Dopo l'assemblea dei parlamentari, il presidente della Repubblica diserta un convegno perché vuole dedicare "tutta l'attenzione" alla situazione politica. Ieri sera si era limitato a un gelido comunicato: "Verificheremo con maggiore esattezza". Nonostente i dubbi sulla reale portata dell'annuncio, resta l'irritazione per il danno di immagine al Paese. Bondi contro il Colle: "Dà giudizi politici".
Il “fatto inquietante” è l’assemblea dei parlamentari Pdl di ieri dove è stata annunciata la possibilità di dimissioni di massa dalle Camere nel momento in cui il Senato votasse la decadenza del leader, che si è di nuovo presentato come un perseguitato dalla giustizia che non dorme “da 55 giorni”, cioè dalla condanna definitiva per frode fiscale. Il capo dello Stato non aveva ancora commentato le minacce pidielline, limitandosi a una gelida nota diffusa ieri in serata: ”Il presidente della Repubblica si riserva di verificare con maggiore esattezza quali siano state le conclusioni dell’assemblea dei parlamentari del Pdl”. Ora l’irritazione del Quirinale prende corpo nella lettera inviata agli organizzatori del convegno disertato. Al cui tavolo è seduto tra gli altri il ministro dell’Interno e segretario del Pdl Angelino Alfano, nella veste di presidente della Fondazione Alcide De Gasperi. E dal Pdl non tardano ad arrivare reazioni dure nei confronti del Colle, reo di aver dato “un giudizio politico”, dice per esempio Sandro Bondi.
Appare sempre più è sempre più vicina la rottura tra il Presidente e il Cavaliere. Oltre ai toni usati da Berlusconi contro le toghe, definite “eversive” pochi giorni dopo l‘esortazione dello stesso Napolitano a disinnescare il conflitto politica-magistratura, al Quirinale non va giù che la minaccia di Aventino sia arrivata proprio mentre il presidente del Consiglio Enrico Letta si trovava a New York per decantare alla comunità finanziaria le opportunità di investimento in Italia, garantite anche dalla “stabilità” del Paese. Che un pregiudicato possa semisvuotare il parlamento pur di scampare alla sua condanna non deve apparire affatto rassicurante. Certo, come tutti Napolitano mette in conto che possa trattarsi di un bluff, di un colpo di coda prima dell’inevitabile uscita di scena (almeno come parlamentare) di Berlusconi, e prima che il duo Letta-Napolitano blindi gli alleati riottosi in un documento vincolante salva-larghe intese . Ma l’impatto negativo sull’immagine del paese resta devastante.
Il punto è che non sembrano esserci margini di trattativa. Dal 15 ottobre Silvio Berlusconi dovrà iniziare a scontare la sua pena, e i tempi per la decadenza – o in base la legge Severino o per l’interdizioni dai pubblici uffici – non possono essere dilatati in eterno. E’ veramente difficile che in questo lasso di tempo il presidente della Repubblica possa intervenire con un provvedimento di grazia o di commutazione della pena, o che possa pressare il Pd per una “soluzione politica” che passi da un voto anti-decadenza in Senato. Insomma, al momento non si capisce dove le minacce del Pdl possando davvero portare.
L’unico effetto immediato è quello di mandare in fibrillazione il governo Letta. All’annuncio filtrato dall’assemblea pidiellina è seguito un vortice di contatti tra New York, dove si trova il presidente del Consiglio Letta, e Roma. Dario Franceschini ha fatto da tramite contattando il vicepremier e segretario del Pdl Angelino Alfano (sentito in serata anche dal capo del governo) al quale ha contestato “l’assurdita” della posizione espressa dal Pdl proprio mentre il premier stava parlando di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite. Si racconta di un Letta profondamente amareggiato che, pur decidendo di non commentare l’accaduto, avrebbe ripetutamente chiesto spiegazioni da oltreoceano dopo che aveva ricevuto garanzie dal suo vicepremier su toni e contenuti ‘pacati’ dell’assemblea.
Ora Napolitano farà le sue “verifiche”, dato che l’assemblea Pdl si è svolta a porte chiuse e tutto quello che se ne sa è frutto di indiscrezioni giornalistiche. Una strada potrebbe essere quella di convocare al Quirinale i capigruppo del Pdl Schifani e Brunetta. Intanto, la forte pressione di Palazzo Chigi e del Pd (Epifani ha parlato di “irresponsabilità”) sul Pdl sembra aver sortito come primo effetto una prima “frenata” da parte del Popolo della libertà: tanto che dalla proposta di dimissioni accettata per “acclamazione” dai parlamentari si sarebbe passati a semplici ipotesi, con Brunetta pronto a gettare acqua sul fuoco e a smentire anche quest’ultimo scenario.
La netta presa di posizione di Napolitano mette a nudo lo scontro con il Pdl. Che immediatamente reagisce. Prima di parlare, attacca Sandro Bondi, “il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto a mio parere ascoltare personalmente i presidenti dei nostri gruppi parlamentari per avere piena contezza delle nostre decisioni”. Così, “prima di rendere pubbliche dichiarazioni, che suonano inevitabilmente come giudizi di carattere politico”, avrebbe potuto “comprendere e riconoscere l’alto valore istituzionale, politico e etico del nostro gesto”. Per Daniele Capezzone, l’unica cosa “inquietante” è “il tentativo di colpire il diritto a una piena rappresentanza politica e istituzionale di milioni di elettori, e cioè di quella grande parte del Paese che ha votato per Silvio Berlusconi”. Non manca l’intervento di Daniela Santanchè: “Il presidente della Repubblica dovrebbe sì inquietarsi, ma per l’apertura da parte dell’Europa del procedimento d’infrazione sulla irresponsabilità dei giudici italiani” (in realtà il richiamo dell’Europa riguarda la responsabilità dello Stato negli errori giudiziari).
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