di Donatella Della Porta
Diversa è soprattutto la forma di
transnazionalizzazione della protesta, simile l’attenzione alla
costruzione di un’altra democrazia. Per quanto riguarda la costruzione
di un movimento transnazionale, entrambe le ondate di protesta parlano
un linguaggio cosmopolita, rivendicando diritti globali e criticando il
capitale finanziario globale.
In entrambi i casi, in Europa i
movimenti hanno sviluppato una sorta di europeismo critico, opponendosi
all’Europa dei mercati (e oggi, di banche e finanza) e impegnandosi a
costruire una Europa dal basso (oggi, “con l’Europa che si ribella”).
Mentre il movimento per una giustizia globale si è però mosso dal
transnazionale al locale, coagulandosi nel Forum sociale mondiale e nei
controvertici, e organizzandosi poi nei forum continentali e nelle lotte
locali, la nuova ondata di protesta sta muovendosi verso un percorso
opposto, dal locale al globale.
Seguendo la storia, la geografia e
l’economia della crisi – che ha colpito aree diverse in momenti diversi,
con diversa intensità, ma anche con caratteristiche differenti (debito
pubblico o private, indebitamento con banche nazionali o internazionali)
i movimenti anti-austerity hanno dei più evidenti percorsi nazionali.
Innanzitutto, tra la fine del 2008 e l’inizio dell’anno successive, in
Islanda – primo paese europeo colpito dalla crisi – cittadini
autoconvocati hanno reagito al crollo provocato dal fallimento delle tre
principali banche del paese, denunciando le responsabilità delle otto
famiglie che dominavano politica ed economia (significamente definite
come parte di un octopus tentacolare), e imposto un referendum che si è
concluso stabilendo una rinegoziazione del debito.
Proteste nelle forme
più tradizionali dello sciopero generale e delle manifestazioni
sindacali hanno accompagnato la crisi irlandese, opponendosi ai tagli
nelle politiche sociali. Nel marzo del 2011, in Portogallo, una
manifestazione organizzata via Facebook ha portato in piazza 200.000
giovani. In Spagna, un paese rapidamente caduto dalla ottava alla
ventesima posizione in termini di sviluppo economico, la protesta degli
Indignados si è diffusa da Madrid in tutto il paese, conquistando
visibilità globale. Mentre il numero degli attivisti accampati a Puerta
del Sol a Madrid cresceva da 40 il 15 maggio del 2011 a 30.000 il 20
maggio, centinaia di migliaia occupavano le piazza centrali di centinaia
di città e paesi. La protesta del 15 maggio ha poi ispirato simili
mobilitazioni in Grecia, il paese più colpito da drammatiche politiche
di austerity, che hanno aggravato le condizioni economiche del paese,
facendo crescere esponenzialmente il numero dei cittadini al di sotto
della soglia di povertà. In Italia, dove il governo di Mario Monti
(governo di grande coalizione, sostenuto da una maggioranza parlamentare
PDL-PD-UDC) ha imposto politiche ultra-liberiste, la protesta sta
crescendo dal basso, a livello locale, ma anche con momenti di
aggregazione nazionale.
Ci sono stati certamente numerosi esempi
di diffusione cross-nazionale di forme d’azione e schemi interpretative
della crisi. Dall’Islanda, simboli e slogans hanno viaggiato verso il
Sud Europa, diffondendosi attraverso canali indiretti, mediatici
(soprattutto attraverso le nuove tecnologie), ma anche diretti, fatti di
contatti tra attivisti di diversi paesi, per natura geograficamente
mobili. Il 15 ottobre 2011, una giornata mondiale di lotta, lanciata
dagli Indignados spagnoli, ha visto eventi di protesta in 951 città di
82 paesi. Nel 2012, mentre le proteste sindacali e gli scioperi si
susseguono intensi in tutto il Sud Europa, i sindacati spagnoli, greci e
portoghesi hanno chiamato ad una giornata di lotta europea contro le
politiche di austerità, oltre che a scioperi generali in tutti e tre i
paesi per il 14 novembre. Dopo forti tentennamenti, anche la CGIL ha
proclamato uno sciopero generale di quattro ore.
Il grado di coordinamento transnazionale
della protesta è comunque certamente ancora minore che per il movimento
per una giustizia globale, per il quale i forum mondiali e i
controvertici hanno rappresentato fonti di ispirazione per identità
cosmopolite e occasioni importantissime di costruzione di reticoli
transnazionali. Sondaggi fra i cittadini mobilitati nelle proteste
anti-austerity in Europa hanno inoltre indicato una crescente attenzione
alla dimensione politica nazionale, seppure non disgiunta da quella
alla politica europea e mondiale. Le forme di comunicazione
transnazionale di questi movimenti sono emerse, se non più deboli,
certamente diverse rispetto a quelle dei movimenti di inizio millennio.
La dispersione sociale prodotta dalle politiche di austerity ha portato
anche ad una maggiore rilevanza delle forme di comunicazione più
individuali favorite dal Web 2.0, rispetto a quelle dei network
organizzati della precedente ondata.
Nonostante questa (importante)
differenza, ci sono comunque molte continuità rispetto alla precedente
ondata di protesta: una delle più importanti è l’attenzione alla
degenerazione della democrazia liberale in democrazia neoliberista (“La
chiamano democrazia, ma non lo è”, recitano i cartelli degli indignados
spagnoli), insieme però alla volontà di costruire una democrazia
diversa: dal basso, partecipata e deliberativa. Le critiche sono, allora
come ora, alla corruzione di parlamenti e governi, accusati di avere
provocato la crisi, non solo per adesione ideologica alle dottrine
economiche neoliberiste ma anche per diffuse connivenze
politico-affaristiche in un coacervo di interessi forti (dell’1% contro
il 99%). Anche dal movimento per una giustizia globale viene ai
movimenti di oggi l’attenzione alla privazione di diritti di
cittadinanza provocata dalla sempre maggiore delega di decisioni ad
organizzazioni internazionali, che sfuggono strumenti di controllo –
privazione aggravata oggi dal moltiplicarsi di trojke totalmente prive
di legittimazione democratica. Allora come ora, inoltre, i movimenti
rivendicano il loro ruolo nello sperimentare nuove forme di democrazia,
basate su una ampia partecipazione dei cittadini non solo nel momento
della decisione, ma anche nella elaborazione di idee, identità,
soluzioni ai problemi. In questo, i movimenti di oggi rappresentano anzi
una sorta di radicalizzazione della idea di partecipazione e
deliberazione estesa a tutti. Nelle acampadas si realizza infatti una
continua sperimentazione di quello che gli attivisti di inizio millennio
chiamavano il “metodo” del social forum, che vuole facilitare il
consenso attraverso la costruzione di una molteplicità di sfere
pubbliche, plurali e orizzontali. È attraverso queste pratiche
democratiche che, anche oggi, movimenti transnazionali possono crescere
dal basso.
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