Inizierei a parlare d’Europa partendo dalla terribile tragedia in Spagna in cui hanno perso la vita 13 studentesse Erasmus: la ‘generazione Europa’, si potrebbe dire.
Talvolta una tragedia come questa può portare alla superficie alcune grandi virtù dell’impianto europeo. Il programma Erasmus è un esempio meraviglioso di come si riesca a scavalcare le frontiere, passare da un’università all’altra e acquisire un’identità europea che è un requisito essenziale per una Unione Europea vera e propria. Il mio pensiero è rivolto alle vittime dell’incidente. Gli Erasmus sono un esempio di ciò che bisogna preservare in un’Europa che si sta disintegrando sotto il peso di una crisi economica con la quale si sarebbe dovuto reagire in maniera diversa 5-6 anni fa. Ora tutte le altre crisi si stanno sommando a quella economica, penso alla crisi dei rifugiati...
L’accordo con la Turchia, firmato dai leader Ue solo venerdì scorso, sta già mostrando le sue crepe. La Grecia chiede più tempo per organizzare le nuove disposizioni. Vuol dire che Tsipras ha negoziato male al Consiglio europeo della scorsa settimana?
Da una prospettiva europea questo accordo è un scandalo, è offensivo e viola i principi di base dell’umanesimo. E’ un accordo non-europeo nel senso che non rende una bella immagine dell’Europa come spazio dove i profughi possano trovare rifugio. Quando nel 2009-2010 è iniziata la crisi dell’euro, ogni summit europeo finiva con un comunicato e una conferenza stampa con cui i nostri grandi leader annunciavano le loro misure per la crisi e prevedevano che in pochi mesi sarebbe finita. Salvo rivelare, al summit successivo, che quello precedente era stato un catastrofico fallimento. Proprio come in un’antica tragedia greca o in una tragedia shakespeariana, tipo Macbeth, dove Macbeth e lady Macbeth compivano crimine su crimine. Oggi sui migranti l’Unione europea aggiunge idiozia a idiozia e ripete lo stesso schema di reiterato e spettacolare fallimento usato con la crisi dell’euro. L’accordo con la Turchia dice che dobbiamo deportare i profughi in un paese che non rispetta gli standard internazionali di rispetto dei diritti umani! Anche se volessimo accettare l’accordo ‘uno a uno’ (per ogni illegale che torna in Turchia dalla Grecia, Ankara rende all’Europa un siriano già registrato, ndr.), cosa succede ai 50mila che sono già arrivati in Grecia? Penso che i greci abbiano dimostrato una grande umanità scegliendo di accoglierli. Questo mette in luce l’ipocrisia dell’Unione Europea. Esattamente come con la crisi economica: la Grecia è stata trattata come un paria, il nostro governo fu schiacciato solo perché osammo dire di no alle decisioni europee. Ma ora di fronte all’Austria che viola ogni regola europea e assume posizioni unilaterali, tutti si girano dall’altro lato. Di fronte all’Ungheria che attua scelte razziste e costruisce muri, nessuno reagisce. È chiaro che l’Europa si sta disintegrando.
Che alternativa propone? Sanzioni contro quei paesi che non accolgono i profughi?
Personalmente penso che un’Europa che fa ricorso alle sanzioni è un’Europa che ha perso la sua integrità. La ragione per cui assistiamo a questo disastro che ci fa pensare a delle sanzioni è che abbiamo fallito nel preservare due cose essenziali per l’Europa, le cose per cui la gente voleva essere parte dell’Unione Europea. La prima: il sogno di una prosperità condivisa. Dopo la crisi dell’euro, abbiamo permesso che ognuno pensasse per se. Alla Grecia è stato detto: basta che paghi i debiti, non ci interessa che metà della popolazione è disoccupata. All’Italia è stato detto: non ci interessa della stagnazione. La seconda cosa che è andata a male è la democrazia, completamente annullata con la morsa che ha messo alle strette il governo greco: all’Eurogruppo il ministro delle finanze tedesco mi diceva che le elezioni non hanno il potere di cambiare alcunché! Le sanzioni dovrebbero essere usate ma solo nel contesto di riparare a queste due mancanze: ri-democratizzare l’Europa, e questo è il motivo che muove Diem25, e mettere le istituzioni al lavoro per stabilizzare la crisi economica nella prospettiva di una prosperità condivisa.
Diem25 è un movimento di sinistra?
No, basta vedere il manifesto. Abbiamo pensato che dal collasso del sistema economico nel 2008 stiamo vivendo un’epoca molto simile alla crisi del 1929: crollo delle garanzie comuni degli Stati, guerra, xenofobia. Esattamente oggi stiamo vivendo una nuova versione del 1930: il dovere politico e morale ci dice di mettere insieme i democratici di tutta Europa, indipendentemente dalla nazionalità, lingua ed estrazione politica, quelli di sinistra, destra, i progressisti, i liberali, Verdi, marxisti per evitare che l’Europa finisca in un abisso. Ecco cos’è Diem25. L’importante è condividere 4-5 motivi per cui l’Europa si sta disintegrando e come reagire a questa crisi. Stiamo cercando di fare quello che la generazione dei nostri nonni non è riuscita a fare nel 1930.
