Questo saggio fa parte di una serie di quattro sul tema della "Terza Rivoluzione Industriale". Restate in attesa dei prossimi capitoli, e delle reazioni da parte di leader globali ed esperti di tecnologia.
L'economia globale sta rallentando, la produttività è in declino in ogni area del pianeta, e la disoccupazione resta ostinatamente elevata in ciascun Paese. Allo stesso tempo l'ineguaglianza economica fra ricchi e poveri ha raggiunto il punto più alto nella storia dell'umanità. Nel 2010 la ricchezza accumulata dalle 388 persone più ricche del pianeta ha eguagliato quella della metà più povera del genere umano. Nel 2014 la ricchezza degli 80 individui più ricchi del mondo ha eguagliato quella della metà più povera del genere umano.
Questa tragica realtà economica viene oggi ulteriormente aggravata dalla rapida accelerazione dei mutamenti climatici cagionata dall'aumento delle emissioni dei gas prodotti dall'industria, responsabili del riscaldamento globale.
I climatologi sostengono che la concentrazione globale del carbonio nell'atmosfera, che negli ultimi 650 mila anni è andata dalle 180 alle 300 parti per milione, è salita dalle 280 ppm immediatamente precedenti all'alba dell'era industriale alle 400 ppm del 2013. Le concentrazioni di metano e monossido d'azoto nell'atmosfera, cioè gli altri due gas che surriscaldano il pianeta, mostrano traiettorie altrettanto ripide.
Al summit globale sul clima di Copenhagen del dicembre 2009 l'Unione europea propose che le nazioni del mondo ponessero un limite all'incremento della temperatura terrestre fino a 3,5 gradi Fahrenheit (2 gradi Celsius). Ma anche un incremento di soldi 3,5 gradi finirebbe per riportarci alla temperatura del pianeta Terra di molti milioni d'anni fa, cioè all'epoca del Pliocene, con conseguenze devastanti per gli ecosistemi e la vita umana.
La proposta dell'Ue venne ignorata. Oggi, sei anni più tardi, l'impennata nell'uso dei combustibili a base di carbonio ha aumentato i livelli del diossido di carbonio atmosferico ad una velocità di gran lunga superiore alle proiezioni precedenti, rendendo probabile una fuga della temperatura terrestre oltre l'obiettivo dei 3,5 gradi, per raggiungere il traguardo degli 8,6 gradi Fahrenheit (4,8 gradi Celsius) entro il 2100 -- temperature che sulla Terra non si erano viste da milioni di anni a questa parte. (Ricordate, gli esseri umani anatomicamente moderni -- la specie più giovane -- hanno abitato il pianeta solo per gli ultimi 195 mila anni circa).
Jeremy Rifkin: l'Internet delle Cose Avvierà una Terza Rivoluzione Industriale
Gli ecosistemi terrestri non sono in grado di riadattarsi a un cambiamento talmente drastico del ciclo dell'acqua del pianeta in un lasso di tempo tanto breve, e vengono perciò sottoposti a uno stress sempre più intenso, tanto che alcuni di essi si ritrovano sull'orlo del collasso. Oggi la destabilizzazione delle dinamiche dell'ecosistema in tutto mondo ha portato la biosfera al sesto evento di livello estintivo (www.petermaas.nl/extinct/) degli ultimi 450 milioni di anni della vita sulla Terra. In ciascuna delle cinque precedenti estinzioni il clima terrestre aveva raggiunto un punto critico, spingendo l'ecosistema in un circolo vizioso che ha cagionato la veloce distruzione della biodiversità del pianeta. In media, ci sono voluti fino a dieci milioni di anni per recuperare la biodiversità perduta. I biologi ci dicono che potremmo assistere all'estinzione della metà delle specie terrestri entro la fine di questo secolo, inaugurando una nuova epoca desolata che potrebbe durare milioni di anni. James Hansen, ex capo dell'Istituto Goddard per gli Studi Spaziali della NASA, prevede un'ascesa della temperatura terrestre di 4 gradi Celsius fra oggi e la fine del secolo -- e con essa, la fine della civiltà umana così come la conosciamo. L'unica speranza, secondo Hansen, è quella di ridurre l'attuale concentrazione di carbonio nell'atmosfera dalle 400 ppm alle 350 ppm, o meno.
I sopravvissuti del tifone Haiyan si accampano fra le rovine del loro quartiere nella periferia di Tacloban, nelle Filippine centrali
Oggi sta emergendo un nuovo paradigma economico che cambierà drasticamente il modo in cui organizziamo la vita economica sul pianeta. L'Unione europea si sta imbarcando nella nuova e ardita impresa di dare vita a un'economia intelligente, verde e digitale fondata sull'alta tecnologia del ventunesimo secolo, che in potenza potrebbe trasformare l'Europa nello spazio commerciale più produttivo del mondo, rendendola la società più ecologicamente sostenibile del pianeta Terra. Questo piano ha un nome: Digital Europe. La visione dell'Ue di una economia verde e digitale adesso la stanno cominciando ad accogliere anche la Cina e altri Paesi del mondo in via di sviluppo.
