La “decimazione” dei malati terminali per ridurre i costi. La liberista Gran Bretagna si avvia ad attuare il programma “Dovete morire” in anticipo su Monti e sulla troika.
Quando nell'aprile avevamo titolato un nostro editoriale Dovete morire, eravamo convinti che la realtà avrebbe molto presto superato la fantasia. Le indicazioni del FMI sulla insostenibilità dei costi previdenziali e sanitari, l'innalzamento dell'età pensionabile, la riduzione con i tagli e la spending review degli standard dell'assistenza sanitaria, sono tutti fattori che indubbiamente portereranno ad una riduzione del “capitale umano in eccesso”, una regola che il capitalismo ha perseguito sistematicamente. La popolazione della Russia post-sovietica, sottoposta alle terapie shock del Fmi, ad esempio, si è ridotta di quasi otto milioni di persone a causa del boom di mortalità, malattie etc.
Che le vite diventate inservibili ai fini della produzione e un costo sociale elevato debbano essere eliminate, non è più un tabù. Il Vaticano potrà anche lanciare le sue campagne sulla vita, ma il modello capitalista dominante in alcuni paesi – nella sua variante liberista – se ne impipa altamente.
Riproduciamo qui di seguito un interessante e inquietante articolo di Elisabetta Del Soldato pubblicato sul quotidiano della Cei, L'Avvenire, dell'8 novembre scorso. Parla della Gran Bretagna ma anche le nostre orecchie cominciano a fischiare. Del resto non avevano dimezzato i fondi per i disabili gravi colpiti dalla Sla? Solo la determinazione di questi eroici attivisti sociali “malati” - rimaniamo orgogliosi che abbiamo aperto loro il corteo del 27 ottobre - ha fatto recedere il governo dai suoi intenti. Leggete l'articolo che segue, rileggetevi l'editoriale di Contropiano, traete le vostre conclusioni.
“Decimare i malati terminali,l'Inghilterra ci pensa”
Quando nell'aprile avevamo titolato un nostro editoriale Dovete morire, eravamo convinti che la realtà avrebbe molto presto superato la fantasia. Le indicazioni del FMI sulla insostenibilità dei costi previdenziali e sanitari, l'innalzamento dell'età pensionabile, la riduzione con i tagli e la spending review degli standard dell'assistenza sanitaria, sono tutti fattori che indubbiamente portereranno ad una riduzione del “capitale umano in eccesso”, una regola che il capitalismo ha perseguito sistematicamente. La popolazione della Russia post-sovietica, sottoposta alle terapie shock del Fmi, ad esempio, si è ridotta di quasi otto milioni di persone a causa del boom di mortalità, malattie etc.
Che le vite diventate inservibili ai fini della produzione e un costo sociale elevato debbano essere eliminate, non è più un tabù. Il Vaticano potrà anche lanciare le sue campagne sulla vita, ma il modello capitalista dominante in alcuni paesi – nella sua variante liberista – se ne impipa altamente.
Riproduciamo qui di seguito un interessante e inquietante articolo di Elisabetta Del Soldato pubblicato sul quotidiano della Cei, L'Avvenire, dell'8 novembre scorso. Parla della Gran Bretagna ma anche le nostre orecchie cominciano a fischiare. Del resto non avevano dimezzato i fondi per i disabili gravi colpiti dalla Sla? Solo la determinazione di questi eroici attivisti sociali “malati” - rimaniamo orgogliosi che abbiamo aperto loro il corteo del 27 ottobre - ha fatto recedere il governo dai suoi intenti. Leggete l'articolo che segue, rileggetevi l'editoriale di Contropiano, traete le vostre conclusioni.
“Decimare i malati terminali,l'Inghilterra ci pensa”
di Elisabetta Del Soldato – L'Avvenire, 8 novembre 2012
Il sistema Sanitario nazionale della Gran Bretagna sta facendo i conti con la recessione e i primi a rimetterci sono i più vunerabili: gli anziani, i malati terminali, le persone dichiarate morte ancor prima che lo siano, perché cercare di salvarle o di farle stare meglio costa troppo. Qualche giorno fa uno dei sottosegretari alla Sanità, il liberaldemocratico Norman Lamb, non ha esitato a invitare i medici di base a compliare una lista dei loro pazienti che potrebbero morire entro un anno. Una volta identificati, i malati terminali saranno chiamati a un incontro col medico che gli chiederà dove preferiscono morire e se vogliono scrivere o dettare un testamento biologico in cui danno il permesso ai medici di sospendere medicinali e nutrizione quando si annuncerà la fine.
