Ancora qualche riflessione a partire dalla ricorrenza del primo anno dal sisma che distrusse città e villaggi del Centro Italia lo scorso 24 agosto 2016, a poche ore dalla piccola scossa che ha fatto seri danni, e un paio di morti e qualche ferito, a Ischia. Con una impudenza straordinaria il ceto politico si ripete negli annunci, nelle garanzie, nelle promesse. Faremo, porteremo, sgombreremo: una sovrabbondanza di tempi futuri per gente che reclama il presente. E l’immancabile fervorino ai soccorritori (ma che devono fare i professionisti del ramo, se non soccorrere?!), e soprattutto lo stucchevole richiamo allo Stato che “non lascerà sole queste popolazioni”.
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Poi si spengono le luci della ribalta mediatica, accade un’altra disgrazia o un evento da prima pagina, e le popolazioni, accarezzate 48 ore prima, vengono tosto dimenticate. Lo Stato se ne frega, in sintesi. Davvero è una storia comica, se non fosse drammatica, e spesso tragica, per la gente colpita da terremoti, alluvioni, frane.
E allora vien da chiedersi, quali sono i doveri dei politici di professione? O alzando il tiro, interrogarsi sulla stessa politica. La quale potrebbe essere definita come ha fatto qualcuno, nel secolo XIX (il giurista tedesco Georg Jellinek), l’arte di guardar lontano. Ossia, prima di assumere una decisione, occorre la capacità di esaminare gli effetti, prevedere le conseguenze, indagare i possibili esiti, sia quelli strettamente inerenti alle scelte compiute, sia quelli indipendenti da esse, ma che possono, appunto, essere innescati da quelle scelte.
Perciò, tanto più nelle società complesse, ciascun attore politico ha bisogno di ricorrere al sapere, e alle tecniche relative a ciascun sapere. In altri termini, i politici hanno la necessità di chiedere agli esperti di ciascun ramo, specie se, come accade in Italia, gli stessi uomini e le stesse donne passano da un ministero all’altro con assoluta disinvoltura: il primo dato che emerge, dunque, è l’assoluta “in-competenza”, ossia il contrario della “competenza”. La classe politica è composta di persone che non hanno, di regola, nessun know how in nessun campo, e quindi possono tranquillamente transitare dall’Agricoltura all’Istruzione, dai Trasporti alla Cultura, dall’Industria alla Difesa… Aggiungasi che la classe politica è composta di persone di regola prive persino di un livello basico di istruzione, e quando pure siano riuscite “a strappare uno straccetto di laurea alla svogliatezza e al lasciar passare dei professori” (così Antonio Gramsci, un secolo fa), esse, perlopiù, non hanno neppure idea di che cosa significhi “cultura”.