Malgrado Monti, con la vecchia ricetta di tasse e rigore, il debito pubblico è aumentato (duemila miliardi di euro), e gli ottanta miliardi di interessi che paghiamo ogni anno a banche e privati impediscono qualsiasi intervento della mano pubblica su economia, ricerca, opere pubbliche, conducendoci a recessione, declino, fallimento.
Sinceramente non capisco su quali basi i politici e il governo “tecnico” parlino di sviluppo e uscita dalla crisi, senza peraltro uscire dal generico e dallo speranzoso, mentre è chiaro che nessuno sa che pesci prendere, a fronte di una economia globalizzata che promette di premiare ulteriormente paesi come Cina e India che pensano nei prossimi 10 anni di raddoppiare la propria capacità produttiva, che stanno formando un altissimo numero di matematici, ingegneri, ricercatori, capaci già oggi di offrire sul mercato a 64 dollari un tablet di buona qualità che presto sostituirà i libri nelle loro scuole e Università e sarà offerto a 20 dollari agli studenti.
La globalizzazione e la libera circolazione di capitali ci hanno regalato anche la scomparsa dall’Italia di migliaia di imprese che hanno delocalizzato verso paesi dove si pagano meno tasse e la manodopera è a basso costo, cancellando centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Se ci ostiniamo a restare in questa dimensione economica globalizzata, saremo stritolati e il nostro declino è sicuro, semplicemente perché la partita è già stata vinta da chi possiede multinazionali che comprano tutto, da chi ha grandi istituzioni finanziarie, chi ha centinaia di milioni di lavoratori a basso costo, da chi possiede fondi sovrani che investono in mezzo mondo. L’Italia non ha nulla di tutto questo e continuiamo a subire una immigrazione che fa pensare ad una prossima guerra tra poveri.
Abbiamo bisogno di un governo che la finisca di dire balle alla gente, dica chiaramente in che situazione siamo e le scelte per uscirne.
Anzitutto bisogna pensare a tagliare la spesa pubblica, non certo i servizi ai cittadini, ma abolire le province (tutte), il finanziamento ai partiti e all’editoria, abolizione del Senato, riduzione dello stipendio dei parlamentari a 5.000 euro, abolizione del vitalizio, riduzione drastica delle spese militari e ritiro da tutte le missioni internazionali, abolizione dell’8 per mille alla Chiesa e del finanziamento alle scuole private, il commissariamento di tutti quei Comuni che sforano il pareggio di bilancio, per non trovarsi più in situazioni come quella di Parma con un miliardo di euro di deficit, che rende impossibile il governo della città, abolizione di tutte le convenzioni tra Sanità pubblica e strutture ospedaliere private, che succhiano nel malaffare ingenti somme di denaro pubblico.
Ma i tagli non bastano, bisogna ristrutturare l’economia, partendo da due settori fondamentali per la sopravvivenza: l’autonomia energetica e quella alimentare, con una nuova politica per la gestione dei rifiuti, la valorizzazione di tutto il nostro patrimonio artistico e ambientale per incrementare il turismo.
L’autonomia energetica con le rinnovabili in Italia sarebbe una rivoluzione industriale (finanziata dai tagli sulla spesa pubblica) in cui coinvolgere ricerca, produzione, installazione, tutto made in Italy, non già per fare mega centrali, ma per creare l’autonomia energetica, a partire da tutte le realtà produttive che in Italia sono per la maggioranza medie o piccole, e che nel breve e medio periodo potrebbero avvantaggiarsi di un costo energetico nettamente inferiore, e con la microgenerazione fotovoltaica diffusa su tutto il territorio, con il minieolico al posto degli enormi pali incompatibili con bellezza e armonia del paesaggio.
Dunque piccolo modo di produrre energia, senza trust nè monopoli, per aiutare l’economia reale ad essere indipendente energeticamente e dare una grandiosa mano al risanamento ambientale. Nessun partito politico, se si eccettua qualcosa del M5S, ha questa strategia energetica, indipendente dal “mercato” e dal petrogas, che significherebbe occupazione e futuro, e la certezza di essere sulla strada giusta.
Altra operazione necessaria per uscire dal liberismo globale e creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, è l’autonomia alimentare, il che significa ripensare una agricoltura in grado di soddisfare sul territorio tutti i bisogni alimentari, possibilmente biologica e in piccole unità produttive, facilitando al massimo il trasferimento dei giovani in campagna con adeguati finanziamenti.
Per ciò che riguarda la gestione dei rifiuti, è necessaria una legge nazionale che dichiari fuori legge inceneritori e discariche, e imponga il riciclo di tutti i rifiuti, gestito dai Comuni grandi e da piccoli Comuni in consorzio, separandoli nella raccolta differenziata e riciclandoli in modo industriale con strutture visibili sul territorio, controllabili dai cittadini, che devono essere coinvolti in una grande operazione di collaborazione e trasparenza per la propria salute e il decoro urbano.
Molto denaro andrebbe investito, invece che nella follia dell’acquisto di bombardieri, ponte sullo Stretto, o TAV, nella tutela del nostro patrimonio artistico e ambientale, tenendo conto che l’80% del nostro territorio è a rischio idrogeologico, e che questa trascuratezza ci porta ogni anno miliardi di euro di danni e numerosi lutti.
La ripresa può avvenire solo se sceglieremo questa strada alternativa alla globalizzazione che ci ha condannati al declino, e bisogna cominciare subito, prima che la nostra economia peggiori ulteriormente, con l’acquisto, da parte delle multinazionali e dei fondi sovrani, degli ultimi pezzi pregiati, con l’ulteriore fuga dei nostri migliori cervelli che qui non trovano strutture di ricerca né occupazione.
Nessun commento:
Posta un commento