mercoledì 1 luglio 2015

Aiutare un figlio bocciato.

Aiutare un figlio bocciatoChe cosa fare se un ragazzo viene respinto. Per gli adolescenti è un momento complesso, un fallimento.Ed è dura lasciare i compagni di classe. L’esperto: “Non solo non fortifica ma favorisce l’inadeguatezza”.


È il momento più temuto: la bocciatura è arrivata. E ci si accorge che la spavalderia era una scena: abbiamo davanti un adolescente mortificato, sofferente. Perché se qualcuno accetta la bocciatura come una conseguenza - in fondo anche giusta - di quanto poco si è fatto nel corso dell’anno, tanti la vivono come un fallimento, accompagnato, come se non bastasse, dall’abbandono dei compagni di classe. In Italia il 17% dei quindicenni dichiara di aver ripetuto almeno un anno (è il 26 in contesti socio-culturali svantaggiati) contro il 12% della media Ocse, (rapporto Ocse/ Pisa 2014). «La bocciatura è un istituto che andrebbe rivisto - premette Matteo Lancini, docente di psicologia alla Bicocca ed esperto di psicoterapia e psicoanalisi dell’ adolescenza - il contesto culturale e sociale nel quale vivono oggi gli adolescenti è di tipo affettivo, basato sulla relazione e sulla capacità degli adulti di spiegare le ragioni di un intervento educativo piuttosto che sulla semplice comunicazione del fallimento. E in questo contesto è difficile che una bocciatura fortifichi, più probabile che favorisca il senso di inadeguatezza. Intendiamoci, la valutazione è fondamentale, ma si può valutare senza bocciare, senza far ripetere l’anno. In tanti paesi si segnalano le aree in cui lo studente è carente e si organizzano percorsi di sostegno e recupero».
I bocciati non sono i genitori.

«Sdrammatizzare nel tentativo di proteggere i figli dalla delusione non funziona. Perché ripetere l’anno e allontanarsi dai propri compagni di classe non è un tragedia, ma una pesante delusione sì». Vanno evitate le scene di disperazione, i “ mi hai deluso”, o “non me lo aspettavo da te”. «I genitori non devono porsi loro stessi al centro della sofferenza. Il ragazzo che già vive un disagio non deve sostenere anche il problema della delusione degli adulti. Il sentimento di identificazione va evitato: bisogna tentare di mettersi alla giusta distanza per aiutare e avere chiaro in mente che il fallimento è dello studente non della persona, e la scuola è un aspetto importante della vita ma non l’unico ».

La punizione? Ha perso di senso. Privare per stimolare l’ impegno funziona? «Le punizioni di tipo privativo: ti impedisco, ti tolgo, sono inutili perché è cambiato il contesto sociale e culturale nel quale i nostri figli vivono. Avevano un senso all’interno di un modello educativo basato sulla colpa, oggi, fuori da quel modello la privazione non funziona. Se si punisce – conclude Lancini - servono punizioni di tipo inclusivo, propositivo: “il prossimo anno potresti fare…”, “potresti aiutare…”, “potresti impegnarti … “».Capire le ragioni e riprogettare. Prendere un po’ di distanza per aiutare. Comprendere gli errori insieme al ragazzo, ragionare con lui su come favorire l’impegno, e con il dialogo accompagnarlo nella riprogrammazione del futuro. «Vanno messi a fuoco i motivi della bocciatura, va compreso cosa non ha funzionato, parlando con gli insegnanti, con la scuola. E cercando di capire continua Lancini - anche come sta nostro figlio quando è a casa. Non è facile per i ragazzi stare da soli per ore sui libri, nel silenzio.

Aiutare non è facile. Anche la punizione non ha senso fuori da un sistema di colpe D’altronde abbiamo favorito un modello di bambino e di adolescente che non sa stare solo, che vive con noia e tristezza la solitudine. Potrebbe essere utile affiancare allo studente una figura tutoriale, che non è un insegnante che fa ripetizioni per una specifica materia, ma una figura diversa».

Cambiare? Dipende. Spesso l’ansia di “fare qualcosa” spinge i genitori a invitare i figli a cambiare: un istituto dove “i ragazzi sono più seguiti”, o un cambio di indirizzo. «Il cambiamento di per sé non è una soluzione. Dipende dalle ragioni e dalle prospettive che lo motivano. A volte cambiare aggiunge fallimento al fallimento, può far sentire più inadeguati. Inoltre va tenuto presente che la scuola per un adolescente è anche un luogo di affetti e appartenenza. Abbandonare quel luogo può fare peggio». Diverso naturalmente è il caso in cui è proprio il ragazzo a voler cambiare, magari stanco di una richiesta di impegno eccessivo.

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