venerdì 30 ottobre 2015

Appalti Anas: mazzette, dalla culla alla tomba.

Non ci sono episodi di grande corruzione nell’inchiesta sulle tangenti Anas. Ma sono tutte le fasi della gestione di un appalto a rappresentare altrettanti capitoli dove la decisione amministrativa può essere addomesticata in cambio di favori. Struttura di autorità e ruolo marginale dei politici.

*di Michele Polo e Alberto Vannucci Watchdog della politica economica italiana
L’Anas e la piccola corruzione quotidiana.
Risultati immagini per anasCiliegie, ciliegie smozzicate, antinfiammatori, topolini, Lorazepam. Va sicuramente riconosciuta alla Dama Nera dell’inchiesta Anas, al secolo Antonella Accroglianò, una notevole fantasia linguistica, degna del miglior Bartezzaghi, nel trovare termini con cui riferirsi alle mazzette. Terminato il breve omaggio, tuttavia, il personaggio restituisce i caratteri squallidi del mondo della corruzione nelle sue declinazioni minori. Perché quello che l’inchiesta romana ha svelato riguarda il lavoro di finitura che accompagna l’esecuzione degli appalti successiva alla aggiudicazione, dove il piatto forte delle mazzette veniva servito. Degli appalti dell’Anas, come del maiale, non si butta via niente.
Nell’esecuzione di un appalto può sorgere un contenzioso coi lunghi tempi della giustizia amministrativa? Il circolo dei corrotti rispondeva, vero esempio di fuoco amico, offrendo alle imprese un pacchetto completo di servizi di tutela, tramite sblocco dei contenziosi e velocizzazione dei pagamenti. O, ancora, gli accordi tra le imprese assegnatarie richiedevano in corso d’esecuzione la cessione di un ramo di azienda a cui erano assegnati i lavori? Bene, il nulla osta dell’Anas ha un prezzo, o meglio una ciliegia. E non sorprende che la regia del gruppo di corrotti potesse indicare quali imprese coinvolgere nella fase dei subappalti, nella fornitura del calcestruzzo o nel movimento terra, imprese che, per non smentire una costante delle cronache di corruzione, vantavano ambigue parentele con le ‘ndrine calabresi.

Ma a ben vedere queste nuove rivelazioni non sorprendono, poiché la corruzione nasce là dove esiste uno spazio di discrezionalità e opacità della decisione pubblica, che si traduce in informazioni confidenziali e scelte arbitrarie vendute al miglior offerente. Eravamo sinora abituati ai fatti di grande corruzione, dove è l’assegnazione dell’appalto, la manipolazione della gara, il palcoscenico sul quale i personaggi e le pratiche corruttive andavano in scena. Ma, a ben vedere, gli spazi di opaca discrezionalità non terminano con la fase dell’assegnazione, poiché la realizzazione del progetto offre ancora una lunga serie di passaggi in cui la compiacenza dell’amministratore agli interessi dell’impresa assegnataria può offrire ulteriori occasioni di illecito profitto. Tutte le fasi relative alla gestione dell’appalto rappresentano altrettanti capitoli dove la decisione amministrativa può essere addomesticata in cambio di favori. Corruzione a bassa tensione, si potrebbe dire, capace di seguire un’opera pubblica dalla culla alla tomba.
Una rete gestita in proprio
Altri due elementi vanno sottolineati in queste cronache di ordinaria corruzione. Colpisce che i politici siano presenti nelle inchieste dell’Anas, ma in una posizione defilata. Gli interlocutori politici appaiono utili come sponda, ma restano tutto sommato ai margini di questo piccolo e coeso “sistema di autogoverno” della corruzione. La Dama Nera, nei rapporti con i politici, cerca soprattutto connivenza e disponibilità a restituire i favori ottenuti, delegando a loro le proprie aspirazioni a diventare responsabile dell’ufficio gare – vero “cuore pulsante” di qualsiasi potenziale sistema corruttivo.
In secondo luogo, dalle intercettazioni emerge come la preoccupazione dominante dei protagonisti della rete di scambi occulti non sia di essere colti con le mani nel sacco dai magistrati, ma truffati dai propri partner in affari. Spiati dalle videocamere degli inquirenti i funzionari ricontano ossessivamente le bustarelle calcolando la corrispondenza di quote e percentuali, lamentandosi delle “ciliegie smozzicate” – le tangenti impropriamente rateizzate – che complicano i calcoli, moltiplicano i rischi e possono pregiudicare il rispetto di quanto pattuito. Per disciplinare queste transazioni sottobanco occorre il riconoscimento informale di una comune struttura di autorità da parte dei molteplici partecipanti all’illecito. È la Dama Nera, collocata dai magistrati al vertice della struttura criminale, che facendosi forte del suo ruolo istituzionale provvede a controllare i flussi, smistare i proventi e strigliare gli imprenditori recalcitranti.
Qui, dunque, il “governo” delle relazioni inquinate non è delegato a un’organizzazione criminale ad hoc come nel caso di “mafia capitale” né a un dominus politico, e tende a sovrapporsi alla gerarchia e ai poteri sanciti dai ruoli pubblici ricoperti. Solo chi sta ai patti e si assoggetta al vincolo di omertà potrà rimanere nel circuito della corruzione sistemica, che nell’auspicio della dirigente permetterà a tutti quanti di ottenere nel tempo sempre più vantaggi e profitti, senza finire “azzoppati” come i “battitori liberi”: “Speriamo di tenerci forte come abbiamo fatto fino ad adesso e di fare un saltino in avanti per poterci aiutare. Perché quello è lo scopo: chi cresce fa un salto in avanti e si porta gli altri dietro. Chi ha cercato di viaggiare da solo poi l’hanno azzoppato”.
*Michele Polo ha svolto i suoi studi presso l’Università Bocconi e la London School of Economics. E’ professore Ordinario di Economia Politica presso l’Università Bocconi. Ha trascorso periodi di ricerca a Lovanio, Barcellona, Londra e Tolosa. I suoi interessi di ricerca riguardano l’economia e la politica industriale, l’antitrust e la regolamentazione. Redattore de lavoce.info.
*Alberto Vannucci insegna Scienza Politica presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, dove dirige il Master in Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione, organizzato insieme a Libera e Avviso pubblico.

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