sabato 19 gennaio 2019

Ecco le scuole dei ricchi: 40 mila euro l'anno per studiare solo con i potenti.

Promettono istruzione internazionale, sedi disegnate da Renzo Piano e relazioni di livello, le chiavi di accesso al futuro. Vi raccontiamo la rete delle Whittle School che sta partendo negli Stati Uniti.

 

Ecco le scuole dei ricchi: 40 mila euro l'anno per studiare solo con i potentiE' gennaio e le famiglie di Washington sono in preda all’ansia. Ma non c’entrano Trump, il bilancio o il muro col Messico: è lo stress da iscrizione dei figli a scuola.
Infatti in questa città notoriamente liberal ma dietro le apparenze anche elitista, è il periodo in cui scade il termine per le domande di ammissione a quasi tutte le scuole private.

È il momento delle scelte, insomma: mandare i figli a scuole pubbliche, spesso di dubbio livello ma gratuite, o a costosissime private?
È il tempo in cui si chiude un lavoro durato mesi: ricerche, colloqui, lettere di raccomandazione, interrogazioni psicoattitudinali e socioeconomiche ai genitori, test di intelligenza (somministrati anche a bambini di 3 o 4 anni), test d’ingresso che durano ore (per i più grandi), scadenze non prorogabili. Un percorso a ostacoli in cui sbagliare può avere conseguenze angoscianti, che vanno dall’indebitarsi al compromettere l’accesso dei figli a buone università.


In questo scenario è comparsa da poco una competitor che fa tremare le private, la Whittle School & Studios, una gigantesca rete globale di scuole per allievi dai 3 ai 18 anni che prevede l’apertura di 36 sedi in altrettante megalopoli mondiali da qui al 2026. Le iscrizioni al campus di Washington, che verrà inaugurato a settembre insieme a quello di Shenzhen in Cina e accoglierà a pieno regime fino a 2500 studenti, sono quindi già aperte, con una promessa ambiziosa: la più moderna offerta formativa e il più esteso network di scuole a livello mondiale. Un progetto completamente a scopo di lucro per il quale il fondatore, Chris Whittle (conosciuto negli Stati Uniti come uno dei pionieri delle privatizzazioni scolastiche), ha già raccolto 700 milioni di dollari da investitori di cui quasi la metà cinesi. Ogni sede verrà progettata da Renzo Piano, che fa anche parte del Global Advisory Board della Whittle School, assieme ad altri nomi illustri come gli ex rettori di Yale, Berkeley, e della prestigiosa Harrow School di Londra.

Ci iscriviamo a un’open house di presentazione della Whittle negli ampi ed eleganti uffici-showroom allestiti in un lussuoso centro commerciale (la scuola è ancora un cantiere).


La presentazione inizia con quello che sembra essere un paradosso ignorato da tutti: il mondo negli ultimi 20 anni è cambiato radicalmente, solo la scuola sembra immutabile, è rimasta la stessa in cui andavano i nostri nonni e non solo per gli edifici, ma anche nei metodi e negli approcci.

Si comincia a parlare della rivoluzione didattica delle Whittle: la modernità della loro offerta è il frutto di lunghi anni di ricerche, in cui un comitato scientifico ha viaggiato per il mondo per studiare le “best practice” delle scuole mondiali (dalle citatissime scuole materne di Reggio Emilia, alle elementari cinesi dove si eccelle nella matematica, dalle medie britanniche con il loro modello di tutoraggio, alle migliori prep school americane).Si parla di interdisciplinarietà e programmi di studio personalizzati (perché non è più possibile pensare che un unico programma vada bene per tutti), di libertà creativa, di lingue insegnate con sole esperienze di full-immersion (inglese-cinese in ogni caso) grazie anche a frequenti soggiorni studio nei diversi campus nel mondo. Si parla di come la scuola convoglierà gli studenti nel tessuto urbano - saranno materie di studio l’urbanistica e il design-, come ci spiega Renzo Piano da Parigi: «Abbiamo cercato di dare molta importanza agli spazi comuni, luoghi intermedi di aggregazione, di incontro. Tutto ruota attorno al concetto di “piazza”. Il piano terra è una zona di scambio in cui non si sa se è la scuola che sconfina nella città o la città nella scuola». La giornata inizia con il “mind&body fitness”, tranne il mercoledì che è l’x day, la giornata dell’esplorazione (esterna, con gite in città, oppure interna, con club di studenti, performance artistiche ma anche sessioni di “consapevolezza”). Più scienza, più tecnologia, più arte. Al contrario, meno storia, meno grammatica, zero lingue morte.

