Malgrado che – con qualche
sorpresa non solo dei commentatori internazionali, ma persino degli
stessi protagonisti diretti – le sinistre in Portogallo fossero
riuscite a trovare un accordo per potere governare il paese, potendo
contare su un ruolo e un comportamento dei socialisti in controtendenza
rispetto a quelli della socialdemocrazia europea. Malgrado che nel
parlamento eletto lo scorso 4 ottobre i conservatori abbiano 107 seggi,
mentre i socialisti 86, i comunisti 17 e il Bloco de Esquerda – la
formazione di sinistra vicina alla Syriza di Tsipras – 19. Malgrado che
quindi la maggioranza parlamentare, che è di 116 seggi, appartenga a
queste tre ultime formazioni politiche, potendo esse contare su 122
voti. Malgrado che pochi giorni fa il Parlamento portoghese abbia
eletto, come proprio Presidente, Eduardo Ferro Rodrigues con 120 voti
provenienti dai partiti della sinistra. Malgrado tutto ciò, il
Presidente del Portogallo ha incaricato il leader conservatore Passos
Coelho, uscito pesantemente ridimensionato dalla prova elettorale, di
formare un governo che inevitabilmente sarà di minoranza.
Ancora più sconcertanti, se
possibile, sono le motivazioni della scelta presidenziale. Il capo dello
Stato portoghese ha infatti dichiarato che “In 40 anni di democrazia,
nessun governo in Portogallo è mai dipeso dall’appoggio di forze
politiche antieuropeiste…che chiedono di abrogare il Trattato di
Lisbona, il Fiscal Compact, il Patto di Crescita e di Stabilità…che
vogliono portare il Portogallo fuori dall’Euro … e dalla Nato” e che
quindi sarebbe suo preciso dovere e rientrerebbe nei suoi poteri
costituzionali “fare di tutto ciò che è possibile per prevenire l’invio
di falsi segnali alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai
mercati”.
Il programma di governo delle
sinistre portoghesi non è affatto antieuropeista, è per cambiare
l’Europa in senso sociale e democratico. Vuole evitare che il paese sia
nuovamente sottoposto ad un altro memorandum di politiche economiche
recessive e di impoverimento sociale. Già cinque sono stati quelli
comminati dalla Ue al paese lusitano e il partito di Passos Coelho ha
perso la maggioranza assoluta proprio perché ne rivendicava la bontà,
cosa che evidentemente non è piaciuta affatto all’elettorato
portoghese. Comunque a un capo dello stato compete solo la tutela della
Costituzione del proprio paese e non certo di sindacare l’indirizzo
politico delle forze che vincono le elezioni.
Ciò che quindi risulta
sconvolgente da queste dichiarazioni presidenziali è la palese
ammissione di una totale sottomissione alla logica dei mercati
finanziari, veri dominus della situazione europea e
internazionale, capaci in quanto tali di prevalere su qualsiasi
indicazione democratica espressa dalla volontà popolare. Si dirà, e
giustamente, che questo era già accaduto, in particolare in Grecia, ma
in questo caso repetita non iuvant , anzi dimostrano il
carattere a-democratico della costruzione europea e la violenza della
reazione appena forze di sinistra conquistano il consenso popolare. Il
sostanziale silenzio dei mass media chiude il cerchio, mostrando a quale
infimo livello è giunta la sensibilità democratica dei grandi organi di
informazione in particolare nel nostro paese.
Ma la partita è tutt’altro che chiusa. Sia in Portogallo che in Europa.
I partiti di sinistra hanno già annunciato di non volere concedere la
fiducia, che dovrà essere votata entro il 9 novembre. Se, come i numeri
sulla carta ci dicono, il nuovo esecutivo non dovesse ricevere l’avvallo
del parlamento, il presidente dovrebbe scegliere se confermare Passos
Coelho fino allo scioglimento dell’assemblea o incaricare il leader del
Ps ed ex sindaco di Lisbona António Costa, che tra i partiti delle
sinistre è il maggiore. Si deve altresì tenere conto che non è possibile
sciogliere il Parlamento e convocare elezioni anticipate prima di
gennaio, perché il Portogallo è entrato nel semestre bianco che precede
l’elezione di un nuovo presidente della repubblica.
E allora, che senso potrebbe
avere la scelta del capo dello Stato portoghese? Solo quello di
affidarsi alla speranza che si provochi un ripensamento, ovvero una
spaccatura all’interno del partito socialista portoghese, considerato
come l’anello più debole del patto stretto tra le sinistre. Per ora non
sembra. Anzi l’effetto dell’atto presidenziale è stato piuttosto quello
di compattare il partito. Sarà decisivo nei prossimi giorni vedere quale
sarà il comportamento degli altri partiti socialisti e
socialdemocratici a livello europeo. Finora la reazione più
significativa è venuta dal Partito socialista francese, il cui
segretario, Jean Christophe Cambadelis, ha dichiarato in una nota di
sostenere “l’alternativa rappresentata dai socialisti e dalla coalizione
di sinistra”. Se i pronunciamenti di questo tipo aumenteranno e se si
svilupperà una pressione democratica popolare a livello europeo, il
governo di minoranza della Troika avrà vita effimera. E sarebbe un
segnale importante anche per le prossime e vicine elezioni spagnole,
oltre che per l’Europa nel suo complesso.
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