Mentre Israele bombarda Gaza per colpire Hamas, alleato di ferro dell’Iran, all’indomani dello scandalo Petraeus che ha azzoppato la Cia e con essa il generale più prestigioso del Pentagono, i guru della
finanza mondiale vedono ormai la
guerra come destino imminente dell’umanità, o almeno dell’Occidente stritolato dai debiti: «Crediamo che la
guerra sia un’inevitabile conseguenza della attuale situazione economica mondiale», avverte Kyle Bass, super-manager di
hedge funds americani e fondatore di “Hayman Capital”. «Trilioni di dollari di debiti saranno ristrutturati – scrive Bass sul “Washington’s Blog” – e milioni di risparmiatori finanziariamente prudenti perderanno una percentuale rilevante del loro potere d’acquisto reale, esattamente al momento sbagliato nella loro vita: ancora una volta, il mondo non finirà, ma il tessuto sociale delle nazioni dilapidatrici sarà sfilacciato e in alcuni casi strappato. Purtroppo, guardando indietro nella storia economica, troppo spesso la
guerra è la manifestazione di una semplice entropia economica sostenuta fino alla sua logica conclusione».
Quel che i “cicli di
guerra” ci dicono per il 2013, sostiene l’analista Larry Edelson, è che stiamo precipitando verso una catastrofe. Lo rivelano i «ritmi naturali che predispongono le società a discendere nel caos, nell’odio, in una
guerra civile o perfino internazionale», spiega Edelson in un intervento tradotto da Pino Cabras per “
Megachip”. «Non sono certo la prima persona ad esaminare questi modelli tanto peculiari nella storia», aggiunge lo specialista, citando uno studioso come Raymond Wheeler, teorico dei “cicli di civiltà” fino ai giorni nostri, minacciati dall’allarme climatico, energetico ed economico. Wheeler, aggiunge Edelson, «ha pubblicato la cronistoria di
guerra più autorevole di sempre, che documenta a forza di dati un periodo lungo 2.600 anni». Tuttavia, il mondo sembra refrattario ad ammettere l’evidenza del baratro. «Sulla base di quel che vedo – conclude Edelson – le implicazioni potrebbero essere assolutamente enormi nel 2013».
Charles Nenner, ex analista tecnico della Goldman Sachs, ha lanciato grandi avvertimenti molto dettagliati soprattutto ai suoi clienti:
hedge funds, banche, agenzie di brokeraggio e grandi possidenti plurimilionari. Oggi, scrive il “Washington’s Blog”, lo stesso Nenner afferma che ci sarà «una grande
guerra, che comincerà a cavallo fra 2012 e 2013», un conflitto planetario che, tra l’altro, «porterà l’indice Dow a 5.000 punti». Perché questi guru economici stanno prevedendo
guerra? «Per prima cosa – sostiene il blog – molte personalità influenti credono erroneamente che la
guerra faccia bene all’
economia». Già Jim Rogers, co-fondatore del “Quantum Fund” con George Soros, sosteneva che il pericolo è altissimo, se la
crisi «si trasforma in una
guerra commerciale». Nel 2011, proprio la
crisiè stato l’evento più importante dell’anno. «Le guerre commerciali portano sempre a guerre», dice Rogers. «Nessuno vince le guerre commerciali,
tranne il generale che finisce per combattere le guerre fisiche quando accadono». E questo «è molto pericoloso».
Sempre secondo Rogers, «il proseguimento dei “salvataggi” in
Europapotrebbe in ultima analisi innescare un’altra
guerra mondiale». Un destino segnato: «Aggiungi il debito, la situazione peggiora e alla fine semplicemente crolla». A quel punto, «ciascuno va a cercare capri espiatori». Ovvero: «I politici danno la colpa agli stranieri, e ci troviamo nella seconda
guerramondiale o in una qualunque
guerra mondiale». Per lo svizzero Marc Faber, grande investitore finanziario internazionale, il governo americano inizierà nuove guerre in risposta alla
crisi economica: «La prossima cosa che il governo farà per distrarre l’attenzione della gente sulle cattive condizioni economiche – sostiene Faber – consisterà nel fatto che inizieremo una
guerra da qualche parte. Se l’
economia globale non recupera, di solito la gente va in
guerra». Faber, conclude il “Washington’s Blog”, ritiene che anche gli Stati Uniti, la Cina e la Russia potrebbero presto scendere in
guerra per contendersi il petrolio del Medio Oriente.
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