lunedì 13 agosto 2012

Camgirl, il porno dalle nove alle cinque

Studentesse, casalinghe, madri di famiglia, che si fanno guardare in videochat per un euro al minuto. Un universo nascosto di donne disposte a spogliarsi davanti alla webcam per racimolare uno stipendio. E con il fisco pronto a dargli la caccia.

di Federico Formica
T. ha appena finito di rassettare la cucina dopo il pranzo. Va in camera da letto, apre l'armadio e sceglie uno dei suoi completini intimi. Accende la webcam e si mostra a un perfetto sconosciuto che sta pagando per guardarla. Un euro al minuto, spesso anche di più. A fine mese T. mette insieme quasi 1000 euro. Lo sanno solo lei e suo marito, che porta a casa uno stipendio simile.
T. è una camgirl. Non pubblichiamo il suo nome perché secondo la legge italiana chi fa questo mestiere è considerato alla stregua di una prostituta. Le camgirl si esibiscono in spettacoli hard e spesso pornografici davanti alla propria webcam. Lo fanno in privato e a pagamento.
Negli ultimi anni il web ha visto esplodere questo settore: sono moltissimi i siti internet in cui basta registrarsi e fare una ricarica da 20-30 euro con carta prepagata per accedere a una videochat con decine di ragazze. C'è di tutto: dalla studentessa ventenne alla madre di famiglia, fino alle signore ultracinquantenni. Si trovano a tutte le ore: dalle 9 di mattina un po' insonnolite con la tazza di caffelatte in mano alla sera fino a tarda notte, il momento in cui la chat è più popolata. I clienti le guardano, ci chiacchierano un po', infine le scelgono. La conversazione si trasferisce in privato, l'intimo va giù e il credito inizia a scalare. Qualche ragazza si mostra in webcam insieme al compagno o al marito: per vederli fare sesso c'è chi è disposto a lasciare anche più di cinquanta euro.

Ma chi sono i clienti di questi siti? "Impossibile fare un identikit" racconta T., la camgirl che ha scelto di raccontare all'Espresso come funziona questo mondo piuttosto opaco, "ci sono molti uomini sposati che non tradirebbero mai la moglie con una prostituta, così si rivolgono a noi. Poi ci sono gli studenti universitari, generalmente sono quelli che spendono meno. C'è chi si collega da casa, chi dall'ufficio in orario di lavoro. Entrano in chat anche diversi ragazzi disabili". Alcuni siti chiedono alle ragazze una presenza di almeno quattro ore a settimana. Ma anche tra i clienti ci sono i fedelissimi: "Alcuni passano in chat giornate intere, anche solo a parlare con noi senza spendere nulla. La mia impressione? Che molti di loro non abbiano mai approcciato una donna dal vivo. E che non abbiano idea di come si faccia".

Il mondo delle camgirl è completamente invisibile al Fisco. Eppure di soldi ne girano tanti. Perché in questa storia ad arricchirsi più di tutti sono proprio i siti che fanno incontrare domanda e offerta. Molti hanno la sede legale lontano dall'Italia; i paesi più gettonati sono Panama, Svizzera e Stati Uniti.

Alla base di questa economia invisibile ci sono migliaia di donne. Che spesso guadagnano molto bene. "Anche 2500-3000 al mese" racconta T., "dipende da quanto tempo stai in chat. Io non arrivo a tanto, ma riesco comunque a eguagliare lo stipendio di mio marito, che fa l'impiegato full-time". Tutti soldi esentasse. Può sembrare manna dal cielo, eppure T. (e come lei molte altre) le tasse preferirebbe pagarle: "Le camgirl non possono versare i contributi perché non esiste una categoria alla quale accorparsi. E' curioso: le spogliarelliste dal vivo rientrano nel settore artistico, pagano le tasse e si costruiscono una pensione, mentre noi non esistiamo".

E' un circolo vizioso: chi si spoglia in webcam lavora in nero e non può emergere neanche volendo. Nel 2003 una sentenza della Corte di Cassazione ha equiparato l'attività delle camgirl a quella delle prostitute. Non c'è bisogno del contatto fisico: basta che la ragazza interagisca con il cliente e riceva una somma di denaro. Proprio in virtù di quella sentenza "in teoria tutti questi siti potrebbero essere chiusi. Perlomeno in Italia. Perché se la prostituzione non è reato, lo sfruttamento o il favoreggiamento lo sono eccome" spiega Guido Scorza, avvocato esperto di diritto su internet. "Certo non si può generalizzare, servirebbero indagini mirate. Resta il fatto che questi siti mettono a disposizione una piattaforma dove viene esercitata un'attività equiparabile alla prostituzione e chi li gestisce percepisce somme di denaro" conclude l'avvocato. Ma una volta messo il lucchetto a queste piattaforme online cosa accadrebbe? Qualche studentessa lo fa quasi per gioco, ma sono moltissime le donne italiane e straniere (sono diverse anche le romene) che vedono in questo mestiere l'unica alternativa a un mondo del lavoro che le respinge.

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