Tutte le stime
economiche relative alla crescita del PIL e dell’occupazione - FMI,
Eurostat, ISTAT -, ricordano che siamo un paese periferico. Dopo Grecia e
Cipro, siamo il paese che ha perso di più in termini di PIL pro-capite
dall’inizio della crisi: meno 10%, frutto delle politiche europee e,
peggio ancora, delle politiche stupide adottate dai governi. Al primo
posto c’è il Governo Monti in ragione della costituzionalizzazione del
pareggio di bilancio, al secondo c’è il Governo Renzi che ha intaccato
le fondamenta del diritto liberale. No appena è iniziata la terza guerra
mondiale contro la Grecia, Renzi e Padoan hanno ridimensionato
l’impatto economico di una eventuale implosione della Grecia. Hanno
sostenuto che (1) i compiti a casa sarebbero stati fatti e il mercato
apprezza le nostre riforme, (2) l’Europa ha tutti gli strumenti per
affrontare un rialzo dei tassi di interesse sul debito pubblico. Gli
istituti di ricerca sono meno convinti della retorica del governo e
segnalano che la crisi greca condizionerà i conti pubblici e la
crescita. Standard&Poor’s stima una crescita degli oneri sugli
interessi passivi pari a 11 mld tra il 2015-16, mentre l’ISTAT – 3
luglio - sottolinea che le informazioni che arrivano dai settori
produttivi sono al ancora al palo, che il mercato del lavoro non sembra
raccogliere gli stimoli del governo e, soprattutto, che si manifesta una
disillusione delle persone che cercano lavoro; c’è una riduzione
tendenziale dell'occupazione complessiva. Sette milioni di senza lavoro
sono un record che dovrebbe turbare il sonno di chiunque, ma per il
momento solo quello di uomini e donne che hanno rinunciato a cercarlo.
Inoltre, l’ISTAT ricorda che sul quadro macroeconomico pesa l’incognita
relativa agli sviluppi della crisi greca, compromettendo l’indice
composito anticipatore dell’economia che ha evidenziato in aprile una
significativa decelerazione. Il clima di fiducia dei consumatori
(europei) ha evidenziato una stabilizzazione a partire dal mese di
giugno, in coincidenza con la stupidità delle istituzioni europee. Nel
report dell’ISTAT si parla proprio di “deterioramento delle attese
sull’andamento futuro dell’economia e sulla capacità di risparmio … e
che il sentimento delle imprese è peggiorato a causa delle attese su
produzione e livello corrente degli ordinativi”. Quindi le istituzioni
europee, assieme alla complicità di tutti i governi dell’area euro, per
non parlare del socialismo europeo che ha perso qualsiasi rifermento al
socialismo storico, stanno condizionando la crescita europea, sempre che
di crescita si potesse parlare. Ma nello scenario più o meno
apocalittico è scappata una informazione: il dollaro si sta apprezzando
sull’euro. Una buona notizia? Non è che le famiglie europee cominciano a
vendere euro contro dollari? Se questa è la vera motivazione della
svalutazione dell’euro, invece del Quantitative easing, vuol dire che
sono gli europei a non credere più all’Europa e si rifugiano, ancora una
volta, nella moneta di riferimento del commercio internazionale.
Se le informazioni di S&P, ISTAT e FMI, sono corrette, immaginate lo scenario di una implosione della crisi greca, oppure che vinca il si e, quindi, l’accettazione delle condizioni dell’eurogruppo. Le politiche europee perseguono i loro obbiettivi di pareggio di bilancio nell’idea che il mercato apprezza. I governi europei e italiano dovranno considerare ulteriori manovre correttive che si aggiungono a quelle in cantiere. Per l’Italia si tratta di 11 mld di euro di interessi passivi, a cui si aggiungono 4-5 mld di minori entrate relative alla contrazione del PIL. A quel punto cosa potrebbero dire Renzi e Padoan? Lo chiede l’Europa? Tutta colpa della Grecia. Al peggio non c’è mai fine, ma si può sempre prendere una pala e scavare.
Se le informazioni di S&P, ISTAT e FMI, sono corrette, immaginate lo scenario di una implosione della crisi greca, oppure che vinca il si e, quindi, l’accettazione delle condizioni dell’eurogruppo. Le politiche europee perseguono i loro obbiettivi di pareggio di bilancio nell’idea che il mercato apprezza. I governi europei e italiano dovranno considerare ulteriori manovre correttive che si aggiungono a quelle in cantiere. Per l’Italia si tratta di 11 mld di euro di interessi passivi, a cui si aggiungono 4-5 mld di minori entrate relative alla contrazione del PIL. A quel punto cosa potrebbero dire Renzi e Padoan? Lo chiede l’Europa? Tutta colpa della Grecia. Al peggio non c’è mai fine, ma si può sempre prendere una pala e scavare.
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