giovedì 22 novembre 2012

Amianto, Il Governo gela tutti: "Spiacenti non ci sono i soldi per la bonifica"

L’amianto è una piaga che l’Italia si porterà dietro ancora per anni. Ci sono oltre 40 mila siti da bonificare, oltre duemila vittime ogni anno, e una bonifica che procede troppo lentamente, perché come dice il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che oggi è intervenuto alla seconda conferenza nazionale sull’amianto a Venezia, non ci sono i soldi.

controlacrisi.org fabio sebastiani
Le tonnellate di amianto da eliminare sono 32 milioni. Nel mondo se ne producono ancora due milioni e mezzo di tonnellate l’anno. Con questo ritmo, si rischia di dover convivere con l’amianto fino al 2100. E così, mentre non si fanno sostanziali progressi sul piano delle terapie si sta per aprire in Europa un confronto in sede istituzionale che porti ad un qualche risultato rispetto a quello che viene considerato ormai un vero e proprio disastro umano. Le associazioni delle vittime, degli ex esposti e gli ambientalisti lanciano le loro proposte: prevenzione, chiusura di tutte le attività di estrazione contenenti amianto, sorveglianza sanitaria e ricerca clinica, risarcimento garantito alle vittime. Un altro nodo importante è costituito dalla repressione del fenomeno dello smaltimento coatto e dalla cause di servizio. Come denuncia l'ex pm Felice Casson, "ci sono procure ancora sorde al problema".

Dalla seconda conferenza nazionale sull’amianto, che si svolgerà a Venezia da domani al 24 novembre, “verrà un Piano nazionale sull’amianto che sarà articolato su tre filoni principali: la bonifica dei siti inquinati, la presa in carico dei malati ed i problemi risarcitori, la ricerca scientifica”. Lo ha annunciando il ministro della Salute Renato Balduzzi presentando la Conferenza e spiegando anche che l’amianto “ é una realtà con cui dovremo convivere ancora per molto tempo: il picco delle malattie correlate sarà infatti raggiunto attorno al 2020, quindi sarà ancora una lunga sofferenza”. Balduzzi ha inoltre aggiunto: “Vogliamo dare alla gente una risposta di speranza, anche agendo attraverso un miglior coordinamento della ricerca scientifica”. Secondo il ministro, “non bisogna dunque abbassare la guardia: molto è stato fatto, ma molto c’é ancora da fare sia in riferimento alla bonifica dei siti inquinati, sia rispetto alla presa in carico dei malati, ma anche in riferimento alla questione dei risarcimenti e per la ricerca scientifica”.
L’emergenza sanitaria, denunciano le associazioni, continua a crescere tanto che, considerato anche il lungo periodo di latenza delle malattie correlate all’amianto, gli epidemiologi prevedono alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni. “È evidente quindi l’importanza di un’efficace sorveglianza sanitaria ed epidemiologica per gli esposti, insieme alla ricerca clinica e il risarcimento garantito per le vittime, ma occorre intervenire anche in termini di prevenzione”, spiegano le associazioni.
Ci sono i grandi poli industriali ma a questi si affianca una diffusione ancora capillare sul territorio nazionale: basti pensare che, in effetti, dopo venti anni dalla messa al bando ancora non si sa quanto amianto c’è in giro. Le stime ufficiali del CNR parlano di 32 milioni di tonnellate, relative ai 2,5 miliardi di mq di coperture di eternit, e di diverse tonnellate di amianto friabile. Il ministero dell’Ambiente, seppure con un quadro parziale, arriva a individuare 34.148 siti con presenza di amianto. Infine sono ancora attive in Italia attività estrattive di rocce contenenti amianto, come le pietre verdi o le ofioliti.
“Il nostro obiettivo era una conferenza con gli esposti, non sugli esposti – sottolineano le associazioni - come rischia di diventare invece visto il poco spazio lasciato alle associazioni. Deve essere l’occasione per discutere le decisioni relative alla salute degli ex esposti, per trovare le forme migliori di cura per chi è stato colpito da una malattia derivante dall’amianto e perché le vittime dell’amianto, a partire dagli esposti non professionali, possano essere adeguatamente risarcite e gli enti previdenziali, Inps e Inail, riconoscano le malattie professionali e i benefici di legge a tutti gli aventi diritto (compresi i militari ex esposti), senza differenziazioni territoriali e senza dovere ricorrere ai tribunali, come avviene di frequente. Occorre infine far partire quell’azione di risanamento che la legge prevede già dal 1992.”

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