Dal rapporto stilato dal ministro della salute Beatrice Lorenzin, emerge che le irregolarità su quello che finisce nel piatto sono ancora troppe: mancanza di igene, cattivo stato di conservazione degli alimenti, contaminazioni e frodi.
L'Espresso Clemente PistilliNonostante l’Italia sia uno dei Paesi europei dove vengono compiuti maggiori controlli sulla filiera alimentare e dove si registrano meno infezioni dovute ai cibi, le irregolarità su quel che finisce nel piatto sono ancora troppe e soprattutto in aumento. Un trend preoccupante mentre, per i soliti fondi mai sufficienti, le ispezioni sono in costante diminuzione. Il risultato, come emerge da un rapporto stilato dal ministro della salute Beatrice Lorenzin, è che nel 2014 su 287.283 verifiche eseguite sono emersi problemi che vanno dall’igiene alla contaminazione degli alimenti in 50.720 attività, dunque nel 17,6% dei casi.
Un’impennata di illeciti che ha portato a 66.628 provvedimenti amministrativi e a 1.115 denunce presentate alle diverse Procure. Irregolarità riscontrate soprattutto nel settore della ristorazione (29,2%) e della produzione e confezionamento (20,8%).
Da sette anni diminuiscono i controlli e crescono i problemi, piaga confermata anche dalle analisi effettuate su 64.921 prodotti, 1.521 dei quali (2,3%) sono risultati contaminati. L’anno precedente la percentuale di referti preoccupanti sul fronte microbiologico e chimico si era invece fermata all’1,8%, nel 2012 all’1,4% e nel 2011 all’1,3%.
I recenti dati dell’Efsa e dell’Ecdc sulle malattie infettive che si trasmettono dall’animale all’uomo sono risultati confortanti per l’Italia rispetto alla media europea. Il monitoraggio compiuto sulle attività di vigilanza e controllo compiute lo scorso anno hanno però evidenziato che star meglio non equivale a star bene. I problemi maggiori sono così emersi con salmonella, listeria, escherichia coli e stafilococchi in prodotto a base di latte e nel pesce, quest’ultimo contaminato anche da istamina.
Contaminazioni sono inoltre state rilevate da micotossine e metalli pesanti, senza contare i residui di fitofarmaci su frutta e verdura e gli allergeni di cui non si trova cenno sulle etichette dei prodotti. Nel dettaglio, le infrazioni per salmonella sono state 275 (15,1%) e quelle per listeria 359 (19,8%).
Soltanto i carabinieri del Nas hanno rilevato irregolarità nel 33% delle 37.529 attività commerciali controllate, elevato sanzioni per 15,3 milioni di euro, presentato tremila denunce penali, sequestrato 10.186.270 chili di cibi e chiuso 949 strutture. Contestazioni relative nel 29% dei casi ad alimenti in cattivo stato di conservazione e nel 23% a frodi.
Difficoltà, infine, sono spuntate fuori sui prodotti d’importazione, dove però le verifiche sono state possibili soltanto sul 7% della merce che entra in Italia. Le irregolarità sono state 209 tra aflatossine nella frutta secca, antiparassitari nel riso, nei carciofi, nelle fragole e nei ceci, salmonella nei semi di sesamo e parassiti nei datteri.
E ancora: escherichia coli nella carne bovina proveniente dall’Argentina e dal Brasile, salmonella nella carne macinata sempre brasiliana, istamina nel pesce tunisino, virus dell’epatite A nella vongole, cadmio nei cefalopodi di provenienza indiana, mercurio nel pesce spada dell’Egitto e delle Seychelles e persino percentuali troppo elevate di radiazioni. I Paesi che con maggiore frequenza si sono visti rispedire indietro i propri prodotti sono stati la Turchia (24 casi), l’Egitto (23), gli Usa (22), l’India (21) e il Bangladesh (11).
Abbastanza per confermare l’esigenza di maggiori controlli a tutela dei consumatori, quelli per cui lo stesso ministro Lorenzin, nella relazione presentata alla Camera, ha definito “auspicabili nuove risorse”.
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