Esce il 30 agosto l'ultimo libro di Marina Morpurgo edito da Astoria. Tre redattrici licenziate organizzano il rapimento del direttore delle Risorse umane della loro ex casa editrice, tale dottor R., per "riprogrammarlo" e convincerlo che "tagliare posti di lavoro, non è la soluzione".
Marina Morpurgo oggi ci ride su, ma non era certo così allegra qualche anno fa, quando venne licenziata dalla casa editrice dove lavorava come caporedattore di un settimanale raffinato e di sinistra.
Molti al posto suo si sarebbero abbattuti, altri avrebbero inveito, lei ha fatto sbollire la rabbia e, poiché è una persona davvero spiritosa, ci ha scritto su un libro divertente e paradossale: “Risorse disumane” (edizioni Astoria, in libreria dal 30 agosto). Pura fiction, ma saldamente ancorata alla realtà di questi tempi strangolati dalla crisi economica.
Protagonista del romanzo è un manipolo di donne. Tre redattrici, tre lavoratrici intellettuali, tre licenziate che decidono di reagire all’ingiustizia che ritengono di avere subito organizzando un’azione clamorosa: un audace quanto goffo tentativo di rieducazione tramite rapimento e deprogrammazione dalle spietate leggi del “Mercato” (nel romanzo sempre con la maiuscola) del direttore delle Risorse umane della loro ex casa editrice, tale dottor R., esemplificazione della stupidità delle leggi cui obbedisce ciecamente e di un’innata quanto ottusa malvagità.
La decisione del sequestro viene presa sull’onda di una serie di azioni analoghe realmente portate a termine in Francia negli scorsi anni. Ma se gli operai d’Oltralpe agivano senz’altra spinta che la disperazione, le nostre eroine agiscono con un fine politico: far entrare nella testa del dottor R. l’idea che tagliare posti di lavoro non è la risposta più brillante per far andar meglio le cose. Naturalmente usando armi spietate, tipo la lettura ripetuta del racconto strappalacrime “Il piccolo vetraio” di Olimpia De Gaspari e l’ascolto coatto dei canti delle mondine o, a scelta, Claudio Lolli.
Mariti ignari, figli che stanno dalla parte del nemico (quello della narratrice, studente della Bocconi nella finzione come nella realtà, è chiamato “il Tristo”, soprannome che gli è rimasto appiccicato a vita) fanno da corollario alle gesta del terzetto. Milano fa da sfondo. E il dottor R., temiamo, è un alter ego più simpatico dell’originale.
Quanto c’è di autobiografico nelle vicende e nei personaggi di “Risorse disumane”? “Tutto parte, ovviamente, dalla mia esperienza personale trasfigurata in chiave comica. Ma anche dai racconti di tanti amici e amiche che hanno perso il lavoro o ancora tribolano nelle case editrici – risponde Morpurgo – I personaggi sono di fantasia, ma il clima e alcuni episodi purtroppo, sono veri. Oggi è considerato normale vessare i dipendenti, farli lavorare in condizioni di inutile sofferenza. E come scrivo a un certo punto del libro, mi è capitato di sentirmi dire da colleghi che hanno ancora la fortuna di avere un posto di lavoro: beata te che t’hanno licenziata!”.
Marina Morpurgo un posto fisso non l’ha più trovato, a dire il vero non l’ha nemmeno cercato. Continua a lavorare con gli editori, ma da esterna (è un’apprezzata traduttrice), scrive libri per bambini, fra i quali il ciclo dell’iraconda strega Sofonisba, e saggi per l’infanzia (“Le regole raccontate ai bambini”, con Gherardo Colombo, edizioni Feltrinelli).
Aveva anche una golosa rubrica di cucina, “Falce e fornello”, su “E”, la rivista di Emergency. Neanche a farlo apposta, il Mercato si è messo di mezzo e la rivista ha chiuso. Ma le ricette sono ancora online, per allietare il palato e alleviare lo spirito grazie alla consueta ironia. Come quella della crème caramel: “Un dolce per stupire un uomo, se credete che ne valga la pena (tanto la fatica è poca, quindi non si rischia molto)”.
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