva e, in alcuni casi, di vere e proprie
aggressioni personali ai danni di giornalisti e opinionisti.
Ersin
Kalaycioğlu,
Professore all'Università Sabanci di Istanbul ed esperto di
partecipazione politica e rappresentanza, definisce così
l'evoluzione dell'AKP e della Turchia in generale: “La Turchia
funziona sempre di più come un sistema autoritario governato da un
partito di estrema destra che sta cominciando sempre di più ad
assomigliare a un movimento fascista” afferma Kalaycioğlu
“sviluppando anche una milizia che risulta coinvolta in forme di
repressione della partecipazione , attaccando persone ed edifici
appertenenti all'opposizione o ai media non allineati. E' una
situazione allarmante. Quando delle elezioni si svolgono in questo
clima non ci si può aspettare che esse siano libere”.
Il
caos regna sovrano in Turchia ormai da troppi mesi e l'establishment
trova ancora il tempo di perdersi in giochi di strategia politica
pre-elettorale. Le forzature volute dal Presidente negli ultimi mesi
e il conseguente aumento della tensione hanno dato il via liberà ad
un aumento indiscriminato di violenze, da una parte chi ha perso la
vita, dall'altra le carceri riempite di migliaia di oppositori. Il
rispetto dei diritti e della libertà di stampa sono ormai in caduta
libera e il potere delle forze di sicurezza non conosce, al momento,
limiti.
La
possibilità di espressione dei movimenti e della società civile
sono quindi limitate e l'unico spiraglio verso la fine di questa
chiusura ideologica è rappresentato dal partito HDP, additato invece
di essere il braccio politico di un'organizzazione terroristica, il
PKK.
Fintanto
chè tale partito non verrà internazionalmente riconosciuto come un
interlocutore diretto nel processo di pace in Turchia e nel Medio
Oriente in generale, le speranze di un futuro democratico e libero da
chiusure ideologiche in Anatolia sono ben lontane.
Che
non sia l'ora di un passo indietro Presidente Erdogan? Saat Kac
Erdogan?
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