lunedì 26 novembre 2012

Evviva la crisi: ora la finanza-ombra sfiora il Pil mondiale

shadow banking
Il meccanismo è noto: mille debitori contraggono un mutuo a basso rischio, altri mille ne sottoscrivono uno a rischio medio, altrettanti stipulano un prestito subprime. I crediti degli istituti vengono scorporati e impacchetti per poi diventare la garanzia di migliaia di prodotti derivati, scambiati fuori dalle Borse attraverso i veicoli d’investimento ad hoc del sistema-ombra. La leva finanziaria, che si nutre di altri prestiti, moltiplica l’ammontare e la bolla va fuori controllo. Fino a scoppiare, innescando la tempesta. Si chiama “shadow banking”, sistema bancario “ombra”, e ormai pesa quasi quanto l’intero Pil mondiale: 67.000 miliardi di dollari. Lo ha calcolato, nel suo ultimo rapporto, il Financial Stability Board di Basilea. Si tratta di un sistema complesso, che comprende l’insieme delle attività di intermediazione creditizia che non rientrano nel circuito tradizionale, e che per sua natura è implicitamente rischioso. Ma è anche e soprattutto un sistema in crescita, prima e dopo la crisi.
E’ stata la stessa crisi, scrive Matteo Cavallito sul “Fatto Quotidiano”, a nutrire questo sistema: e oggi, «complici gli interventi stessi di stabilizzazione bancaria», continua ad alimentarsene, dato che nello “shadow banking” rientra un po’ di tutto: i money market funds, i veicoli di investimento speciali e «tutta l’attività di cartolarizzazione che ha permesso al mercato dei derivati di crescere in modo abnorme nel corso degli anni». Non è un caso, aggiunge Cavallito, che nel 2002 il sistema-ombra valesse “appena” 26.000 miliardi di dollari, e che nel 2007 – all’alba della grande crisi – la cifra fosse già triplicata, salendo a 62 trilioni. «Ma l’aspetto più inquietante è in realtà un altro», osserva Cavallito: «Dopo il collasso della Lehman e il terremoto finanziario globale, il controvalore dell’intermediazione finanziaria esterna al sistema bancario ha continuato a crescere al ritmo di 1000 miliardi all’anno (metà del Pil italiano)».

Di fatto si tratta di un paradosso, o per meglio dire di un “paradossale effetto indesiderato” delle terapie post-crisi. A partire dal 2008, infatti, le autorità di Usa, Regno Unito ed Eurozona (l’Eba in particolare) hanno imposto allebanche maggiori accantonamenti di riserve per prevenire i fallimenti tecnici da scaricare sui contribuenti (le famose “too big to fail”). Solo che, così facendo, hanno esasperato la stretta creditizia imponendo a tutto il sistema la ricerca di nuove forme di finanziamento. Al di fuori dei canali tradizionali. «È attraverso questo genere di dinamiche – continua il giornalista del “Fatto” – che lo “shadow banking” si sviluppa e prospera con tutto il suo corollario di rischi», sia dal punto di vista dei prodotti trattati che sotto l’aspetto dei controlli, praticamente assenti. «Ne sanno qualcosa le autorità cinesi, che dopo l’apertura del sistema finanziario nazionale (la fine del monopolio della People’s Bank of China) nel 1984, hanno assistito allo sviluppo di un sistema-ombra, cresciuto proprio allo scopo di compensare Cina, businessle carenze di credito di un comparto che tendeva a favorire le grandi entità, tagliando fuori le attività delle piccole e medie imprese».
Per questo, spiega Cavallito, una miriade di costruttori e aspiranti proprietari di casa ha dovuto rivolgersi al credito informale. Così, megalopoli come Shanghai e Hong Kong hanno conosciuto le loro bolle immobiliari. E quando l’allarme è arrivato ai piani alti delle istituzioni, il governo ha imposto la svolta: limitando l’accesso al comparto-ombra ma abbassando anche i limiti delle riserve di capitale presso le banche (per favorire l’erogazione di credito dai circuiti tradizionali), fino a provocare, in questo modo, un’inversione di tendenza nel settore. «In Europa, come noto, le cose sono andate diversamente», puntualizza il “Fatto”. Nel 2005, ha ricordato “Bloomberg”, lo “shadow banking” statunitense compensava il 44% dell’ammontare totale del settore nel mondo. Oggi, invece, la quota americana è scesa al 35% grazie allo spostamento delle attività verso l’Europa. Nel 2011, secondo il “New York Times”, il sistema-ombra statunitense ammontava a 23 mila miliardi di dollari, più o meno la stessa quota di Eurolandia (22 trilioni), mentre nel Regno Unito l’ultimo controvalore accertato è pari a 9.000 miliardi.

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