Ogni descrizione punta a un obiettivo: convincere i genitori che quei circa 40 mila euro all’anno sono il migliore investimento per i propri figli, perché dopo un percorso alla Whittle gli verranno consegnate le chiavi di accesso al futuro.

La fine di questa presentazione ci lascia piuttosto perplesse: siamo sicuri che questo approccio così libero porti a risultati sperati? Siamo scettiche, da europee sostenitrici della scuola pubblica, di fronte a un diritto universale come quello all’istruzione trasformato in un business, anche sul fatto che alcune bellissime idee italiane, gratuite e accessibili a tutti come quelle degli asili di Reggio e delle piazze, siano confezionate in questo lussuoso pacchetto da rivendere a caro prezzo a famiglie ricche.

Eppure ci interessa cosa pensano i genitori che si stanno informando su questa scuola. Dice Tom Adams, CEO di un’azienda che sviluppa tecnologie per l’apprendimento e padre di tre bambini di 6, 8 e 10 anni: «Viviamo in una città globale. Trovo questa scuola interessantissima proprio per il programma di scambio nei campus del mondo. Voglio che i miei figli siano internazionali». Chiedendogli cosa ne pensa dell’aspetto elitista della scelta, prosegue: «Come genitori ci interessa che i nostri figli frequentino un gruppo di pari di alto livello perché moltissimi dei processi di apprendimento si basano sul confronto con i pari. La verità è che anche le persone più di sinistra vogliono che i loro figli vadano nelle scuole migliori. E le scuole migliori sono quelle con i bambini più in gamba. Questo non significa che non ci piacciono le persone meno capaci o più ignoranti, ma semplicemente che c’è un grande beneficio nell’interagire con i migliori… Poi il problema dei soldi c’è sempre, ma provi a risolverlo con il merito con le borse di studio». Alla Whittle, il 15 per cento degli studenti usufruirà di borse per merito, una percentuale in linea con altre scuole private della zona.

A questo punto vogliamo saperne di più direttamente da Mr. Whittle, questo controverso imprenditore del business della formazione, di cui Samuel Abrams, esperto di istruzione alla Columbia University e autore di Education and the Commercial Mindset, una dura analisi sulla privatizzazione della scuola in cui dedica ampio spazio proprio alle imprese di Whittle, intervistato su questo progetto, dice: «è un grande uomo di marketing, riesce a coinvolgere grossi nomi, ma non capisco bene come ci riesca… questo progetto sembra fatto per una nicchia di genitori ricchi cinesi». Incontriamo Whittle negli uffici-showroom. È un uomo piccolo, sobrio, con la fronte alta e i capelli e la barba morbidi e bianchi, lo sguardo brillante. È sposato con un’italiana, Priscilla Rattazzi (nipote di Gianni Agnelli), e forse parte della sua eleganza arriva per osmosi, un concetto che sembra stargli a cuore. «Ho sempre pensato di costruire una scuola moderna non solo per i ragazzi che la frequentano ma anche per creare un impatto nel modo di pensare e gestire tutte le scuole. In una decina di anni, a pieno regime, avremo 100 mila studenti, potremmo essere la scuola più grande del pianeta».

Il progetto su scala mondiale Whittle School è solo l’ultima di una serie di imprese con le quali Whittle (che ha iniziato nell’editoria, rilevando poi la leggendaria rivista Esquire negli anni ’80) ha fatto dell’istruzione il suo business. Nel 1989, con Channel One, entra nelle scuole americane diffondendo su televisori forniti dall’azienda, telegiornali in stile Mtv che includono due minuti di pubblicità, facendo scoppiare un putiferio. Nel 1992 lancia il suo progetto più controverso, la Edison Schools, una rete nazionale di scuole for-profit in diretta competizione con le scuole pubbliche. L’idea di Whittle prevede la costruzione di 200 scuole in tutti gli Stati Uniti entro 5 anni (1000 entro 15 anni) a un costo enorme, 3 miliardi di dollari. Ma sotto Clinton i voucher statali sui quali conta non arrivano e Whittle raccoglie solo un decimo del capitale previsto. Invece di costruire scuole nuove, deve limitarsi a gestirne di esistenti: prendono così piede le charter, scuole pubbliche finanziate da fondi statali ma gestite privatamente (un modello che esiste ancora oggi, e sul quale Trump sta investendo pesantemente).

