di Stefano Sylos Labini e Giorgio Ruffolo, da Repubblica, 23 novembre 2012
Il perdurare della crisi economica e l’incapacità dell’Europa di mettere all’opera efficaci misure per contrastarla, rendono sempre più urgente l’esigenza di procedere verso una Federazione Europea.
L’idea della Federazione Europea che abbiamo in mente è, però, diversa rispetto a quella della Germania, che ha dato la sensazione di voler costruire un Superstato europeo a guida tedesca. Nelle scorse settimane Wolfgang Schaeuble, il ministro delle Finanze, ha lanciato la proposta di un supercommissario con diritto di veto sui bilanci nazionali, un’iniziativa sostenuta da Angela Merkel e da Mario Draghi che, però, è stata immediatamente bocciata da numerosi paesi i quali vi hanno intravisto il rischio di una cessione di sovranità senza avere il modo di promuovere politiche di sviluppo.
Oggi il problema più grande dell’Unione Monetaria Europea è quello dei diversi rapporti tra debito e Pil nei vari paesi, un’asimmetria che sta bloccando la trasmissione delle decisioni di politica monetaria. Il tasso di sconto fissato dalla Banca Centrale Europea non si riflette sull’economia e l’interesse sui prestiti bancari è condizionato dal tasso di interesse sui titoli pubblici, cioè dal costo del finanziamento degli stati su cui la Banca Centrale non riesce minimamente ad influire. Ciò sta aggravando la situazione delle finanze pubbliche dei paesi in difficoltà e sta alimentando i deflussi di capitali dai paesi in recessione spingendo le loro economie sempre più in fondo. Questa spirale depressiva ha già prodotto i suoi effetti distruttivi in Grecia e si è estesa in Spagna e Italia.
Gli obiettivi strategici concordati sotto l’impulso della Germania consistono nell’obbligo del pareggio di bilancio e nel
fiscal compact, cioè in una drastica riduzione dello stock del debito pubblico da qui ai prossimi venti anni. Tali obiettivi faranno perdere agli stati europei qualunque autonomia sulle politiche di bilancio compromettendo la possibilità di attuare politiche economiche espansive. La soluzione più efficace sarebbe, invece, quella di federare il debito dei paesi dell’Unione Monetaria, come avvenne alla fine del 1700 negli Stati Uniti dopo la guerra con l’Inghilterra. Così gli stati in difficoltà verrebbero sottratti alla morsa della speculazione finanziaria poiché farebbero parte di un’entità sovranazionale molto più forte sul piano economico e su quello politico. Inoltre, verrebbe meno la concorrenza distruttiva all’interno dell’Europa che avvantaggia le economie più competitive a danno di quelle più deboli ripristinando in tal modo il funzionamento della politica monetaria.
Occorre dunque creare un potere sovrano continentale al di sopra degli stati europei per evitare che il paese più forte, la Germania, diventi ancora più potente rispetto agli altri trasformandoli in “province dell’Impero tedesco”. La strada è quella tracciata da Alexander Hamilton che si batté per una Nuova Costituzione volta ad allargare l’orbita di governo sia rispetto alle dimensioni di un singolo Stato sia rispetto all’unione di più Stati in una confederazione. L’architrave istituzionale della nuova costruzione federale americana si fondò sulla creazione di quattro dipartimenti centrali: Affari esteri, Tesoro, Guerra e Giustizia, alle dirette dipendenze del Presidente. In Europa un tale disegno costituzionale determinerebbe inevitabilmente la perdita dell’autonomia economica di ciascuno stato a vantaggio di un accentramento del bilancio e delle decisioni in materia fiscale, ma permetterebbe alla Federazione di assumere gli ingenti debiti che i singoli stati hanno accumulato accrescendone la solidità finanziaria e creando una vera solidarietà tra di essi. La Federazione consentirebbe anche di finanziare un grande piano di investimenti comune e di promuovere una strategia industriale per rilanciare lo sviluppo del Vecchio Continente.
Insomma, se l’Europa vuole realmente uscire dalla crisi deve costruire una Federazione che superi l’attuale assetto basato sugli stati nazionali e sulla cooperazione interstatale, che non si è dimostrato all’altezza dei problemi che oggi ci troviamo ad affrontare.
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