Tsipras intanto dialoga con il Pse: ha partecipato al vertice straordinario a Parigi e anche al pre-vertice di giovedì prima del Consiglio Europeo. Che giudizio dà?
Sono favorevole al dialogo, io voglio dialogare con tutti. Non sarò mai critico con Tsipras o con chicchessia solo perché dialogano. Ma una cosa è dialogare un’altra è essere cooptati o arrendersi.
Tsipras si sta lasciando cooptare dal Pse?
Se vogliono mettersi insieme, ok per me. Considero ancora Tsipras un compagno con cui ho delle divergenze, che ha fatto delle scelte che non capisco e non perdono ma allo stesso tempo non mi metterò mai contro un compagno. Ho scritto un articolo per un quotidiano greco la scorsa settimana in cui sostengo la necessità di separare le nostre differenze nel rapporto con la Troika dall’attuale crisi dei rifugiati: il governo greco ha il mio personale sostegno al 100 per cento su questo. Il modo in cui la Grecia è stata trasformata in un campo di concentramento, è stata marginalizzata, il modo in cui alcuni poteri europei vorrebbero trasformarla in una sorta di ‘terra di nessuno’, questo è qualcosa contro cui dobbiamo stare insieme dalla stessa parte: io, Tsipras, i socialisti ma anche la Cdu, chiunque voglia essere parte di questo processo di battersi contro i muri.
Passo indietro: referendum di luglio in Grecia sull’accordo con la Troika. Secondo alcune voci, Syriza in realtà sperava nella vittoria del sì per avere una giustificazione alla firma del memorandum, ritenendola inevitabile: è vero?
Syriza è una ‘bestia’ troppo grande per avere una sola volontà. Una parte di Syriza certamente voleva la vittoria del no al referendum sulle richieste della Troika. Ma una parte della leadership di Syriza guardava alla vittoria del sì come ad una possibile via d’uscita: si tratta di esponenti dell’organizzazione e del governo che non erano d’accordo con la mia idea di portare fino in fondo la battaglia contro la Troika. Loro, esponenti del governo, volevano una via d’uscita e chiaramente volevano la vittoria del sì.
Anche Tsipras?
Bisogna chiedere a lui. Io posso dire che quando ho parlato con Tsipras la sera della vittoria del no con il 62 per cento dei voti, un risultato magnifico e per me inaspettato, lui era abbattuto: era chiaro che la vittoria non gli aveva dato alcuna energia e in effetti mi ha detto: ‘E’ ora di arrenderci’.
Quindi le sue dimissioni da ministro dell’Economia.
Esatto. Io so questo. Quanto alle sue speranze prima del referendum, deve chiedere a lui.
Ora però anche Renzi contesta le regole europee. O no?
Sento che ha obiezioni sulle regole fiscali dell’eurozona, dice che sono impossibili da attuare e io sono d’accordo: è vero. La prova è che anche la Germania non le rispetta con il surplus della bilancia commerciale. Ma non sono d’accordo con lui sul fatto che lui, da premier di un paese importante dell’Unione Europea, dovrebbe chiedere a nuova convenzione a livello di Consiglio europeo e di Eurogruppo per cambiare le regole. Invece fa il ‘ragazzaccio’ e chiede di ottenere il permesso di piegarle e non penso che questo aiuti. Se portasse avanti un argomentazione razionale, che dall’Italia arrivi ai paesi del nord, sulla necessità di riconfigurare le regole europee allora forse ci sarebbe una chance.
Non ci sta provando?
Non ho visto alcun tentativo da parte sua. Renzi ha tutto il diritto di chiedere la convocazione di un Consiglio europeo che discuta un processo per riassestare e riconfigurare le regole europee. Perché non lo fa?
Lei lancia Diem25 in Italia, a Roma, vicinissimi al Vaticano. Molti riconoscono a Papa Francesco una leadership indiscussa in fatto di tematiche sociali e sofferenza. E’ d’accordo e pensa che con questo Papa sia più facile per Diem25 coinvolgere le realtà cattoliche?
Penso che il Papa sarà d’accordo con questo: ci sono tanti leader in ogni comunità, tante persone che fanno il bene. Detto questo, mi piace la sua narrazione e mi convincono i canali umanitari che in Italia molte organizzazioni cattoliche portano avanti sui migranti. È un buon esempio di come l’Europa dovrebbe funzionare. Come ateo ho profondo rispetto per i leader religiosi di tutte le chiese che aprono le porte invece che chiuderle.
Vedremo una lista di Diem25 alle prossime elezioni europee o alle politiche in Italia?
Non sta a me decidere, siamo un movimento genuino. La cosa più importante è avere consenso in Europa sulle cose che vogliamo fare. Decideranno i membri che spontaneamente vorranno aderire, saranno loro a determinare le azioni, anche quelle elettorali.
Ultima: Beppe Grillo e il M5s sono partner o concorrenti?
E’ molto impressionante che da zero un movimento possa arrivare al 25 per cento nei sondaggi. Ci sono molte questioni che ci accomunano e sulle quali c’è spazio per coalizzarci: la trasparenza delle decisioni europee, per esempio sul Ttip, l’accordo sul libero scambio con gli Usa. Ma su altre questioni non capisco la loro posizione, per esempio i rifugiati e la questione democratica.
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