domenica 5 luglio 2015

Sul #Greferendum, lascio la parola a Marina, una possibile me.


 
 
Giornalista, L'Huffington Post

Per questo ho cercato una possibile me laggiù, ad Atene, una persona che in qualche modo mi somigli per età, esperienze di vita, professione, sensibilità. L'ho trovata: si chiama Marina Spyrou, ha trentatré anni, fa la giornalista. Si è laureata in un'università pubblica di Atene, ha viaggiato, è cresciuta con l'euro. A gennaio, alle ultime elezioni politiche, ha votato Syriza. Domenica voterà no (oxi) al referendum. Sono felice di ospitare le sue riflessioni su questo blog. Buon voto Marina, e grazie.
"Voterò no al referendum perché, malgrado l'enorme propaganda dei media e dei creditori sul fatto che così ci sarà per forza una Grexit, non dirò "no" all'euro o all'Unione europea, dirò "no" all'austerity.

Vivo in un Paese distrutto, dove niente funziona nel modo giusto. Decine di ospedali, scuole e strutture di ogni genere hanno chiuso i battenti negli ultimi cinque anni, e quelli rimasti in piedi non funzionano bene. La disoccupazione è al 27% e la maggior parte dei giovani più brillanti è andata all'estero. Ci sono migliaia di persone che non hanno i soldi per comprare cibo per se stessi o per i propri figli; ci sono bambini che svengono a scuola perché sono affamati; ci sono centinaia di persone rimaste senza casa, e i suicidi sono aumentati notevolmente. Allo stesso tempo, Alba Dorata è diventata la terza forza politica nel Parlamento greco, mentre organizza omicidi per le strade.
Questa situazione è il risultato delle gravi crisi economiche e sociali ereditate dai governi precedenti e dalle richieste dei creditori. Negli ultimi cinque anni i creditori hanno continuato a chiedere, e i governi greci hanno continuato a dare, senza prima chiedere alla popolazione. Allo stesso tempo, mentre i poveri diventavano sempre più poveri e la classe media scompariva, i ricchi sono diventati sempre più ricchi. Questa è la prima volta che abbiamo l'occasione di dire una parola. Anche se non conterà, quella parola verrà sentita.
Quali sono le mie speranze?
Non ripongo grandi speranze su questo referendum, né sull'accordo tra il governo greco e i creditori che potrebbe seguirne. C'è solo una speranza di libertà, a un certo punto. C'è la speranza che, prima o poi, la speranza possa trovare un posto nelle nostre vite, dopo tutto questo.
Le mie paure?
In teoria dovrei rispondere che "ho paura che ci sia una Grexit", che "ci butteranno fuori dall'Unione europea". Ma la verità è che non ho paura di questo. La mia unica paura è che questa situazione di povertà e austerità possa andare avanti e peggiorare sempre di più. Ho paura che questo "esperimento sulla Grecia" venga testato anche sui popoli di altri paesi.
Cosa penso di Tsipras? È il primo ministro della Grecia, è un politico, e questo non fa di lui un santo o un eroe. Il lato negativo è che non ha molta esperienza, ma al tempo stesso questo è anche un aspetto positivo, perché sicuramente è meno corrotto della maggior parte dei politici. Mi sembra una persona intelligente, ma è troppo presto per trarre conclusioni sulle sue abilità. Di certo non è Samaras, Venizelos, Papandreou o Simitis, e questo è un altro elemento che me lo fa vedere in chiave positiva.
Il mio messaggio a Bruxelles e alla ex Troika.
A Mr Schulz direi che spetta ai greci votare per i propri governi, che a lui piaccia o meno. A Mr Juncker vorrei dire che i greci "non commetteranno un suicidio se voteranno 'no' a questo referendum", come ha affermato lui in una dichiarazione, visto che negli ultimi cinque anni più di cinquemila cittadini greci si sono suicidati per davvero a causa delle politiche di austerity. Ai nostri creditori vorrei dire che non siamo più disposti ad ascoltare le loro minacce, dal momento in cui ci hanno portato al limite. Quando non hai niente, non hai nulla da perdere. Giusto?"
Ps: Avevo chiesto a Marina una foto con la sua faccia, per accompagnare questo post. Lei ha preferito darmi questa, scattata da Aggeliki Koronaiou. Si intitola "Europe 2014"; è stata scattata ad Atene un anno prima della chiusura delle banche e due anni dopo l'inizio della crisi.

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