sabato 3 novembre 2012

Hanno paura di Grillo, non del rigore che ci sta uccidendo


Vendola e BersaniPrimarie e grandi manovre a destra e sinistra, sotto il panico crescente targato Grillo: dopo l’exploit siciliano ora tremano anche le due princiali Regioni italiane, Lombardia e Lazio, travolte dagli scandali, mentre l’establishment – politico e mediatico – annaspa tra improbabili sondaggi a caccia di macerie di elettorato, inesistenti leadership e logori marketing dei tempi che furono. Tante sigle, ma il programma è uno solo: convincere gli italiani a subire l’impossibile, a continuare a sopportare l’insopportabile, il “massacro sociale” inaugurato dal “golpe finanziario” che alla fine del 2011 – col ricatto terroristico dello spread – ha sfrattato quel che restava dell’imbarazzante governo in carica. Il diktat della Bce, lo sbando del Pdl, la compiacenza del Pd e la regia di Napolitano. Ed ecco i tecno-banchieri agli ordini di Bruxelles, decisi ad attuare la “soluzione finale” dell’economia e della società italiana: colpire il risparmio, tosare i cittadini, mettere in ginocchio le aziende e mandare a spasso i dipendenti.
Enti locali in rosso, servizi pubblici che chiudono. Sembra un piano, congegnato per organizzare il peggio: devastare le pensioni, la sanità, la formazione, il welfare, i servizi vitali, la sicurezza sociale. In sintesi: smantellare lo Stato democratico, pezzo a pezzo, così come sognavano – tanti anni fa – gli ideologi dell’euro come il francese François Perroux, l’uomo che già nel lontano 1943 voleva «togliere allo Stato la sua ragion d’essere, il potere di spesa pubblica», che si regge sull’istituto universale della moneta sovrana, tuttora in vigore in ogni parte del mondo fuorché nell’Eurozona. Il nome dell’oscuro Perroux, esponente dell’oligarchia filonazista del regime di Vichy, è stato riesumato dallo spigoloso giornalista-attivista Paolo Barnard, “esiliato” dalla Rai e divenuto il promotore italiano della Modern Money Theory, l’economia democratica sviluppata dall’americano Warren Mosler. L’euro? Una moneta “privatizzata” che non ha eguali sul pianeta: costringe gli Stati a mendicare risorse finanziarie e a super-tassare i cittadini, visto che i governi non possono più disporre di autonomia economica.