Lamb, che ha annunciato il progetto del governo a una recente conferenza sul fine vita, ha detto di aspettarsi che per ogni medico almeno un paziente su cento entri nella lista dei "terminabili". I motivi sono molto pragmatici: «Un quarto dei letti negli ospdeali sono occupati da malati terminali – ha spiegato –, e tra loro quattro su dieci non richiedono cure mediche. Se queste persone fossero ammesse una volta in meno al pronto soccorso la Sanità risparmierebbe un miliardo e 350 milioni di sterline l’anno», circa un mliardo e mezzo di euro.
L’esponente del governo conservatore-liberale non ha specificato quale sarà il destino dei malati finiti in quella che vari giornali britannici hanno ribattezzato «lista della morte». Ma è molto probabile che saranno destinati al «Liverpool Care Pathway», un protocollo adottato per la prima volta negli anni Novanta in un ospedale della città portuale, e che dal 2004, dopo essere stato raccomandato dal National Institute for Health and Clinical Excellence, è diventato pratica comune nelle istituzioni sanitarie del Regno. Sulla carta «Lcp» si presenta come un programma di fine vita per rendere l’ultimo periodo di un paziente più tollerabile, nel Paese che è culla delle cure palliative. In realtà il protocollo ha finito col tradursi anche nella sospensione di cure e nutrizione e nella somministrazione di forti sedativi a persone classificate «vicine alla morte».
Ogni anno il sistema sanitario nazionale registra 450mila decessi nelle sue strutture; di questi, 130 mila sono di persone sottoposte al «Lcp» in modo proprio o improprio. Il Ministero della Sanità, dopo le molteplici controversie sollevate dal programma, ha più volte tenuto a ribadire che il Liverpool Care Pathweay non è equiparabile all’eutanasia, che i pazienti che vi sono sottoposti vengono monitorati e possono essere tolti dal protocollo se mostrano un miglioramento. Ma negli ultimi mesi sono fioccate sempre più insistenti e numerose le denunce di famiglie che accusano i medici di aver introdotto i loro cari nel programma quando in realtà questi non stavano affatto morendo e di averne accellerato il decesso a causa della sospensione di cure e nutrizione.
Mary Cooper, 79 anni, uno dei tanti esempi, è morta in giugno pochi giorni dopo il ricovero al Queen Elizabeth Hospital di King’s Lynn, nel Norfolk. La sua famiglia sostiene di non essere mai stata avvisata del fatto che la donna fosse stata inserita nel programma. «Ci hanno informati – denuncia il marito – quando ormai per Mary era troppo tardi». L’ospedale dice di aver discusso la questione con la famiglia e che questa era d’accordo. Ma secondo la figlia l’ospedale non è mai stato chiaro: «I medici ci hanno detto che l’avrebbero aiutata a sentire meno dolore possibile, ma non ci hanno spiegato esattamente quello che avrebbero fatto».
La settimana scorsa un uomo la cui madre è morta dopo essere stata sottoposta per trenta ore al Lcp al Western General Hospital di Edimburgo ha chiesto alla polizia di investigare. Paul Tulloch è convinto che la madre Jean di 83 anni potesse sopravvivere e sostiene di essere stato ignorato dai medici quando ha chiesto che venisse ritirata dal protocollo. L’anno scorso un rapporto del Royal College of Physicians ha rivelato che nel 4% dei casi i familiari non vengono informati della decisione di sottoporre un paziente al Lcp. E ora anche l’autorevole oncologo Mark Glaser condanna il Liverpool Care Pathway dicendo che si tratta di «un sistema corrotto e scandaloso che serve solo per liberare i letti degli ospedali occupati dagli anziani e per raggiungere obiettivi premiati con più soldi».
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