Whittle ottiene contratti per scuole a basso rendimento e i risultati traballano. La Edison crolla in Borsa nel 2002 ma il progetto resiste. Whittle riemerge nel 2011 nel gettonato Meatpacking District a New York, per inaugurare un altro progetto grandioso: Avenues, “The World School”, un concetto molto simile a quello che sta nascendo adesso dal quale Whittle però esce nel 2015.

Gli chiediamo se si sia buttato sulle private rivolte a una clientela esclusiva perché non crede più di poter rivoluzionare la scuola pubblica. “No, la visione non è morta… Non vedo queste esperienze passate come separate, ma come tappe di un lungo percorso verso una scuola migliore».

Sollecitato sul fatto che la sua idea di scuola sia comunque appannaggio di pochi, sostiene che il progetto non è “for profit” ma “by profit”, e cioè il profitto non è l’obiettivo ma il mezzo attraverso cui si può sostenere il progetto, «perché abbiamo raccolto investimenti per 700 milioni di dollari, provate a riuscirci con la beneficenza, con un bake sale» (la tipica vendita di dolci casalinghi fatta per raccogliere fondi nelle scuole pubbliche). «Se mi chiedete se credo in una scuola migliore e anche nel capitalismo la risposta è sì. Si possono avere due pensieri contemporaneamente, no?».

Mr. Whittle ci invita a fare una visita del cantiere di lì a qualche giorno. L’edificio è un enorme palazzo brutalista costruito negli anni ’80 in centro città, su Connecticut Avenue, in una zona di ambasciate, di cui la più grande è quella cinese, forse non un caso. Whittle ci racconta che l’edificio era la sede della Intelsat, l’agenzia aerospaziale internazionale. Ha un perimetro di un chilometro, una superficie interna di quasi 10.000 metri quadri ed è ancora sotto protezione della Cia. Quest’aura di internazionalità e pionierismo inorgogliscono molto Mr. Whittle, anche se ammette di essere stato preoccupato che a Renzo Piano non piacesse l’idea di non poter toccare l’esterno per ragioni di conservazione patrimoniale.

In effetti tra tutte le scuole che verranno costruite nel mondo questa è l’unica che non potrà avere l’aspetto esteriore immaginato dall’archistar italiana: «È un edificio che stiamo trasformando affinché possegga i tratti filosofici, educativi, di questo modello scolastico».

Le “piazze”, anche se il cantiere è ancora piuttosto indietro, si vedono già, si vedono la grandiosità dello spazio, l’eleganza degli arredi modulari in legno chiaro (sedie mobili – perché i bambini amano dondolarsi – e tavoli con le ruote, perché l’assetto della classe può essere cambiato in continuazione), l’illuminazione calda. Si intravedono le aree per i teatri e gli auditorium, la gradevolezza di un luogo dove vorresti non solo mandare i bambini, ma starci.

Renzo Piano lo sa: «L’essenza dell’apprendimento è la bellezza, la scuola non è un luogo separato dalla vita... Cerchiamo di creare luoghi dove i bambini possano sentirsi felici e liberi di creare». Lo sollecitiamo sul fatto che questa opportunità non sia accessibile alla stragrande maggioranza dei bambini: «Se mi chiedete se come progettista sono a favore della scuola privata rispetto a quella pubblica, ci mancherebbe... L’idea di scuola pubblica è una conquista europea che possiamo ancora insegnare al mondo». Peccato che il mondo, a cominciare dall’America, stia spingendo nella direzione opposta: la scuola pubblica sta subendo un attacco senza pari. Per ora, fortunati i fortunati che si possono permettere la scuola buona e bella, a caro prezzo.

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