ECONOMIA / IL BUCO DA COPRIRE NELLE CASSE DEL CAMPIDOGLIO
Vertice Marino-Fassina con l'assessore Morgante. Per evitare il
fallimento servono 860 milioni; impegno di Palazzo Chigi e il
Campidoglio taglia le auto blu
ROMA
- Alla giunta comunale, spiccano due assenze: il sindaco Ignazio Marino
e l'assessore al Bilancio Daniela Morgante. Assenti giustificati perché
impegnati, uno al telefono, l'altra dal «vivo», in un super-vertice col
viceministro dell'Economia Stefano Fassina. Oggetto, naturalmente, il
Bilancio del Comune di Roma. Perché, come dice un esponente della
maggioranza, «a forza di dire che le cose si risolvono, non si risolve
un bel niente».
Per coprire i conti, e schivare il fallimento, servono
860 milioni ma al Campidoglio - dopo che la giunta Alemanno ha già
impegnato soldi che, di fatto, non aveva - sono con le spalle al muro.
Servono soluzioni, e in fretta.
Di sicuro, occorre un intervento governativo, pur nei problemi di
tenuta dei conti denunciati dal ministro Fabrizio Saccomanni. Roma,
però, non può fallire: ne va di tutta l'Italia. E, allora, fanno
trapelare da palazzo Chigi «i lavori sono in corso: il governo darà una
mano a Roma, non solo perché è la Capitale ma anche perché il ruolo
delle grandi città nel futuro sarà determinante». Ma, aggiungono
dall'esecutivo, «a Roma va dato un aiuto strutturale, non una tantum».
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Daniela Morgante, assessore al Bilancio |
Marino e la Morgante sono usciti dalla riunione con una bozza di
lavoro, che presenteranno venerdì prima alla giunta, poi alla
maggioranza. La situazione, come ha confermato il vicesindaco Luigi
Nieri «è complicata», ma sul campo ci sono diverse idee. Alcune
elaborate da Roma Capitale: dall'aumento della tassa di soggiorno a
quello «fittizio» dell'Imu al 6 per mille per incassare 140 milioni di
euro in più di rimborso governativo. Soluzione «politicamente»
complicata: il centrosinistra passerebbe per la coalizione che ha alzato
l'Imu, il Pdl per il partito che ha premuto di più per toglierla.
Le strade di palazzo Chigi, invece, vertono
su un possibile intervento della Cassa depositi e prestiti, ma anche
sui soldi (circa 1,5 miliardi) che il Comune deve avere dalla gestione
commissariale istituita per il debito pre-2008: la somma che serve a
«salvare» le casse del Campidoglio potrebbe essere scontata da lì.
La giunta di Marino è divisa in due.
Da una parte c'è la «linea Improta», dettata dal responsabile della
Mobilità: usare le leve che si possono adoperare, ricorrere agli
anticipi di cassa, chiedere all'Acea una tranche del futuro dividendo
(su 170 milioni previsti, circa 85 sono del Comune), usare anche i 400
milioni in arrivo dalla Regione per il trasporto pubblico. Somma che, in
teoria, dovrebbe coprire l'anticipo già versato dal Campidoglio
all'Atac ma che adesso potrebbero finire altrove.
Quella di Improta è una visione
«politica» del Bilancio, che si scontra con la rigidità della Morgante
che, da magistrato della Corte dei Conti, vuole avere tutte le coperture
necessarie, senza correre rischi. Marino ha chiesto uno sforzo maggiore
anche al ragioniere generale Maurizio Salvi. Fu lui, del resto, ad
«avallare» l'operazione fatta da Alemanno, di approvare il Bilancio solo
a novembre 2012 per «far finta» che i 500 milioni di tagli operati dal
governo Monti non esistessero. E sta a Salvi, adesso, tirare fuori il
Campidoglio dal pantano. Altrimenti, questo potrebbe essere l'ultimo
Bilancio che il ragioniere firma.
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