domenica 1 settembre 2013

Siria. Obama: "Pronto a ordinare l'attacco. Chiederò il via libera al Congresso"

Il presidente: "Sto preparando ordine per intervento limitato, ma serve dibattito in Parlamento". Apertura del Congresso prevista per il 9 settembre. La Casa Bianca presenta la richiesta formale alle due Camere. Il Senato: "Voteremo entro il 15 settembre". Discorso in ritardo di mezz'ora, forse per una telefonata, presente anche il vice Biden. L'ira di Putin contro gli Usa.  Ispettori Onu tornati dalla Siria. Domani vedranno Ban Ki-moon. Letta per opzione diplomatica. Pasdaran di Teheran con Damasco. No della Lega araba all'intervento.

repubblica.it
Obama: "Pronto a ordinare l'attacco. Chiederò il via libera al Congresso"
  DAMASCO - Sembrava imminente l'attacco contro la Siria. Questione di poche ore. E invece Barack Obama prende tempo. E decide di coinvolgere il Congresso degli Stati Uniti. "L'attacco del governo siriano con armi chimiche è stato un assalto alla dignità umana", dice in un discorso pronunciato nel giardino delle rose della Casa Bianca, con un ritardo di 40 minuti rispetto a quanto preannunciato. "Gli Stati Uniti devono intervenire contro il regime di Assad. Sono pronto a dare l'ordine", ha aggiunto il presidente Usa, ricordando le oltre mille vittime, tra cui centinaia di bambini. "Chiederò l'autorizzazione ai rappresentanti dei cittadini americani al Congresso. Il dibattito ci deve essere perché la decisione è troppo importante. Siamo pronti ad andare avanti come un'unica nazione", ha aggiunto. "L'attacco Usa alla Siria potrebbe essere domani, fra una settimana o un mese e sarà limitato nella portata", ha concluso il presidente degli Stati Uniti.

Una mossa a sorpresa, perché la legge non obbliga i presidenti americani ad avere il consenso del Congresso. Devono solo notificare l'ordine entro 48 ore dall'inizio dell'intervento militare.
"Prove contro il regime". Il Congresso si riunirà solo il 9 settembre e fino a quella data il presidente aspetterà. Un discorso quello di Obama molto atteso e arrivato con un ritardo di 40 minuti, forse per una telefonata nello studio Ovale. Si allontana quindi di qualche giorno la prospettiva di un attacco degli Stati Uniti al regime siriano. La Casa Bianca si è già detta convinta di avere il sostegno del Congresso. Da parte loro, i senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham hanno dichiarato che non sosterranno un'azione isolata che non sia parte di una strategia più ampia contro il regime siriano. Nella notte, comunque, il presidente Usa ha formalizzato la richiesta di autorizzazione al Congresso ad effettuare azioni militari contro il regime siriano, autorizzazione che potrebbe arrivare prima del 9 settembre con un progetto di legge presentato da un gruppo di parlamentari. In questo senso, i leader del Senato hanno annunciato un voto "non più tardi della settimana dal 9 al 15 settembre".

La bozza di risoluzione della Casa Bianca al Congresso. La Casa Bianca ha inviato al Congresso una bozza di risoluzione che autorizza l'uso della forza da parte degli Stati Uniti in Siria con il preciso obiettivo di proibire le armi chimiche o il loro uso da parte del regime di Bashar al Assad.
La bozza, messa a punto da funzionari della Casa Bianca, non pone scadenze all'azione americana ma è stata chiaramente scritta per calmare le  preoccupazioni del Congresso su un impegno americano 'open-ended' nella guerra civile siriana.

La risoluzione ribadisce che "l'obiettivo dell'uso della forza in rapporto alla sua autorizzazione dovrebbe essere di prevenire, ostacolare e degradare il potenziale per futuri usi di armi di distruzione di massa".
Nella risoluzione si autorizza il presidente a usare le forze armate degli Stati Uniti "per quanto lui ritenga necessario e appropriato in rapporto all'uso di armi chimiche o altre armi di distruzione di massa nel conflitto in Siria allo scopo di 1) prevenire l'uso di proliferazione (incluso il trasferimento a gruppi terroristi o altri stati o altri elementi non statali) all'interno o dalla Siria, di armi di distruzione di massa, comprese armi chimiche o biologiche o i loro componenti; o di 2) proteggere gli Stati Uniti e i suoi alleati contro la minaccia di tali armi".

La bozza "Autorizzazione per l'Uso della Forza Militare in Siria" ricorda che nel 2003, nel "Syria Accountability and Lebanon Sovereignty Act", il Congresso constatò che l'acquisizione da parte della Siria di armi di distruzione di massa minaccia la sicurezza del Medioriente e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti".

L'informazione all'America. Il presidente Barack Obama ha affidato al segretario di Stato John Kerry il compito di spiegare oggi all'America la decisione di chiedere al Congresso di autorizzare l'uso della forza in Siria. Kerry, che venerdì aveva illustrato le ragioni dietro l'azione militare contro il regime di Damasco, apparirà su tutte le cinque maggiori reti televisive Usa: Abc, Cbs, Nbc, Fox e Cnn.

L'opposizione in Siria.
La decisione ha creato sconcerto nell'opposizione siriana nel comprensibile timore che da oggi al 9 settembre, quando deputati e senatori torneranno a Washington dalle vacanze, il presidente cambi idea e rinunci ad attaccare. Ma il segretario di stato americano John Kerry ha parlato con il capo dell'opposizione siriana per sottolineare la determinazione a punire Damasco per le armi chimiche.

