Rinuncia ad agi e lusso e diventa il presidente più povero del mondo. È l’uruguaiano Jose Mujica, che ha scelto di donare ai poveri il 90% del suo stipendio statale e di far dormire nella dimora presidenziale i senzatetto. Per contro, con uno stipendio di 775 dollari al mese, lui vive in campagna, dove coltiva l’orto, e conduce una vita semplice e spartana con sua moglie, la senatrice Lucía Topolansky, e i suoi cani. Nessuna auto blu, né fiumi di denaro. Il presidente dell’Uruguay lavora la terra, raccoglie l’acqua da un pozzo e stende personalmente i suoi panni lavati sui fili appesi nel giardino. Quando militava tra i Tupamaros, un organizzazione radicale marxista ispirata alla Revolución cubana, che organizzava attività di rapina alle banche cui seguivano distribuzione ai poveri di Montevideo di cibo e soldi, il suo nome di battaglia era “Pepe”.
A causa di questa attività politica, portata avanti all’insegna del motto “Il mondo ci divide, l’azione ci unisce”, ha trascorso 14 anni in carcere, fino al 1985, molti dei quali in isolamento. Anche per questo Mujica è un presidente molto speciale, il cui bene più “prezioso” è un maggiolone azzurro del 1987. A raccontare la sua storia è la Bbc, in un reportage di Vladimir Hernandez. Mujica spiega: «Ho vissuto in questo modo la maggior parte della mia vita. Posso vivere con quello che ho. Dicono che sono il presidente più povero, ma io non mi sento povero. Le persone povere – aggiunge – sono quelle che lavorano solo per mantenere uno stile di vita agiato e costoso, e vogliono sempre di più. È una questione di libertà. Se non possedete molto, non avete bisogno di lavorare come uno schiavo tutta la vostra vita per mantenere tutto quel che avete. E quindi avete più tempo per dedicarvi a voi stessi».
È proprio il suo stile di vita sobrio e il suo reddito “normale”, totalmente all’opposto della maggioranza dei presidenti del mondo, a far sì che siano in molti a simpatizzare per l’ex-guerrigliero uruguaiano, di certo non immune alle critiche che giungono al suo governo, con l’opposizione che punta il dito contro i servizi sanitari, il sistema educativo del paese sudamericano, la legge che rende legale l’aborto per gravidanze fino alla dodicesima settimana approvata dal Congresso a cui non si è opposto o, ancora, contro la sua disponibilità a legalizzare il consumo della cannabis. Ma il presidente sui generis, che non usa Twitter, porta i jeans e vende i prodotti della sua terra in un mercatino popolare la domenica, non sembra preoccuparsene. Anche perché, considerando i suoi 77 anni di età, probabilmente non si ricandiderà alle elezioni del 2014. Politica a parte, Mujica resterà, per sempre e comunque, l’esempio di un servitore dello Stato che ha rinunciato ai suoi privilegi, preferendo a loro il suo popolo.
(Roberta Ragni, “Jose Mujica, il presidente dell’Urugay che dona ai poveri il 90% del suo stipendio”, dal newsmagazine “GreenMe” del 20 novembre 2012).
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