sabato 4 luglio 2015

Turchia, ancora una prova di forza di Erdogan nella formazione del governo nonostante l'instabilità politica

contropiano anastasia latini
Il Presidente Erdoğan ha reagito in modo deciso ai risultati usciti fuori dalle urne quasi un mese fa. Nemmeno la necessità di dare un governo di coalizione alla Turchia dopo che gli elettori hanno fermato il suo partito di maggioranza al 40.87%, quindi impossibilitato a formarne uno da solo, lo ha spinto a scendere a più miti consigli con i tre partiti di opposizione. La nomina di Ismet Yılmaz sembra l'ennesima prova di forza del Presidente della Repubblica, che benché sia fuori dal Parlamento ha ancora molto potere, nonostante formalmente sia Ahmet Davutoğlu a guidare l'esecutivo Yılmaz, ex Ministro della Difesa, è stato eletto con dalla maggioranza dell'AKP anche grazie all'incapacità dell'opposizione formata dai partiti CHP, MHP e HDP di unirsi per sostenere la candidatura di Deniz Baykal, ex leader del partito kemalista, il quale ha ottenuto i soli voti del CHP.

Questa svolta ha reso ancora più ardua la formazione della coalizione in quanto dare la presidenza ad un esponente politico non appartenente all'AKP avrebbe potuto essere un ottimo mezzo per creare un ponte e dare un governo al paese, politicamente molto instabile dopo questa svolta. Ora si guarda in direzione dell'ala destra del partito nazionalista MHP, anche se ogni tipo di alleanza viene resa difficile dai profondi disaccordi sulla politica estera e interna, in special modo sul ruolo che dovrà svolgere Erdoğan, il quale va molto al di là del suo ruolo con la sua ingerenza negli affari parlamentari.

Evapora anche la speranza dell'unione dei tre partiti di opposizione che avrebbe potuto strappare il potere dalle mani dell'AKP dopo un decennio, mentre anche l'alleanza AKP-­CHP è ormai lettera morta, nonostante avrebbe contribuito a placare le paure degli investitori e sarebbe potuto essere un buon compromesso contro l'insorgere di rimostranze curde. Dopo che il partito filo­curdo, l'HDP, entrato per la prima volta in Parlamento ha demolito senza riserve la possibilità di far parte di un esecutivo con l'AKP, e vista la difficile situazione ai confini con il Kurdistan iracheno, si riaffaccia la paura di un sommovimento della componente curda in Turchia, che sta vivendo molto male l'ambiguità di Ankara nei confronti dello Stato Islamico, la cui guerra sta facendo riversare migliaia di profughi curdi e siriani oltre il confine. Nonostante le recenti rassicurazioni del premier Davutoğlu infatti, non è sfuggito l'incremento di truppe schierate al confine orientale, mentre si intensificano gli scontri ad Aleppo dove il governo siriano sta combattendo contro i ribelli nella parte nord della città con pesanti bombardamenti aerei. “E' corretto dire che stiamo prendendo precauzioni per proteggere i nostri confini. Se c'è una circostanza intorno ai confini che minaccia la sicurezza della Turchia l'ordine di attaccare è stato dato”, ha dichiarato il premier in quella che sembra più una minaccia che una rassicurazione, nonostante la Turchia, prosegue l'intervento, si asterrà da qualsiasi attacco unilaterale. Ankara non teme solo l'Is ma anche la presenza dei combattenti curdi, soprattutto nel caso controllassero tutto il confine siriano, in quanto vengono visti come diretta emanazione del PKK con il cui conflitto mai sopito va avanti dal 1984 e che ha causato 40.000 vittime. Un ufficiale turco ha dichiarato a Reuters che una zona di sicurezza è indispensabile lungo la linea che separa Siria e Turchia e di questo si discute tra le alte sfere, visto il possibile arrivo di un'altra ondata di profughi in fuga dalle violenze dei combattimenti in quella che ormai è una terra di nessuno.
Assad, i guerriglieri curdi e l'Is si fronteggiano combattendo di quartiere in quartiere nelle maggiori città siriane, e al momento le maggiori preoccupazioni della sfera militare turca sono Aleppo, con cui il collegamento è di primaria importanza, e Jarablus, città a ovest dell'Eufrate la cui caduta nelle mani dei curdi porterebbe ad una pronta risposta della Turchia, dato la sua posizione vicina alla città turca di Karkamis.
La stabilità politica della Turchia è indispensabile per contenere la guerra che si sta svolgendo il Medio Oriente, il paese non è solo uno dei più importanti membri della NATO ma anche un attore regionale di primo piano imprescindibile per qualsiasi intervento nell'area.

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