G20. Obama sfrutterà l'occasione del G20 di San Pietroburgo del 5 e 6 settembre per spiegare agli altri leader, incluso il suo ospite e più stretto alleato di Assad, Vladimir Putin, perché è necessario agire contro il regime di Damasco. Lo riferiscono fonti dell'amministrazione. "Comprendo e sostengo la posizione di Barack Obama sulla Siria", ha commentato il premier britannico David Cameron su Twitter, dopo il discorso alla Casa Bianca. Prima dell'annuncio, Obama ha chiamato il presidente francese Hollande, l'unico alleato occidentale rimasto disponibile a un intervento. L'inquilino dell'Eliseo ha fatto sapere che bisogna rispettare i tempi che ogni Paese si dà per agire. Ma ora è sempre più sotto pressione e potrebbe essere costretto a coinvolgere Parlamento, benché la Costituzione non lo richieda.


Italia: "Senza Onu non partecipiamo". L'Italia intanto punta sull'opzione diplomatica e annuncia che parteciperà solo in presenza dell'Onu. "Comprendiamo l'iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare", ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta. "La settimana prossima a San Pietroburgo faremo di tutto perché si trovi una soluzione politica", ha aggiunto. "Sono momenti difficili per la comunità internazionale. L'opinione pubblica italiana è stata drammaticamente turbata dalle immagini delle vittime dell'uso di armi chimiche. Dobbiamo fare di tutto perché non accada più. Il regime di Assad possiede arsenali di armi chimiche, il cui uso è un crimine contro l'umanità", ha concluso Letta in una nota di Palazzo Chigi. A fine giornata la  Lega Araba ha fatto sapere che non darà "alcun via libera per un intervento militare in Siria" e "affermerà che serve" una soluzione politica del conflitto.

Gli ispettori Onu. Gli ispettori delle Nazioni Unite, incaricati di indagare sull'uso di armi chimiche da parte del regime siriano, hanno intanto lasciato Damasco. Per avere però il risultato dei test sui campioni prelevati sul campo potrebbero essere necessarie fino a tre settimane. Lo fa sapere l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, ente inter-governativo che non dipende dal Palazzo di Vetro, ma che con quest'ultimo collabora strettamente. Intanto il portavoce dell'Onu Martin Nesirsky ha detto che le Nazioni Unite "non si ritirano" dalla Siria, ma restano nel paese per mandare avanti il lavoro umanitario con un migliaio di dipendenti.

Damasco: "Il dito sul grilletto". Dal regime siriano, intanto, arrivano ostentazioni di forza. L'esercito siriano "è mobilitato, ha il dito sul grilletto", ha detto il primo ministro siriano, Wael al-Halqi, in una nota diffusa dalla tv di Stato di Damasco. "L'esercito è pronto ad affrontare tutte le sfide e tutti gli scenari", ha aggiunto.  Un eventuale attacco militare in Siria "provocherà reazioni anche al di fuori del paese", ha detto il capo della guardie rivoluzionarie iraniane, Mohammad Ali Jafari, citato dall'agenzia Isna.

"Non ritiriamo operatori umanitari".

Le forze militari Usa. L'intera forza navale dispiegata dagli Stati Uniti in vista di una possibile azione militare contro il regime siriano continuerà ad incrociare nel Mediterraneo orientale anche se l'eventuale ordine di attacco è stato di fatto rinviato di oltre una settimana in seguito alla decisione del presidente Obama di chiedere l'autorizzazione del Congresso all'uso della forza militare in Siria.

I cinque cacciatorpedinieri, ognuno dei quali è armato con decine di missili Tomahawk, e una unità anfibia da trasporto inviate in zona - oltre ad un imprecisato numero di sottomarini, di cui la Difesa non da mai indicazioni sugli spostamenti - continueranno per il momento a navigare in quelle acque, nonostante il ritardo, ha detto una fonte della Difesa citata in forma anonima da Politico.

Alcune delle unità inviate sono in mare da diversi mesi, ma i comandanti non sembrano avere problemi, e come ha detto il presidente Obama, il capo di stato maggiore interforze Martin Dempsey ha ribadito che le forze Usa sono pronte ad eseguire gli ordini del Comandante in capo in qualunque momento decidesse di impartirli, "domani, tra una settimana, tra un mese".

Sarah Palin: "Che ci pensi Allah" - In Siria, "Che ci pensi Allah", ha affermato l'ex governatore dell'Alaska ed ex candidata alla vicepresidenza Usa Sarah Palin nel suo profilo Facebook, in un post in cui attacca anche il presidente Obama.

"Il nostro presidente vincitore del premio Nobel per la pace ha bisogno di ottenere l'approvazione del Congresso prima di portarci in guerra. Ed è un nonsenso dire che Bush non l'ha avuta".
Il presidente George W. Bush, ha scritto la Palin prima che Obama annunciasse di aver deciso di chiedere un voto del Congresso sull'uso della in Siria, "ha avuto il sostegno sia dal Congresso che da una coalizione di nostri alleati per le 'sue guerre', che ironicamente sono le stesse guerre a cui Obama ha veementemente detto di opporsi perchè mancavano le prove che fossero in gioco gli interessi vitali dell'America".

Quello in Siria, ha aggiunto, "è un conflitto in cui estremisti islamici sono contro un regime autoritario, con entrambe le parti che si gridano l'una contro l'altra: 'Allah Akbar'. E allora che ci pensi Allah".

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