In 70 anni mai un caso simile: in una settimana raccolte in media 40 tonnellate da buttare al giorno. Gli esemplari smaltiti nell'inceneritore di Livorno. Il Corpo forestale: "Intero habitat è compromesso".
La laguna s’è ammalata. E milioni di pesci muoiono per asfissia. La corrente li spinge sul versante di Orbetello dove da giorni, per evitare problemi igienici e sanitari alla popolazione, sono raccolti e portati a Livorno per “smaltirli” nell’inceneritore. È stata l’alta temperatura di questi giorni, il surriscaldamento dell’acqua e il conseguente abbassamento del livello di ossigeno, a provocare questa strage tuttora in corso: da una settimana si raccolgono in media 40 tonnellate di pesce al giorno.Pesci sani, secondo le rilevazioni che fino a oggi non hanno segnalato, nell’acqua della laguna, alcuna significativa alterazione della composizione chimica e batteriologica. E non c’è nulla da fare: “La situazione – spiega Alessandra Baldassarri del Corpo forestale – non sembra risolvibile con supporti di alcun tipo: è l’intero habitat che in questo momento risulta compromesso”. Un intero habitat in agonia e, per il momento, senza alcuna cura disponibile. Parliamo di 27 chilometri quadrati, una distesa d’acqua che raramente supera i due metri di profondità, dove si allevano spigole, orate, anguille. Al disastro ambientale si aggiunge quello economico, con centinaia di pescatori che allevano il pesce, per rivenderlo sia sui mercati italiani sia su quelli esteri.Secondo le stime dell’Arpa Toscana è da almeno 70 anni che non si verificava una simile tragedia nella laguna di Orbetello. Il corpo forestale sta indagando sulle cause ma, al momento, sembra che l’unico colpevole di questa strage sia il caldo eccessivo. L’acqua ha raggiunto e in alcuni casi addirittura superato la temperatura di 35 gradi.
Livelli forse sopportabili per animali tropicali ma fatali per qualunque pesce di questa laguna. “La mancanza di ossigeno nell’acqua che ha causato la morte degli animali è dovuta certamente al gran caldo di questi giorni ma la Forestale – spiega il Corpo – sta indagando anche per accertare eventuali responsabilità di chi potrebbe non aver adottato le necessarie misure preventive. Sono esclusi al momento problemi legati alla salubrità per la popolazione per il consumo alimentare del pesce in commercio e per le frequentazioni delle spiagge limitrofe alla laguna”.
I danni per l’economia, per i pescatori e gli allevamenti, sono stimati – fino a oggi – in almeno 15 milioni di euro. E il comune di Orbetello ha chiesto l’intervento del Governo, per la precisione del Ministero dell’Economia, che con l’Agenzia del Demanio è proprietario dell’intera laguna. “Chiediamo al ministero – dice il sindaco Monica Paffetti – di farsi carico di tutte le necessarie attività per impedire ulteriori eventi calamitosi e mitigare gli effetti di quelli già realizzatisi”. Il sindaco chiede al governo di assumersi la responsabilità di intervenire proprio in quanto proprietario: “Il proprietario ha l’obbligo di mantenere il proprio bene eseguendo i lavori necessari per evitare che il proprio bene possa arrecare danni a terzi: In questi giorni si sta assistendo ad un problema di dimensioni e gravità ben superiori all’ordinaria (e già particolarmente gravosa) gestione del sistema lagunare”.
E infatti, oltre il corpo forestale – il comando provinciale ha messo a disposizione 15 unità operative e l’area protetta per tutti i mezzi necessari – per la raccolta, la rimozione e lo smaltimento dei pesci è intervenuta la Protezione Civile. Ieri è intervenuto il ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti che per il momento ha solo chiesto alla Regione e all’Arpa una relazione “sullo stato della situazione e un approfondimento sulle possibili cause e sulle azioni intraprese”.
Al dramma ambientale, però, si aggiunge quello economico e occupazionale. Il presidente dei pescatori, Pier Luigi Piro, ha già stimato la perdita intorno ai 15-20 milioni di euro. E annuncia che il danno si protrarrà per anni: “Sono morti anche migliaia di avanotti, che mancheranno alla pesca nel prossimo anno e mezzo, ora dobbiamo salvare quel poco che è rimasto. Siamo soli, in balia di tutto, se nessuno ci aiuta almeno 100 addetti rischiano il posto”.
di Antonio Massari
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