La digitalizzazione del'Europa riguarda molto di più della banda larga universale, del Wi-Fi gratuito e di un flusso di big data. L'economia digitale rivoluzionerà ciascun settore commerciale, trasformando il funzionamento praticamente di ogni settore industriale, portando con sé nuove e inusitate opportunità economiche, restituendo un lavoro a milioni di persone, democratizzando la vita economica e creando una società più sostenibile a basse emissioni di carbonio per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. E, cosa altrettanto importante, questa inedita narrativa economica viene accompagnata da una nuova consapevolezza della biosfera, man mano che il genere umano comincia a percepire il pianeta Terra in quanto sua indivisibile comunità. Ciascuno di noi sta incominciando ad assumersi le proprie responsabilità di custode di quegli ecosistemi planetari che danno sostegno a tutta la vita.
Per capire l'enormità del mutamento economico in atto dobbiamo comprendere le forze tecnologiche che hanno dato origine ai nuovi sistemi economici nel corso della storia. Ciascun grande paradigma economico richiede tre elementi, ciascuno dei quali interagisce con l'altro per permettere al sistema di operare: nuove tecnologie della comunicazione per gestire l'attività produttiva in maniera più efficiente; nuove fonti energetiche per alimentare l'attività produttiva in maniera più efficiente; e nuovi mezzi di trasporto per tenere in movimento l'attività produttiva in maniera più efficiente.
Nel diciannovesimo secolo le macchine da stampa a vapore e il telegrafo, l'abbondanza di carbone e le locomotive che percorrevano le reti ferroviarie nazionali diedero inizio alla Prima Rivoluzione Industriale. Nel ventesimo secolo la rete elettrica centralizzata, il telefono, la radio e la televisione, il petrolio a basso costo e i veicoli a combustione interna che percorrevano le reti stradali nazionali, insieme posero le basi della Seconda Rivoluzione Industriale.
La digitalizzazione delle comunicazioni, dell'energia e dei trasporti accresce inoltre rischi e sfide, non ultima fra le quali quella di garantire la neutralità della rete, d'impedire la creazione di nuovi monopoli, di proteggere la privacy, di garantire la sicurezza dei dati e di sgominare cybercriminalità e cyberterrorismo. La Commissione europea ha già cominciato ad affrontare questi temi stabilendo il principio generale secondo il quale "privacy, tutela dei dati e sicurezza dell'informazione rappresentano dei requisiti complementari per i servizi dell'Internet delle Cose".
In quest'ampliata economia digitale, le imprese private connesse all'Internet delle Cose saranno in grado di usare Big Data e analytics per sviluppare algoritmi in grado di accelerare l'efficienza, accrescere la produttività e ridurre drasticamente i costi marginali di produzione e distribuzione di beni e servizi, rendendo le imprese europee maggiormente competitive all'interno di un mercato globale post-carbonio. (Il costo marginale è quello della produzione di un'unità in più di un bene o di un servizio, una volta assorbiti i costi fissi).
Il costo marginale di alcuni beni e servizi all'interno della Digital Europe si approssimerà perfino allo zero, permettendo a milioni di prosumatori connessi all'Internet delle Cose di produrre e barattare l'un con l'altro quasi gratuitamente all'interno di una crescente economia della condivisione. C'è già una generazione digitale che produce e condivide musica, video, blog di notizie, social media, e-book gratuiti, grandi corsi universitari aperti online e altri beni virtuali con un costo marginale vicino allo zero. Il fenomeno del costo marginale prossimo allo zero ha messo in ginocchio l'industria discografica, ha scosso l'industria televisiva, ha fatto chiudere quotidiani e riviste, e azzoppato il mercato dell'editoria libraria.
E benché tante industrie tradizionali ne abbiano sofferto, il fenomeno del costo marginale zero ha altresì fatto nascere tante nuove imprese fra le quali Google, Facebook, Twitter, YouTube e migliaia di altre aziende su Internet, che hanno tratto profitto dalla creazione di nuove app e delle reti che permettono all'economia della condivisione di fiorire.
Gli economisti riconoscono la forza dell'impatto che il costo marginale prossimo allo zero ha avuto sulle industrie dell'informazione. Ma fino a poco tempo fa obiettavano che, quanto a produttività, le conquiste dell'economia digitale non avrebbero superato il firewall fra il mondo virtuale e l'economia "tangibile" dell'energia, e dei beni e servizi fisici. Oggi quel firewall è stato aggirato. L'evoluzione dell'Internet delle Cose permetterà alle imprese tradizionali così come a milioni di prosumatori di produrre e distribuire la propria energia rinnovabile, di guidare veicoli elettrici e a celle di combustibile senza conducente grazie a servizi automatizzati di car-sharing, di realizzare una quantità sempre crescente di prodotti fisici stampati in 3D, e altri beni a un costo marginale molto basso nell'economia di scambio, o a un costo marginale prossimo allo zero nell'Economia della Condivisione, così come fanno già oggi coi prodotti del mondo dell'informazione.
Jeremy Rifkin è l'autore di "La società a costo marginale zero. L'internet delle cose, l'ascesa del 'commons' collaborativo e l'eclissi del capitalismo". Rifinii è consigliere dell'Unione europea e di capi di stato internazionali, nonché presidente della Foundation on Economic Trends di Washington. Per ulteriori informazioni, visitate il sito The Zero Marginal Cost Society.
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su The World Post ed è poi stato tradotto dall'inglese da Stefano Pitrelli.
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