sabato 24 novembre 2012

“Stava negoziando una tregua ed è stato assassinato”. L’accusa di Moni Ovadia al governo israeliano


Moni Ovadia non ha bisogno di presentazioni. Attore teatrale, scrittore, drammaturgo, cantante, trapiantato a Milano fin da bambino, Ovadia è nato in Bulgaria a Plovdiv da una famiglia di ascendenza ebraica sefardita. E’ il classico intellettuale ebreo di cultura cosmopolita, e, come tale, sempre fortemente critico della politica israeliana nei confronti della questione palestinese. E anche in questo caso non è da meno. “Israele – dice l’artista - ha assassinato con un omicidio mirato Ahmed Jabari proprio mentre questo stava negoziando una lunga tregua tra le varie fazioni presenti nella striscia di Gaza e lo Stato ebraico. Lo ha riportato il quotidiano Haaretz il 15 di novembre, scrivendo che a questa trattativa stava lavorando il pacifista israeliano Gershon Baskin, che aveva già contribuito a mediare tra Israele e Hamas nell'affare per liberare Gilad Shalit”.

Un omicidio contro la pace organizzato da Israele potremmo dire…Piuttosto che Israele diciamo il governo Netanyahu. Io, voglio precisare, non parlo mai di paesi, di Stati o di popoli, ma appunto di governi. E già per questo ho ricevuto attacchi e accuse di antisemitismo dopo che sono intervenuto nel blog di Grillo. Non capisco come si possa accusare di antisemitismo chi critica un governo ma tant’è. Tornando al premier israeliano, la pace bisogna farla come dice lui e basta. E non si capisce quale concezione di pace abbia. Con Abu Mazen non negozia. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese aveva chiesto l’ingresso della Palestina come osservatore dell’Onu e sembrava quasi avesse messo una bomba sotto il Parlamento israeliano. E poi non vuole che vengano poste delle condizioni. Ma il negoziato è porre condizioni, altrimenti che negoziato è.   


E’ successo lo stesso quando la Palestina è stata accettata nell’Unesco…Siamo al delirio, e questo vale anche per Barak Obama che ritirò i finanziamenti.

A proposito di Obama. Gli Stati Uniti, a parte questo intervento per fermare l’invasione di Gaza, sono immobili di fronte ad Israele. Per non parlare dell’Europa.Ciascuno va chiamato di fronte le sue responsabilità. Quando è stato eletto la prima volta ha detto, “voi avrete lo Stato palestinese”. E invece non è successo niente. Obama non solo non è riuscito ad ottenere la pace, cosa indubbiamente difficile, ma non è riuscito neanche a far fermare la costruzione di un cesso illegale. E mi riferisco ovviamente alle colonie. La verità è che la destra israeliana, quella di Netanyahu e di Sharon, non vuole lo Stato palestinese ai confini di Israele. E dunque non si capisce neanche che cosa vogliano effettivamente.

A questo punto possiamo dire che anche gli Stati Uniti non vogliono lo Stato palestinese. Gli Stati Uniti magari lo vorrebbero ma per loro negoziare significa essere appiattiti sulle posizioni del governo israeliano in carica. Se domani Netanyahu prendesse una botta in testa e dicesse, “mi va bene lo Stato palestinese entro i confini del ‘67”, gli Usa sarebbero contentissimi. Di fatto però non fanno nulla, né loro né gli europei.

Poi c’è il problema della mancata unità palestinese…Io non ho la verità in testa ma dico una cosa. Allora Sharon fu molto abile. Quando si è ritirato da Gaza lo ha fatto unilateralmente e non ha negoziato con l’Olp. Ha isolato Abu Mazen dandola vinta ad Hamas. Facendo così vincere le elezioni al partito islamico. E lo stesso è avvenuto adesso. Hamas dice infatti, “noi con un po’ di missili li abbiamo obbligati a trattare” mentre ancora una volta l’Anp è in un angolo.

Del resto per il premier israeliano legittimare l’Anp non significherebbe fare una scelta ben precisa? Certo. E voglio ricordare, per rafforzare questo ragionamento, che Hamas è riuscita ad ottenere, attraverso la liberazione del caporale Gilad Shalit, la libertà per mille prigionieri palestinesi. E ora appunto la tregua attraverso la mediazione egiziana e statunitense.

Per aggiungere un altro elemento, bisogna dire che il governo israeliano non sembra essersi reso conto che la situazione all’interno del mondo arabo è cambiata. Sì, è così. La sua infatti è una politica miope anche per questo. Dieci ministri degli esteri di altrettanti paesi arabi sono andati ad incontrare i capi di Hamas, esprimendo loro solidarietà. Non solo. Netanyahu è riuscito ad alienarsi l’alleanza con la Turchia. Quindi la sua politica non solo crea sofferenza al popolo palestinese ma è anche responsabile di una linea suicida per il futuro di Israele e dei suoi cittadini.

Purtroppo però rischia di essere riconfermato alle prossime elezioni. Vediamo. Forse qualcuno in Israele potrà pensare alla possibilità di un’alternativa. Non dico votare il Meretz, il partito di sinistra pacifista, ma almeno pensare ad una come Tzipi Livni, ex ministro degli Esteri, del partito centrista Kadima. Non è certo una pacifista ma è una donna pragmatica. Potrebbe cominciare a fermare l’espansione degli insediamenti. Poi potrebbe cominciare le trattative con Abu Mazen, il quale se consegue una vittoria diplomatica potrà portare Hamas alla sconfitta.

I giorni scorsi nel condannare gli attacchi israeliani qualcuno ha parlato di genocidio. Parola che però non piace anche a chi critica la politica di Tel Aviv… Il genocidio è una cosa molto precisa. Usare questa iperbole è una cosa delirante ed ingiusta. Ma non solo: accusare in questo modo significa far pagare un prezzo ai palestinesi. Perché gli israeliani hanno facile gioco a dire, “come si può parlare di genocidio dei palestinesi quando ci sono un milione e duecentomila palestinesi cittadini dello Stato d’Israele?”. Si può parlare di crimini di guerra, di stragi di civili, ma di genocidio no. Io ritengo che questo linguaggio serva solo a nutrire l’indignazione di chi scrive queste parole. Ma a chi subisce l’oppressione israeliana non solo non serve a niente ma li danneggia. E’ la mia opinione ma anche quella di molti palestinesi.

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