venerdì 18 marzo 2016

Votare Sì al referendum sulle trivelle, per salvare ambiente e democrazia.

La Deutsche Bank , che di conti se ne intende, ha fatto i suoi conti e ci dice per evitare l’aumento di due gradi della temperatura del nostro pianeta, dovremmo lasciare sotto terra l’80% delle riserve di petrolio, gas e carbone e intraprendere senza indugi la strada delle energie rinnovabili.
L’aumento di due gradi della temperatura sarebbe il disastro ecologico per il pianeta. Dovremmo ricordarcelo quando ci compiaciamo delle belle giornate di una primavera senza inverno, ma che ha scatenato la solita sequenza di mareggiate, piogge monsoniche, che hanno causato 6 morti nella disattenzione generale nei giorni scorsi. “La specie umana è capace di abituarsi a tutto”, dicono gli ottimisti che si godono questo sole malato. Non si abituano le donne e gli uomini che fuggono dai territori dell’Africa ridotti a deserto dal riscaldamento del clima.
Ecco, la prima ragione per cui andare a votare per fermare le trivellazioni delle nostre terre e dei nostri mari è proprio questa. Se per salvarci dal disastro ambientale dovremmo lasciare sotto terra l’80% del petrolio e del carbone che senso ha cercarne di nuovo?

Il segretario dei chimici della Cgil invita a votare no al referendum in nome delle sviluppo e dell’occupazione. A parte il fatto che contrapporre l’occupazione alla difesa del territorio e alla salvaguardia della vivibilità del pianeta è una sciocchezza, che ha prodotto enormi disastri nel nostro passato recente, lo inviterei a preoccuparsi un po’ di più del fatto che il nostro governo, dopo i buoni risultati raggiunti dal nostro Paese nel 2013, non sembra più preoccuparsi di incrementare le energie rinnovabili e questo è davvero un guaio per l’occupazione, dato che il tasso di occupazione a parità di chilovattora è sette volte superiore se quella energia è prodotta dalla filiera delle rinnovabili rispetto al carbone e al petrolio.
Se la gente andasse a votare sono certo che voterebbe SI allo stop delle trivellazioni . Lo pensa anche il governo tanto da decidere di far votare il 17 di aprile , impedendo di accorpare il referendum alle elezioni amministrative di primavera. Con un aggravio per i conti dello Stato di oltre 300 milioni di euro , che avrebbero potuto essere impiegati per la messa in sicurezza del territorio e per il risparmio energetico. E conta così che le trivellazioni siano confermate perché non si raggiungerà il quorum di votanti necessario a rendere valido l’esito del referendum. Il ragionamento è lucidamente cinico.
I luoghi dove si trivella non sono poi così tanti. Le autonomie locali sono state espropriate del potere di decidere attraverso lo Sblocca Italia . Gli italiani che non sono direttamente coinvolti dagli oltraggi alla bellezza del territorio e del mare alla portata dei loro sguardi se ne staranno a casa, e il governo incasserà una nuova grande vittoria a dispetto della partecipazione e della democrazia. Un ragionamento del tutto coerente con un’idea di governo indifferente al crescere dell’astensionismo e alla diminuzione della partecipazione democratica e del resto la logica su cui si incardina il combinato disposto fra la riforma costituzionale e la riforma elettorale. Si decide meglio, si è più al passo coi tempi, se si riducono il luoghi e i tempi del confronto e della partecipazione democratica. Si vota. Non importa se in pochi o in tanti. E poi chi vince decide alleggerito dal confronto con le istituzioni democratiche e coi territori.
Dovremmo provare a fare al governo una grossa sorpresa, e impegnarsi da subito perché in tanti vadano a votare SI al referendum il 17 di aprile. Non è in gioco solo, e sarebbe già tantissimo, lo sfregio alla bellezza e alla vita di splendidi luoghi della nostra terra e del nostro mare. È in gioco la stessa idea della democrazia e di ciò che è necessario fare e non fare per salvaguardare la vita sul nostro pianeta.

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