L'ok dall'Europa.Violate le direttive sulla responsabilità ambientale e l'adeguamento della legge alle linee europee.
Ilva di Taranto
ROMA - L’ufficialità è arrivata a mezzogiorno: la Commissione
europea ha avviato la procedura di infrazione sull’Ilva per violazione
delle direttive sulla responsabilità ambientale e un’altra sul mancato
adeguamento della legislazione italiana alle direttive europee in
materia di emissioni industriali. Lo dichiara, da Bruxelles, Monica Frassoni,
presidente del Partito verde europeo ed esponente di Green Italia.
Questo è un duro colpo per la credibilità dell’Italia in materia
ambientale, perché sotto accusa sono stati messi i provvedimenti
adottati per la vicenda Ilva da tre governi: Berlusconi, Monti e Letta.
Né sono servite le rassicurazioni del ministro Andrea Orlando inviate a
fine luglio alla Commissione e nemmeno il dettagliato resoconto fatto
dal responsabile dell’Ambiente al commissario Janez Potocnik.
DA BRUXELLES - Secondo quanto
spiegano a Bruxelles, la maggior parte dei problemi deriva dalla
«mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate
generate durante il processo di produzione dell'acciaio». Ai sensi della
direttiva sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento
(«direttiva IPPC») le attività industriali ad alto potenziale inquinante
devono infatti essere munite di autorizzazione. Le prove di laboratorio
«evidenziano un forte inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque di
superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell'Ilva, sia nelle
zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare,
l'inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle
attività dell'acciaieria». Oltre a queste violazioni della direttiva
IPPC e al conseguente inquinamento, risulta che «le autorità italiane
non hanno garantito che l'operatore dello stabilimento dell'Ilva di
Taranto adottasse le misure correttive necessarie e sostenesse i costi
di tali misure per rimediare ai danni già causati».
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