In sanità, prima della “spending review” appena approvata dal Parlamento, la situazione dei cittadini era già disastrosa. I dati resi pubblici dai principali e più autorevoli centri di ricerca (Istat, Censis, Ceis, Osserva salute, ecc) inequivocabilmente ci dicevano 6 cose:
1) è in atto da anni una crescente espropriazione del diritto alla salute;
2) è in atto da anni una forte privatizzazione del sistema pubblico (milioni di persone per avere quello di cui hanno diritto sono costrette a pagare di tasca propria, chi non può se lo “prende” proverbialmente in quel posto”);
3) le politiche di governance e di governament nate da ben tre riforme sanitarie e da una modifica della Costituzione (titolo quinto) tutte di centrosinistra, (aziendalizzazione, titolarità delle Regioni, federalismo), si sono rivelate inadeguate nei confronti dei cambiamenti sociali e dei condizionamenti economici del nostro tempo;
4) da anni la qualità dell’assistenza e il gradimento dei cittadini anche nelle Regioni definite “virtuose” sta calando a vista d’occhio;
5) a partire dal 2001 tutti i famigerati “patti” tra governo e Regioni sulla sanità, dico tutti, sono falliti, esasperando il conflitto ormai cronico tra diritti e risorse;
6) gli operatori della sanità, cioè la principale risorsa che garantisce la qualità delle cure lavorano ormai in condizioni proibitive e sono a dir poco esasperati.
Poi, con Monti, arriva il colpo di grazia della spending review, cioè di altri tagli lineari che sottraggono da subito al fondo per la sanità quasi 7 mld ma per raddoppiare da qui al 2015. Sono le Regioni, non io, a dire che non ce la si fa e che il rischio è di sfasciare tutto. Insomma ci siamo messi nella condizione giusta per cancellare l’art 32 della Costituzione quello che riconosce il diritto alla salute come fondamentale per la persona.
Tutto ciò avviene senza che nessuno, dico nessuno, si sia ingegnato, pur a “saldi invariati” o quasi, a mettere in campo qualcosa di diverso dall’ammazza-sanità. La cosa mi amareggia, e non poco, ma non mi stupisce. Le insufficienze delle politiche che fino ad ora hanno governato la sanità, hanno da tempo destabilizzato alle fondamenta il sistema pubblico. Senza una palingenesi degli uomini e del pensiero, è difficile difendere e salvare l’art 32. Hai voglia a parlare di “limite quale possibilità”. Non è con questa classe dirigente che si possono fare questi discorsi. Per costoro i “limiti” devono limitare e basta e se ad essere limitato deve essere l’art 32 che lo si limiti e poche storie.
Mi colpisce tuttavia che il dramma che si sta consumando passi sotto silenzio, nei media, soprattutto televisivi, anche in quelli più sensibili e attenti, nei sindacati dell’art 18, nella sinistra e nel mondo intellettuale laico e cattolico, quello che sulla qualità, inviolabilità e indisponibilità della vita litiga tutti i giorni senza accorgersi che il malthusianesimo è tornato.
Il dramma è presto detto: i tagli lineari, più i ritardi e gli errori di questi anni, più la crisi e la recessione, più l’assenza di un pensiero riformatore, tutti insieme è come se staccassero la spina all’art 32, ormai in coma da anni, mettendo in atto forme di eutanasia finanziaria contro milioni di malati, povera gente, cittadini, soggetti deboli. Ciò pone a tutti noi un gigantesco problema bioetico. Morbilità e mortalità, abbandono sociale, cresceranno soprattutto in quella popolazione di plurisvantaggiati che già da tempo, dice l’Istat, rinunciano alle cure per problemi economici. I tagli lineari, come l’Ilva di Taranto, fanno male alla salute.
Se per “congiura dei pazzi” intendiamo non quella fiorentina del 400, ma quella contro l’art 32 ordita incoscientemente, dagli ignavi, dai cinici, dagli incompetenti, dagli intransigenti, sparsi tra istituzioni e partiti, abbiamo il dovere civile di denunciarla, di capirla, di sventarla e mettere in campo una contro-prospettiva. Monti è solo il carico da dodici e l’ultimo arrivato. Tra lui e il passato non ci sono grandi discontinuità ma solo un po più di pelo sullo stomaco. C’è da chiedersi cosa sia stato il riformismo sanitario di questi ultimi trent’anni e cosa debba essere quello del futuro.
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