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“Voglio
vivere” e “non voglio morire” sono due frasi che sembrano esprimere lo
stesso concetto, ma sono invece due modi radicalmente diversi di vedere
la realtà e di reagire ad essa, due atteggiamenti antitetici creatisi
durante la narrazione pandemica Non si può dire ancora che sono due
fazioni, perché parliamo di due atteggiamenti contrapposti di cui il
primo è essenzialmente prepolitico, magmatico e fondamentalmente
orientato alla contestazione di un potere che si è rivelato maligno
anche agli occhi di molti fedeli, mentre il secondo è post politico,
quasi completamente rassegnato alla tecnocrazia oligarchica, a vedere la
realtà attraverso gli occhi delle elite di comando e a protestare solo
quando viene dato il là dalle cabine di regia. “Voglio vivere” significa
che non intendo farmi strappare libertà e diritti e possibilità di
azione da una pandemia organizzata, anche se per caso la narrazione
sempre più inconcludente e la reiterazione ipnotica di dati privi di
senso avesse una qualche corrispondenza nel mondo reale; “non voglio
morire” significa invece essere dominati dalla paura e in nome di quella
accettare non solo le segregazioni, le mascherine, i distanziamenti, ma
anche qualsiasi cosa venga dal potere, sia esso il Mes, le favole sui
soldi europei, l’accantonamento della Costituzione e del Parlamento, il
gioco infame delle censure che evitano di pensare e per converso
significa la disponibilità a saltare sul carro del grottesco purché
sia politicamente corretto.
Si potrebbe anche intravvedere una differenza sociale, se non
propriamente di classe tra i due atteggiamenti, visto che il “non
voglio morire” è assolutamente prevalente tra l’area che si pensa
garantita e su cui gli effetti delle stravaganti, assurde e drammatiche
misure per arginare l’influenza hanno avuto effetti minimi o addirittura
positivi diminuendo il lavoro a parità di salario. In futuro non sarà
più così, il peso del consenso a un governo svenditore verrà amaramente
pagato, ma per ora ancora funziona soprattutto grazie al bombardamento
mediatico.
L’altra parte è quella del lavoro, anche se fratturata tra
autonomi e dipendenti, la quale ormai non ha più reali referenti
politici né a destra né a sinistra visto che niente è stato fatto per
mitigare la dittatura sanitaria e anzi essa è stata addirittura esaltata
a livello locale proprio dai rappresentanti delle cosiddette
opposizioni, accentuandone le conseguenze economiche. Si tratta dunque
di una situazione quando mai liquida, aggravata dallo squagliamento del
maggior partito meteora comparso nel cielo degli ultimi decenni. Finora
il potere è riuscito in qualche modo a gestire questa situazione e
questa frattura a suo vantaggio, ma se dovesse tornare alle segregazioni
alle prime influenzine autunnali spacciandole per coronavirus a fine di
lucro, come purtroppo pare essere nei loro piani, allora tutto si
romperebbe. Ho l’impressione che la regia di potere abbia commesso un
errore fatale nel non riaprire tutto a giugno, senza ulteriori cazzate
pandemiche, cercando di mantenere l’atmosfera di paura e di angoscia
anche durante l’estate: questo è molto logorante e di fronte a un nuova
recrudescenza di angoscia mediatica in autunno farebbe scattare i
meccanismi di difesa psicologica dagli impulsi angosciosi con una
negazione del narrato quotidiano e un rifiuto delle “misure” a esso
collegato. Ma soprattutto costituirebbe un nuovo e insostenibile blocco
dell’economia che farebbe passare all’azione i ceti più colpiti sia con
la nascita e il rafforzamento di molti nuovi soggetti politici di natura
contrastante, sia con movimenti di piazza, mentre anche i garantiti
comincerebbero a sentirsi in pericolo.
Non c’è dubbio che tutto questo accade dentro un processo di
involuzione dell’intero occidente di cui peraltro l’invenzione pandemica
non è che un aspetto destinato ad accelerare le cose: c’è una
deformazione di tutte le precedenti mappe politiche e le prospettive
potrebbero drammaticamente e radicalmente cambiare in breve tempo. Ma
insomma ciò che voglio dire che la paura è una potente droga per lo
stupro della liberà, ma è anche un’arma a doppio taglio che se
utilizzata troppo a lungo e a dosi troppo alte può provocare un effetto
paradosso, ovvero un risveglio dal sonno anche delle persone più
sensibili ai barbiturici dell’informazione di sistema.
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