Per “terminare” l’Italia è stato messo in campo Mario Monti, allievo riconosciuto dell’economista austriaco Friedrich Von Hayek, nume dell’ultra-destra economica europea: per Hayek, lo Stato non dovrebbe neppure esistere, se non per quel minimo di elemosina che può assicurare ai più poveri, quel tanto che basta per trattenerli dallo scatenare rivolte per il pane. Oggi, premi Nobel ed economisti di fama mondiale come Krugman e Stiglitz si scagliano contro l’Europa, la Bce e la “prigione” dell’euro, che trasforma in un incubo anche il debito pubblico, “privatizzato” dagli usurai della finanza speculativa mondiale angloamericana: un buco nero non più sanabile, senza la possibiltà di ricorrere a moneta sovrana. «Chi pretende di far pagare ai cittadini il debito pubblico distruggerà il proprio paese», tuona su RaiDue lo scrittore russo Daniel Estulin: «Monti tutto questo lo sa Estulinbenissimo, e infatti è un traditore dell’Italia, un criminale che meriterebbe la galera».
L’ex ministro Paolo Savona ammette che l’adesione all’euro incoraggiata da Ciampi, Prodi e Padoa Schioppa fu una tragico errore, mentre economisti di peso come Giulio Sapelli danno dell’ignorante a Monti e puntano il dito contro la “sciagura” della moneta comune “privata”, di esclusiva proprietà della Bce. Dalla Danimarca, il professor Bruno Amoroso – allievo di Federico Caffè – denuncia l’egemonia oligarchica che domina l’euro-disegno, e non c’è giorno che non si levino nuove autorevoli voci contro la “dittatura” dell’Eurozona che sta affamando Grecia e Portogallo, terremotando la Spagna, angosciando l’Italia – potenza industriale in declino, ma ancora di rango mondiale. Eppure: i media del mainstream silenziano il problema, i sindacati si limitano a protestare per gli attacchi ai lavoratori (come se il governo avesse ancora le facoltà finanziarie della sovranità monetaria) e, dulcis in fundo, i professionisti della politica tremano di fronte al pericolo-Grillo, alternando anatemi e vecchi slogan, incalzati dalle indagini che svelano imbarazzanti connessioni fra tangenti, grassazioni e criminalità mafiosa sempre più legata al business delle grandi opere.
Cresce la capacità di analisi, ci si indigna, ma manca ancora un “piano-B”. Non c’è unanimità, neppure tra le forze critiche, sulle reali cause della crisi. Tra chi predica la necessità di fare fronte comune, c’è Giulietto Chiesa: «Difendiamoci insieme, o ci faranno a pezzi». Rumoreggia la folla del “No-Monti Day” e crescono i comitati “No-Debito”, ma la sordina mediatica è totale, come denuncia Giorgio Cremaschi. Se l’economia vacilla, l’oligarchia planetaria gioca d’anticipo con l’arma della finanza: e l’euro ne è il capolavoro europeo, perfetto per far pagare lacrisi a tutti gli altri, cioè a milioni di cittadini da ricattare col debito e rovinare con le tasse. Duecento anni di storia sono praticamente finiti, ma l’Italia va alle elezioni con le maschere di cartone di Bersani e Casini, Alfano e Renzi, Vendola e il fantasma di Berlusconi. E con la Cgil che contesta il carattere orizzontale dei tagli, quelli dei “sacrifici umani”: Susanna Camusso invoca l’equità relativa di una patrimoniale, ma si guarda bene dal metterla davvero in discussione, Giulietto Chiesala necessità della “cura dimagrante”, quasi fosse un destino inevitabile, un segno del volere divino.
A Strasburgo, gli europarlamentari della Sinistra Europea cominciano a criticare il Fiscal Compact, dispositivo-tagliola che “viola il diritto comunitario”. Claudio Messora, sul blog “Byoblu”, fa due conti attingendo a dati ufficiali: Mes e Fiscal Compact sono una stangata epocale, senza pari nella nostra storia, una “tangente europea” da 50 miliardi l’anno. In confronto, i famosi “costi della politica” – stipendi di parlamentari, Regioni, Province, Comuni e finanziamenti ai partiti – sono solo spiccioli, briciole irrisorie. Qualcuno, sui giornali, comincia a pretendere una revisione democratica dell’Unione Europea. Tecnicamente, un mostro giuridico: perché i cittadini eleggono solo il Parlamento Europeo, ma non il governo. La Commissione di Bruxelles è governata da tecnocrati non-eletti, “nominati” dagli Stati ma, di fatto, accuratamente selezionati dall’élite finanziaria mondiale: Bilderberg, Trilaterale, Wto, think-tanks, grandi banche d’affari come la Goldman Sachs. Sono le sigle che contano, quelle che figurano nel curriculum di Monti e Draghi, quest’ultimo appartenente anche al “Group of 30”, massima lobby mondiale per il pilotaggio occulto delle legislazioni bancarie.
La diserzione delle urne siciliane lo conferma: tra il super-potere e il cittadino-elettore c’è ormai un abisso incolmabile, inutilmente intasato dai replicanti che ancora ciarlano di “destra e sinistra”. Come se il voto degli italiani – affidato agli uni o agli altri – potesse davvero influire, anche solo per l’1%, su quanto è già stato deciso a monte, sulla pelle di tutti e col silenzio-assenso dei Parlamenti, dalla micidiale agenda di Bruxelles. Una situazione medievale, neo-feudale: la fine della sovranità democratica, dello Stato di diritto nato dalla Seconda Guerra Mondiale con la vittoria storica contro il nazifascismo. Servirebbe un programma semplice: rifiutare il debito, ribellarsi all’Unione Europea, smascherare l’euro. Ogni altra battaglia, senza questa premessa, potrebbe risultare vana. Lo dimostra, giorno per giorno, la resa dei migliori sindaci e dei migliori amministratori locali, la cui esemplare trasparenza nulla può contro la confisca della sovranità monetaria che l’euro-regime impone attraverso la scure dell’austerity che, semplicemente, taglia i viveri a tutti. E anziché riflettere su questo, i partiti ormai nel panico si preoccupano di neutralizzare Beppe Grillo.

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