Qui non si tratta di stabilire se Renzi e la sua
maggioranza abbiano ragione o torto, se questo governo debba o non debba
andare a casa, se l’estrazione indiscriminata di petrolio dal fondo dei
nostri mari sia giusta o meno, se produca posti di lavoro o distrugga
unicamente l’ambiente, l’eco-sistema e la bellezza del nostro patrimonio
paesaggistico, se siano coerenti o meno coloro che cinque anni fa si
battevano contro il nucleare berlusconiano e oggi sostengono e difendono
a spada tratta tutte le riforme renziane.
E non chiediamo nemmeno che i direttori di giornali e telegiornali siano d’accordo con i promotori del referendum medesimo, che ne condividano le ragioni o che dichiarino il proprio sostegno alla causa.
Chiediamo unicamente che facciano la propria parte, ciò per cui sono giustamente pagati, letti e seguiti da milioni di persone: informare.
Chiediamo che diano la notizia di questo referendum, che ne spieghino le caratteristiche, che mettano la popolazione al corrente di ciò che accadrà in quella domenica d’aprile, che facciano capire cosa comporti il votare SÌ e cosa comporti il votare NO, che siano equi e rispettosi di tutte le opinioni, senza tentare in alcun modo di condizionare la libera formazione delle idee da parte dei cittadini.
Chiediamo che la si smetta di oscurare e far finta che non esistano tutti i temi scomodi al potere, che si esca da quest’editto bulgaro permanente, iniziato nel 2002, che ha condotto il nostro Paese in fondo alle classifiche internazionali sulla libertà d’informazione, che venga pienamente attuato l’articolo 21 della Costituzione, che sia nuovamente sancito il diritto dei giornalisti di informare e, soprattutto, il dovere dei cittadini di essere informati e che la si smetta, quando si tratta di referendum, di far perno sull’astensione anziché esporre con coraggio, convinzione e coerenza le ragioni della propria contrarietà.
Chiediamo, infine, che la si smetta di diseducare i cittadini alla democrazia e alla partecipazione, che li si consideri nuovamente persone e non sudditi, che si applichino compiutamente i princìpi cardine della nostra Costituzione, che si torni a illuminare tutte le periferie che oggi non hanno voce.
In poche parole, chiediamo a chi svolge il nostro stesso mestiere di ricordarsi che deve guadagnarsi ogni giorno il diritto a godere di questo privilegio, in quanto la nostra professione è nata proprio per rendere giustizia a chi senza di noi non avrebbe alcuna possibilità di farsi sentire. Che si tratti di trivelle o di passioni politiche, che siano battaglie da noi condivise o che non lo siano, il nostro dovere è quello di darne conto e non possiamo sottrarci.
E non chiediamo nemmeno che i direttori di giornali e telegiornali siano d’accordo con i promotori del referendum medesimo, che ne condividano le ragioni o che dichiarino il proprio sostegno alla causa.
Chiediamo unicamente che facciano la propria parte, ciò per cui sono giustamente pagati, letti e seguiti da milioni di persone: informare.
Chiediamo che diano la notizia di questo referendum, che ne spieghino le caratteristiche, che mettano la popolazione al corrente di ciò che accadrà in quella domenica d’aprile, che facciano capire cosa comporti il votare SÌ e cosa comporti il votare NO, che siano equi e rispettosi di tutte le opinioni, senza tentare in alcun modo di condizionare la libera formazione delle idee da parte dei cittadini.
Chiediamo che la si smetta di oscurare e far finta che non esistano tutti i temi scomodi al potere, che si esca da quest’editto bulgaro permanente, iniziato nel 2002, che ha condotto il nostro Paese in fondo alle classifiche internazionali sulla libertà d’informazione, che venga pienamente attuato l’articolo 21 della Costituzione, che sia nuovamente sancito il diritto dei giornalisti di informare e, soprattutto, il dovere dei cittadini di essere informati e che la si smetta, quando si tratta di referendum, di far perno sull’astensione anziché esporre con coraggio, convinzione e coerenza le ragioni della propria contrarietà.
Chiediamo, infine, che la si smetta di diseducare i cittadini alla democrazia e alla partecipazione, che li si consideri nuovamente persone e non sudditi, che si applichino compiutamente i princìpi cardine della nostra Costituzione, che si torni a illuminare tutte le periferie che oggi non hanno voce.
In poche parole, chiediamo a chi svolge il nostro stesso mestiere di ricordarsi che deve guadagnarsi ogni giorno il diritto a godere di questo privilegio, in quanto la nostra professione è nata proprio per rendere giustizia a chi senza di noi non avrebbe alcuna possibilità di farsi sentire. Che si tratti di trivelle o di passioni politiche, che siano battaglie da noi condivise o che non lo siano, il nostro dovere è quello di darne conto e non possiamo sottrarci.
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