La lettera diffusa dal Comitato promotore (ne
fanno parte sedici cittadini, tra cui Antonio Di Pietro, Nichi Vendola,
Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto, Angelo Bonelli, Nicolosi, Patta, Re
David e Rinaldini della Cgil, oltre a giuristi e a Tommaso Fulfaro di
‘Articolo 21'), si rivolge, “in un momento così delicato per la vita del
nostro paese, alla vostra (dei giornalisti, ndr) sensibilità
democratica, affinchè non sia oscurato un tema che sta coinvolgendo in
una libera discussione centinaia di migliaia di persone in tutt’Italia”.
I referendum, sottolineano i promotori, rappresentano “un argine alla disaffezione verso la politica, offrono un’occasione di partecipazione a tanti cittadini che altrimenti troverebbero solo la strada della rabbia e della contrapposizione verso le istituzioni; sono uno dei più alti momenti della democrazia, tramite essi gli elettori possono correggere leggi che ritengano sbagliate e dannose e partecipare più compiutamente dalla vita democratica del paese, com’è avvenuto con le più recenti consultazioni referendarie”.
Di fronte alla “vera e propria censura esercitata da tutti i Tg, senza (purtroppo) alcuna distinzione – concludono i sedici promotori dei referendum sul lavoro – dimostrano che il bavaglio alla libera informazione non è affatto caduto con la fine dell’era di Berlusconi” e chiamano “a una larga mobilitazione tutti i cittadini, i partiti, i movimenti, e gli operatori della comunicazione”. Mobilitazione culminata, come detto, nella decisione di organizzare il ‘flash mob’ davanti alla più nota sede Rai della Capitale.
“La raccolta di firme per i referendum sul lavoro – sostiene Carmine Fotia, giornalista e tra i sedici promotori della campagna – è oscurata da tutti i mezzi di comunicazione e dal servizio pubblico radiotelevisivo perché è fuori dal quadro politico che comanda in Rai”.
I referendum, sottolineano i promotori, rappresentano “un argine alla disaffezione verso la politica, offrono un’occasione di partecipazione a tanti cittadini che altrimenti troverebbero solo la strada della rabbia e della contrapposizione verso le istituzioni; sono uno dei più alti momenti della democrazia, tramite essi gli elettori possono correggere leggi che ritengano sbagliate e dannose e partecipare più compiutamente dalla vita democratica del paese, com’è avvenuto con le più recenti consultazioni referendarie”.
Di fronte alla “vera e propria censura esercitata da tutti i Tg, senza (purtroppo) alcuna distinzione – concludono i sedici promotori dei referendum sul lavoro – dimostrano che il bavaglio alla libera informazione non è affatto caduto con la fine dell’era di Berlusconi” e chiamano “a una larga mobilitazione tutti i cittadini, i partiti, i movimenti, e gli operatori della comunicazione”. Mobilitazione culminata, come detto, nella decisione di organizzare il ‘flash mob’ davanti alla più nota sede Rai della Capitale.
“La raccolta di firme per i referendum sul lavoro – sostiene Carmine Fotia, giornalista e tra i sedici promotori della campagna – è oscurata da tutti i mezzi di comunicazione e dal servizio pubblico radiotelevisivo perché è fuori dal quadro politico che comanda in Rai”.
Assistiamo, aggiunge, “ad una gigantesca operazione di rimozione dei diritti e dei lavoro dal nostro sistema dell’informazione. I talk show (non tutti, ma molti di essi) ridotti, come hanno recentemente osservato Curzio Maltese e Giovanni Minoli, a veri e propri pollai dove si azzuffano galli colorati senza che si approfondisca mai nulla. Per raggiungere visibilità bisogna arrampicarsi sui tetti, incatenarsi agli altoforni, spaccare qualche vetrina. Per farti ascoltare devi farti abnorme, eccezione, scandalo. Così diventi parte dello show televisivo e si parla di te”.
La Rai è “in mano ai partiti come e più di prima, i soggetti e le iniziative scomode (come la raccolta di firme per i referendum sul lavoro) oscurati, un clima generale ostile alla libertà d’informazione. Il movimento per la libertà d’informazione insieme al popolo viola, ai sindacati, alle associazioni della società civile – conclude Fotia – ha fatto sentire vigorosamente la sua voce nell’era Berlusconi contro i suoi editti e i suoi soprusi. Oggi, all’ombra del governo tecnico, si sta realizzando un attacco non meno grave e insidioso. E’ venuto il momento di alzare di nuovo la voce: perciò invitiamo tutti i cittadini a protestare contro il black-out informativo della Rai mercoledì 21 alle ore 11.30 in viale Mazzini”
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